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Media, Arte, Cultura

Tre docufilm sfidano Venezia

Sono stati presentati da Tv2000, su tre temi che raramente entrano nei palinsesti. Come spiega il direttore Paolo Ruffini «sono un tentativo di sfuggire alla tv “di plastica”e di portare gli spettatori in luoghi e situazioni che altrimenti non avrebbero conosciuto»

di Giuseppe Frangi

«Sono tre documentari per lanciare una sfida, innanzitutto a noi stessi», così Paolo Ruffini, direttore di Rete di Tv2000 spiega l’idea di arrivare a Venezia in coincidenza con il festival del Cinema per presentare tre documentari che saranno nella programmazione della Rete la prossima stagione.

In che senso una sfida? «Documentari come questi sono un antidoto al rischio che la tv costruisca un mondo di plastica, ma al contrario sia capace di capire e raccontare il mondo e anche temi considerati tabù, portando i telespettatori in luoghi e situazioni che altrimenti non avrebbero conosciuto». Si tratta di tre documentai. Un tutto prodotto da Tv2000, gli altri due in coproduzione. Documentari che in parte mutuano la loro forma dalle serie tv, in quanto non si esauriscono in una sola puntata, ma portano i telespettatori dentro una narrazione che si allunga e viene a costituire qualcosa che non viene solo guardato ma in certo senso viene vissuto, quasi abitato. “Mai dire mai” è il titolo del documentario girato all’interno del carcere Due Palazzi di Padova (in collaborazione con l’associazione Ristretti Orizzonti di Ornella Favero). L’idea è estremamente semplice: sono dieci detenuti che davanti alla telecamera si raccontano. «Una scelta volutamente sobria, essenziale», spiega Ruffini. «Il documentario ha una fotografia molto curata. Ma il linguaggio è tutto concentrata sulla sorpresa dell’incontro con questi dieci detenuti nel carcere sia maschile che femminile. Parlano di se stessi, degli errori fatti, delle speranze che hanno. Ognuno chiude l’incontro con un messaggio mandato a chi vogliono». Il documentario andrà su due serate in occasione del Giubileo dei detenuti il prossimo 6 novembre, ma il 26 settembre verrà presentato al Carcere Due Palazzi.

Anche “Kenmioamiche” si basa su storie: quelle di sei donne tutte con in comune la scoperta di avere il tumore al seno. È stato coprodotto con Real Time la rete del gruppo Discovery Italia ed ha come contesto il Policlinico Gemelli di Roma, dive opera il professor Riccardo Masetti. «È una sorta di docu-reality», spiega Ruffini. «ma è anche un docu-musical in cui le protagoniste insieme cantano una canzone simbolo come I will survive, che diventa un po’ il tormentone delle sei puntate. È un documentario molto emozionante: ricordo ad esempio la storia della donna di 31 anni, ginecologa, che pur lottando per la sua vita, continua a dedicarsi al lavoro con passione e a far nascere i bambini». Il documentario è di Chiara Salvo per la regia di Giuliano Capozzi.

La musica è al fondo anche del terzo documentario presentato a Venezia. “Canzoni d’amore oltre il genocidio” è dedicato al dramma vissuto dal Ruanda nel 1994. È un viaggio dentro questo percorso per liberarsi dal fantasma del male assoluto che aveva investito questa terra. La regia è di Giuseppe Carrieri e il linguaggio è più cinematografico rispetto agli altri. «È un documentario attorno al mistero del male, su come lo si può combattere», dice Ruffini. «Fa parte di quei temi poco raccontati dalla tv, ma forse poco raccontati anche nella nostra vita. Per questo i tre documentari rappresentano una bella sfida…».


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