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Cooperazione & Relazioni internazionali

Tutti i numeri del disastro della politica europea sui migranti

L’Unione ha speso 17 miliardi per finanziare deterrenti e barriere anti profughi. I risultati sono eloquenti: gli arrivi continuano a crescere e se nel 2015 il 65% delle domande d'asilo era depositato da persone che hanno raggiunto l'Europa attraverso rotte conosciute, nel 2016 sei su dieci saranno depositate da persone che non sappiamo da dove siano entrate

di Lorenzo Bagnoli

Mentre a New York è in corso la 71° Assemblea Generale delle Nazioni Unite è passato quasi un anno da un altro appuntamento importante, il Summit dei capi di Stato europei e africani a La Valletta, Malta, quando Donald Tusk e Jean Claude Juncker lanciarono l'operazione “Salvare Schengen”. Dissero che se l'Europa voleva sopravvivere, era necessario preservare i suoi confini. Fu allora che si accelerò sulla politica dei “trust fund” e degli accordi bilaterali. Così siglarono l'Africa Trust Fund (1,8 miliardi di euro), l'EU regional Trust fund con la Siria (3 miliardi di euro), più l'Accordo UE-Turchia (3 miliardi di euro fino al 2017). Con quali risultati? I conti li fa la ong inglese Overseas Development Institute nel report Migranti e rifugiati d'Europa: si sono spesi 17 miliardi di euro, di cui 1,7 spesi per rafforzare le barriere dell'Europa (innalzare cinque muri, ad esempio, costerà entro fine 2016 238 milioni di euro), i restanti 15,3, invece, sono finiti in “deterrenti” fuori dall'Ue (come i trust fund e gli aiuti ai Paesi d'origine) e in “esternalizzazione” delle frontiere (costruzione di barriere fuori dall'Ue, fornitura di tecnologia e formazione a Paesi terzi). Una spesa consistente, per risultati scarsi: «I deterrenti e i controlli alle frontiere sono costosi e per lo più inefficaci», si legge nel rapporto. «I controlli, in molti casi, hanno semplicemente diretto i migranti verso rotte “coperte” alternative», aggiunge il documento.

I numeri delle richieste d'asilo sono eloquenti: la proiezione per il 2016 elaborata da ODI su dati Eurostat prevede 890 mila domande, cioè circa 300mila meno rispetto all'1,2 milioni del 2015. Non molto. E nonostante questo l'impatto sulle rotte via mare è stato fortissimo: se nel 2015 gli sbarchi hanno portato 1,1 milioni di persone, nel 2016 la proiezione è di circa 360 mila. Come si spiega tutto questo?

Se nel 2015 il 65% delle domande d'asilo era depositato da persone che hanno raggiunto l'Europa attraverso rotte “aperte”, conosciute, nel 2016 sei su dieci saranno depositate da persone che non sappiamo da dove sono entrate. Forse con i camion che risalgono i Balcani, oppure in aereo, con un passaporto falso o un visto turistico. I muri e gli accordi bilaterali, quindi, costringono solo i migranti a strade alternative più difficili, spesso più costose e a volte più pericolose del mare.

È il fallimento dell'approccio «aiutiamoli a casa loro»? In un certo senso, spiega a Vita.it la ricercatrice Marta Foresti di ODI, tra le curatrici del report. «È pur vero – aggiunge – che in parte questi soldi sono per aiuti umanitari. La questione è che spesso sono promessi, ma non mantenuti, ma di questo non parliamo nel rapporto». «Non è chiaro come l'aiuto economico possa contribuire a ridurre immigrazione e displacement in termini generali – prosegue ODI -. Nel breve termine, e in Paesi molto poveri, lo sviluppo tende ad aumentare, invece che a ridurre, la mobilità umana». È l'avverarsi di una previsione espressa da alcune ong come Oxfam all'indomani del summit di La Valletta: la cooperazione non può essere usata come arma impropria per fermare i migranti, né come strumento di ricatto per obbligare i Paesi di transito o di origine a prendersi carico di chi vuole arrivare in Europa in cambio di denaro. Perché non è mai stato questo il suo scopo.

Il rapporto dedica poi un capitolo alle discrepanze tra i costi per il sistema di asilo. Se in Olanda nel 2014 in media il conto è stato di 28.804 euro l'anno per ogni richiedente, in Austria è stato di 4.156 euro (in Italia 35 al giorno, cioè 15.289 euro all'anno). Un altro sintomo della disarmonia che regna in Europa. Anche la possibilità di ottenere l'asilo dipende molto da dove si deposita la domanda: in Portogallo, ad esempio, solo la metà dei siriani ha ottenuto l'asilo, mentre in Italia e in altri Paesi il tasso era intorno al 98%.

Come fare quindi per cambiare passo? I suggerimenti di ODI sono in quattro punti, di cui il primo è più importante: aumentare le vie d'accesso legali in Europa. Fermare i migranti è semplicemente impossibile. Serve poi maggiore attenzione nel condividere i dati, nello stringere alleanze tra Paesi di continenti diversi e aumentare la trasparenza. Dopo l'esito il vertice di Bratislava, però, sembra che anche all'interno dell'Unione, per ora, prevalgano ancora le divisioni.


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