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Lampedusa, 5 fotografi raccontano le “destinazioni negate” dei migranti

A Lampedusa una mostra fotografica "Destinazioni negate" con cinquanta foto appese in maniera precaria a reti da cantiere fatte di fili di ferro che rappresentano i muri che si devono abbattere. L'esposizione rientra nel progetto "L’Europa inizia a Lampedusa" realizzato dal Comitato 3ottobre in collaborazione con il Comune di Lampedusa e Linosa e il Ministero dell’Istruzione

di Anna Spena

Oggi sono tre anni. Tre da quando a Lampedusa morirono annegate 386 persone: 366 morti accertati e 20 i dispersi. Oggi è la “giornata della memoria”; ma quale memoria?

Quella del 3 ottobre del 2013 è stata senza ombra di dubbio una delle tragedie più grandi che si sono consumate nel Mediterraneo; ma non si può certo dire che in questi anni di quelle morti abbiamo preso realmente coscienza.

Ma qualcuno non smette di provarci e – guarda caso – tutto parte sempre da loro, dai lampedusani, che in fatto di accoglienza e cuore mettono in imbarazzo l’Europa intera che continua solo ad alzare muri.

Così il Comitato3ottobre, organizzazione senza scopo di Lucro nata con l’obiettivo di far riconoscere la data del 3 ottobre quale “Giornata della Memoria e dell’Accoglienza” sia a livello nazionale che Europeo, nell’ambito del progettoL’Europa inizia a Lampedusa" realizzato in collaborazione con il Comune di Lampedusa e Linosa e il Ministero dell’Istruzione, ha organizzato anche una mostra fotografica: “Destinazioni Negate”, quelle dei migranti appunto.

«Cinquanta foto appese in maniera precaria a reti da cantiere fatte di fili di ferro che ricordano quelli della Fortezza Europa. Reti che rappresentano i muri che stiamo cercando di abbattere, anch’essi precari, costruiti in fretta per arginare quella che le autorità definiscono “un’emergenza migranti"», dicono dal Comitato.

Mauro Buccarello ci porta indietro nel tempo, al 3 ottobre 2014, la prima giornata della memoria, perché anche se non era riconosciuta ufficialmente come tale, per noi già lo era.
Giuseppe Carotenuto ci racconta Idomeni, il più grande campo profughi della Grecia, Paese che solo quest’anno ha visto arrivare 166.671 richiedenti asilo.
Roberto Salomone ci mostra diverse zone calde dell’immigrazione, da Ventimiglia a Lesbos, passando per Calais.
Francesco Malavolta si concentra sui recuperi in mare, ponendo in evidenza le complessità emotive e logistiche dei salvataggi.
Mauro Pagnano, invece, ci porta lontano, al confine tra Stati Uniti e Messico, e ci racconta gli sguardi di speranza dei giovani centro-americani che cercano disperatamente di fuggire dalla violenza nei loro Paesi di origine. Una storia spesso ignorata in Europa, ma non per questo meno importante. Una storia che ci fa realizzare quanto il fenomeno delle migrazioni sia un problema globale dei nostri tempi.

«La mostra è temporanea, ma le storie che racconta sono, purtroppo, senza tempo: attuali oggi, come al momento degli scatti», denunciano dall’associazione.

Questo il testo con cui i fotografi introducono i loro lavori:

“È un unico, gemente respiro quello dei migranti ammassati lungo le infinite,
invalicabili frontiere dell’Europa divisa e ostile. Il diritto e la barbarie ancora una
volta si scontrano : è ciò che avviene ogni giorno lungo le innumerevoli rotte
dell’immigrazione, dove il mare inghiotte e cancella,il filo spinato separa e ferisce,
l’oscuramento della solidarietà respinge e condanna.
Punto di partenza:la guerra, la fame , l’odio.
Destinazione : la libertà, sostanza irrinunciabile di una vita degna di essere vissuta.
Ma la realtà che vediamo nelle immagini è quella di uomini, donne, bambini
classificati in “aventi diritto” e non “aventi diritto”, umiliati nella carne e nel decoro
personale, i volti solcati dalla cupezza della rabbia o dalla fissità della rassegnazione.
IL viaggio è da sempre simbolo e gesto reale di conoscenza e di emancipazione.
E dunque ponte verso il futuro. Ma dov’è il futuro fra le luride baracche di Calais
o nel fango infetto di Idomeni?
Dove guardano gli occhi sperduti di questi bambini dolenti, privati anche del
diritto elementare alla speranza?
Le loro vite sospese, incagliate nell’indifferenza e nel cinismo dell’Europa tutta,
ci rimandano dalle immagini accuse brucianti.
Destinazione negata.


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