Cooperazione & Relazioni internazionali

La Colombia celebra la fine della guerra con le FARC

A Cartagena è stato firmato ufficialmente l’accordo di pace che conclude definitivamente l’unico conflitto armato dell’emisfero occidentale. «È finita la notte oscura della violenza», ha commentato il presidente della Repubblica Juan Manuel Santos

di Cristiano Morsolin

Alle cinque in punto (mezzanotte in Italia) nel Patio de Banderas del Centro dei Congressi di Cartagena, alla presenza del Presidente Santos, il leader delle Farc Frente Armado Revolucionario de Colombia, Rodrigo Londoño Echeverri, noto come Timoleón Jiménez Timochenko, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, Raúl Castro e di altre 2500 persone, tra cui 400 vittime, 120 membri della Farc, 1200 giornalisti, uomini di Stato e gente comune, è stato firmato ufficialmente l’accordo di pace che conclude definitivamente l’unico conflitto armato dell’emisfero occidentale.

Siamo a Cartagena, l’antica grande muraglia avvolge il centro storico Patrimonio dell’umanità per l’Unesco, nel suo porto sono arrivati migliaia di schiavi provenienti dall’Africa.

Dunia Leon Fajardo, leader quarant’enne afrodiscendente ha dipinto nel volto i segni di quell’antica schiavitù, porta un turbante variopinto con l’orgoglio delle sue radici.

Dunia ha iniziato da adolescente a frequentare la comunità ecclesiale di base per poi fondare l’associazione FUNSAREP impegnata nell’educazione popolare in quartieri marginali di Cartagena come Santa Rita che l’hanno proiettata come leader a livello nazionale con Marcha Pacifica de Mujeres, un percorso di 100.000 donne che difendono i loro diritti in una prospettiva non-violenza.

Mi spiega il significato storico di questi accordi di pace: «Il nostro corpo è il primo territorio di pace dopo che migliaia di donne sono state violate, come bottino di guerra. Noi donne contadine, negre e indigene abbiamo sofferto quotidianamente il conflitto, abbiamo protetto la vita mentre la guerra la distruggeva. Crediamo in questa pace che mette al centro le vittime includendo anche una perspettiva di genere».

Quando il Presidente della Repubblica Juan Manuel Santos ha sottolineato «È finita la notte oscura della violenza, ora già germina la pace. Mai più guerra ma anche mai più povertà e diseguaglianza. Rivolgo un sentito omaggio alle vittime, ai difensori dei diritti umani, alle madri. Mai più giovani assassinati da una guerra assurda». Io ho pensato alla forza etica di Dunia, a cui le Farc hanno assassinato un fratello.

«La pace dopo 267,162 morti. Oggi si firma la pace dopo 52 anni di guerra», titola il quotidiano colombiano El Tiempo. Dopo quattro anni di trattative, mediate da statunitensi e cubani (che intanto negoziavano tra loro), la guerra civile che ha causato la morte di più di 220 mila persone, ha fatto perdere le tracce di 45 mila desaparecidos e ha creato 7 milioni di sfollati volge al termine; a loro il comandante supremo delle FARC Timochenko ha «chiesto perdono per le sofferenze provocate».

Degli 8 milioni di vittime il 26% sono bambini con meno di 18 anni, l’implementazione degli accordi di pace è una opportunita storica per mettere al centro la giustizia per questo settore storicamente escluso in Colombia anche per il reinserimento di ben 11.000 bambini soldato (come ha documentato Fiscalia de la Nacion), di cui la metá furono utilizzati e sequestrati dalle FARC, come ho denunciato insieme a Sara Oviedo, membro del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dei bambini di Ginevra.

La stretta di mano dopo la firma


Il Deputato Davide Mattiello (PD), membro della Commissione Antimafia della Camera e presidente della Fondazione “Benvenuti in Italia”, già dirigente nazionale di LIBERA, dichiara: «la firma dell'accordo è un punto di ri-partenza, non è un punto di arrivo: è la tappa di un cammino doloroso. Non si può far rinascere un Paese da "separati in casa": prima o poi la violenza filtrerebbe nelle crepe di una società non ricomposta e frantumerebbe il legame della convivenza. Ma per diventare una comunità pacificata ci vogliono grande lealtà e rispetto per le vittime. La lealtà che serve a curare la diffidenza seminata in tanti anni di tormenti e che dipenderà soprattutto dalla condotta dei responsabili politici di entrambe le parti. Il rispetto per le vittime che devono sentirsi riconosciute e risarcite, a cominciare dai bambini-soldato. Sarà ancora lungo il cammino del vostro popolo e difficile, anche perché non mancherà chi per proprio misero tornaconto elettorale, soffierà sul fuoco».

«La firma rappresenta semplicemente la fine del conflitto. Poi inizia il lavoro difficile: la ricostruzione del paese», avverte il Presidente colombiano Juan Manuel Santos in una intervista alla Bbc, soddisfatto del risultato ma ancora cauto perché l’attuazione dell’accordo dipende dall’esito del referendum popolare indetto per il 2 ottobre.


Cristiano Morsolin
Esperto di diritti umani in America Latina dove vi risiede dal 2001, impegnato in ONG aderenti a FOCSIV e CIPSI in Ecuador, Peru’, Bolivia, Colombia. Ha collaborato con la Fondazione “Giustizia e Solidarieta” – espressione della Conferenza Episcopale Italiana (2005-2008) e con la rete nazionale Libera (2007-2008) e attualmente con Universidad Externado de Colombia e Universita’ Federal de Maringa (Brasile). Ha scritto vari libri.
Blog: Diversidad en Movimiento


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