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“Liberami”, il documentario sull’esorcismo che impone il cinema del reale al Festival

A risollevare ancora una volta le sorti del cinema nostrano ci pensano invece i documentaristi italiani. Federica Di Giacomo premiata a Venezia nella sezione Orizzonti racconta con la sua pellicola la vita di Padre Cataldo, 77 anni, uno degli esorcisti più ricercati in Sicilia

di Monica Straniero

È la mancanza di originalità che ha segnato inevitabilmente i film italiani in concorso al Festival di Venezia 73, “Spira Mirabilis” di Massimo d’Anolfi, e Maria Parenti, “Piuma” di Roan Johnson e “Questi Giorni” di Giuseppe Piccioni.

A risollevare ancora una volta le sorti del cinema nostrano ci pensano invece i documentaristi italiani, un gruppo di autori capaci di osare e trasferire un’emozione narrativa ad un pubblico sempre più desideroso di uscire dai propri confini, mentali e fisici.

Federica Di Giacomo premiata a Venezia nella sezione Orizzonti per “Liberami” è convinta infatti che il crescente entusiasmo verso il cinema del reale venga dall’esigenza di raccontare storie di persone e luoghi vicini a noi.

Il protagonista del suo documentario Padre Cataldo, 77 anni, è uno degli esorcisti più ricercati in Sicilia, e non solo. «All’inizio cercavo storie per un film sulle ossessioni in tempo di crisi, sul disagio psichico, una sorta di viaggio fra le dipendenze mentali. Non mi aspettavo però di imbattermi in una notizia ancora più folle delle mie più folli aspettative”, racconta la regista. “Un giorno scopro che la Chiesa cattolica organizza un corso di formazione per preti e che la Sicilia con i suoi 20 esorcisti era la regione più all’avanguardia insieme alla Lombardia».

In questo caso il documentario si mette al servizio di un tema metafisico, l’antica lotta fra il bene e il male, tra il diavolo e Cristo che ha sempre scosso le coscienze popolari. «La pratica dell’esorcismo è molto antica ma ancora oggi è un fenomeno che inquieta», continua Di Giacomo. «Ogni anno sempre più persone in Italia, in Europa, nel mondo chiamano “possessione” il loro malessere».

Nell’immaginario collettivo si tende ad associare la figura dell’esorcista più ai film horror grazie al capolavoro horror di William Friedkin che alla Chiesa Cattolica. I preti sono nominati dai vescovi secondo alcuni criteri ben definiti Oggi gli esorcisti di tutto il mondo si sono riuniti in un’Associazione internazionale, approvata nel 2015 dalla Congregazione per il clero della Santa Sede.

Tuttavia l’obiettivo della regista non era realizzare un documentario sulla possessione demoniaca ma raccontare uno stato che lei stessa definisce “incendiario”, in cui e da cui si può entrare e uscire continuamente. «La domanda fondamentale non è tanto se Satana esista o no, ma piuttosto come sia possibile che la l’esorcismo diventi un appuntamento settimanale, una ritualità precisa incastonata nella vita quotidiana, dove i contrasti tra antico e contemporaneo, religioso e profano, risultano a tratti inquietanti a tratti esilaranti».

Durante il lungo lavoro di ricerca, Di Giacomo ha avuto modo di partecipare a moltissime messe particolari che durano almeno tre ore in cui viene invocata una liberazione dal maligno collettiva, propedeutica agli esorcismi privati.

«Nella mia mente iniziava così a comporsi uno strano puzzle postmoderno in cui la Chiesa cattolica riproponeva il rituale antico ed estremo dell’esorcismo come una nuova forma di assistenza sociale a disagi assolutamente contemporanei, tanto da formare i preti attraverso lezioni sulla psichiatria, le mode giovanili, sulle sette sataniche fino ai tipi di droghe utilizzate nelle discoteche o nelle messe nere. Insomma l’esorcista come nuovo guaritore moderno, spesso l’ultima spiaggia dopo una via crucis di maghi, psichiatri, medici vari e rimedi alternativi, metafora di una società in cui la ricerca di senso diventa spasmodica come la ricerca di una cura, rapida, efficace e risolutoria. Anche a costo di consegnarsi a qualcuno che ci chiama Satana».

Sotto lo sguardo non giudicante e delicato della regista i cosiddetti posseduti, «che non sono fanatici ipercattolici ma persone comuni si sono lasciati riprendere durante i riti di liberazione del maligno. Sono persone che cercano nella Chiesa risposte che non hanno trovato altrove». La loro esperienza acquista un’inedita complessità fatta di dubbi, inciampi, sbagli di interpretazione ma anche di un’inesauribile autoironia.


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