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Il perdono è un ottimo investimento

Giovanna Melandri nella sua rubrica “Social Business, la finanza come leva del cambiamento”, sul numero di VITA Bookazine in edicola spiega come «grazie all’esperienza del perdono si possono attivare potenti pratiche innovative di trasformazione sociale»

di Giovanna Melandri

Ad Assisi il 2 agosto del 1216 San Francesco ottenne dal Papa l’indulgenza plenaria per tutti i pellegrini. Nacque così il Perdono di Assisi. 800 anni dopo, il mese scorso, un altro Francesco di fronte ad un mondo inorridito e spaventato per la violenza, le stragi e il terrore ha ripetuto più e più volte un semplice concetto: «Il mondo ha bisogno di perdono…». L’esortazione di papa Francesco al perdono è un messaggio potente e rivoluzionario che se vissuto profondamente può avere effetti inimmaginabili anche nella sfera sociale ed economica.

Così prendendo spunto da queste parole importanti questo mese vorrei utilizzare la rubrica per raccontare l’esperienza di una non profit che lavora proprio su questo. Sul “per-dono”. Il “per-dono” è concetto che apparentemente non entra nelle categorie dell’economia . Quanto può essere importante il “per-dono” per rendere il welfare più giusto, i processi di crescita economica meno diseguali e la finanza generatrice di valore? Apparentemente niente. Eppure non è così.

Lo ha intuito qualche anno fa Daniel Lumera che ha istituito, in Spagna, la My life design foundation (Mldf ), una non profit che opera in ambito transnazionale e il cui scopo attraverso una équipe scientifica ricca di competenze diverse è quello di sviluppare in chiave laica la virtù della consapevolezza tramite la cooperazione, la collaborazione, la non violenza e soprattutto, appunto, il perdono. Partendo dall’assunto di base che grazie all’esperienza del perdono si possono attivare potenti pratiche innovative di trasformazione sociale e costruire non solo una società più giusta ma persino un’economia più efficace.

Una nuova economia del “per-dono” basata sul saper donare. Donare risorse, lavoro, competenze. Per questo Lumera, con un team internazionale di professionisti (medici, psichiatri, sociologi, psicologi, economisti), ha ideato un’attività di formazione specifica per imprenditori e per la governance di imprese che si interrogano sul loro ruolo sociale.

Sono certa che l’incontro di questo approccio con il vasto mondo del social business e della cooperazione sociale italiana possa essere estremamente interessante. Anche perché la Mldf è impegnata ad applicare un concetto laico del “per-dono” finalizzato alla risoluzione non violenta dei conflitti in ambiti davvero infiniti. Negli ospedali, nelle carceri, nelle imprese, nelle istituzioni e naturalmente nei percorsi formativi a partire dalla scuola.

È cominciata infatti proprio nelle scuole la prima esperienza italiana dei Dialoghi sul perdono della Mldf. Esperienza tesa a formare una consapevole “Forgiveness Generation”, la cui prima edizione ha toccato circa un migliaio di studenti in quattro regioni italiane: Puglia, Campania, Lazio e Piemonte e che ripartirà in autunno toccando anche Sicilia, Basilicata, Marche, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Sardegna.

Parte integrante del progetto è un concorso dove i ragazzi continuano una personale riflessione sul tema del perdono attraverso la realizzazione di elaborati creativi che verranno poi premiati in occasione della Giornata Internazionale del Perdono il prossimo 11 marzo.

Secondo la Mldf (e non si può dargli torto) il perdono è una cruciale abilità personale e sociale necessaria nella nuova educazione di tutti gli individui, una strategia evolutiva fondamentale per la salute, il benessere e la qualità della vita.

Il perdono è un allenamento neuronale del cervello che sviluppa capacità fondamentali nella sfera personale, relazionale e sociale. Allena a trasformare
i problemi in risorse, a gestire (sciogliendoli) i conflitti, a sviluppare l’empatia e una cultura integrata e profonda della pace. E che ci sia bisogno di tutto ciò oggi è evidente a tutti.

La cosa interessante che segnalano alla Mldf è che la più recente ricerca scientifica nell’ambito delle neuroscienze ha evidenziato gli effetti benefici del perdono perfino sul sistema circolatorio, immunitario e nervoso, consacrandolo come strumento fondamentale per la salute e la qualità della vita, ben al di là dell’ambito psicosociale.

Ecco perché questa vera e propria “scienza del perdono” può avere un impatto sociale ed educativo sempre maggiore. Tanto che il progetto della Mldf è di portare i Dialoghi sul perdono anche negli istituti penitenziari e in particolare negli istituti penitenziari minorili che rischiano troppo spesso di smarrire la loro vocazione rieducativa.

Insomma, il perdono può essere un’ attitudine profondamente trasformativa e non va inteso in senso (solo) religioso, né come una debolezza personale. Piuttosto, è un approccio all’esistenza presente in diverse culture ancestrali e tutt’ora valido per i problemi del nostro tempo.

In fondo abbiamo proprio tutti bisogno di questo: innovare per-donare.

In copertina “Prototipo del perdono: il padre del figliol prodigo. Tela di Jean Tissot”


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