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È la solitudine la grande protagonista a Venezia

“La Soledad” di Jorge Thielen Armand, “Die Einsiedler” di Ronny Trocker e “Rocco” di Thierry Demaiziere. Tutti i film più importanti in concorso accompagnano lo spettatore attraverso solitudine e heimat

di Joshua Zanzibar

La Soledad è una villa fatiscente e ricca di memorie di un quartiere bene di Caracas, un tempo la casa dei bisnonni del regista esordiente del film (presentato per Biennale College), il venezuelano Jorge Thielen Armand : è un luogo di riconosciuta e riconoscibile decadenza, dove la fatiscenza dei muri simboleggia anche l’ incerta fatiscenza del paese Venezuela, in piena crisi economica e soprattutto identitaria (lunghissime le code per avere cibo e medicine primarie come i farmaci per l’ ipertensione, peraltro introvabili…). La casa è abitata semi-abusivamente da Rosina, settantenne ex governante di colore dei bisnonni dello stesso regista (l’ attrice interpreta sé stessa e così gli altri protagonisti del film; fiction e realtà si intrecciano come la memoria, anzi le memorie della villa (memorie di una famiglia borghese bianca e benestante del Venezuela del secolo scorso, memorie della generazione precaria di colore discendente della governante, che arranca come tutto il paese e la città di Caracas a sbarcare il lunario). Vi è tuttavia una forte identità nazionale, in un Venezuela dimenticato da tutti ed alla deriva nel mare del mondo contemporaneo che attraversa le maglie del film, non privo delle caratteristiche fughe in avanti nel fantastico tipiche di tutta la letteratura sudamericana (la villa nasconde un tesoro nelle parte custodito dagli spiriti), un heimat che attraversa le differenze di genere, di classe sociale, di generazione e che costituisce il commovente attaccamento del regista (un documentarista che vive prevalentemente a Toronto) al suo paese ed alla sua storia.

Solitudine ed Heimat fanno da padroni anche del film in concorso Die Einsiedler (Gli eremiti) dell’ altoatesino Ronny Trocker, (vedi la foto in copertina) di produzione austro-tedesca, in concorso. Un morboso e tenace attaccamento di Albert (il bravissimo Andreas Lust), che pur vivendo a valle (per pressione della madre che lo vuole proteggere da solitudine e povertà) non riesce a spezzare il legame territoriale , quasi animalesco, con il mondo del maso chiuso, un mondo che scompare portando via con sé anche un modo di vivere, un legame esistenziale con la montagna, la natura, la solitudine ed il silenzio, che fanno da protagonisti in questo lungometraggio di esordio del regista bolzanino, anch’ egli documentarista di estrazione, che nulla concede alla spettacolarità ed alla dinamica del mondo fiction, ma che riesce perfettamente a delineare tutte le rughe interiori dei personaggi e dei paesaggi.

Ed infine tanta solitudine anche in Rocco, il non banale film-documentario di Thierry Demaiziere, dedicato alla decadenza dell’ ormai ultracinquantenne porno-attore di Ortona, che viene rappresentato apparentemente senza veli (ci si perdoni il paradosso..) nel viaggio verso il suo ultimo film in cui reciterà crocifisso. Una quasi- autobiografia per immagini, forse solo in parte sincera, che riesce a convincere solo ad intermittenza e lascia alla fine alquanto interdetti e disorientati per la compresenza di sentimenti, passioni, pornografia pura ed autentico trash.


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