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Domani, cinque soluzioni ai problemi del mondo

Cyril Dion e Melanie Laurent sono gli autori di un documentario, vincitore del premio Cesar. Il film dimostra che tutto è collegato e non è possibile affrontare i problemi separatamente.

di Monica Straniero

«La povertà diffusa e l’incapacità di risolvere le tante crisi che investono l’umanità sono al centro delle nostre preoccupazioni. Se ne parla ovunque: nei libri, nei film, sui giornali e nei programmi tv. Oggi, sappiamo che non esiste una sola risposta ai molti problemi, e che la mobilitazione dev’essere pubblica, multiculturale e internazionale». Cyril Dion e Melanie Laurent sono gli autori di Domani, un viaggio intorno al mondo alla ricerca di soluzioni efficaci per dimostrare che un futuro migliore è possibile

Il fenomeno francese vincitore del Cesar che verrà proiettato nelle sale cinematografiche dal 6 ottobre, trae spunto da uno studio scientifico apparso sulla rivista Nature nel 2012. La ricerca annuncia che di qui a venti o trent’anni, quando le risorse diventeranno sempre più rare, i rifugiati climatici sempre più numerosi e i rendimenti agricoli sempre più ridotti, ci sarà un crollo generalizzato dei nostri ecosistemi, e quindi la fine delle condizioni che rendono possibile la vita sulla Terra.

Nel corso di un viaggio che attraversa Europa (Germania, Francia, Svezia, Inghilterra, Svizzera e Finlandia), Stati Uniti (Detroit, San Francisco, Oakland e New York), India e Rèunion, Dion e Laurent scoprono, un po’ alla volta, nuovi modelli per sviluppare l’agricoltura, le risorse energetiche, l’urbanistica, la scuola e la democrazia del futuro.

La rivoluzione delle monete “aperte”, pensate per finanziare i cambiamenti di cui abbiamo bisogno, i sistemi di produzione agricola locale senza fertilizzanti o pesticidi e con poca meccanizzazione, le regioni che producono più energia rinnovabile di quanta ne consumino, i modelli di amministrazione che consentono a migliaia di cittadini di partecipare alla stesura della costituzione del loro paese, sono le alternative che due autori propongono per evitare il disastro ecologico, economico e sociale a cui sembriamo destinati.

Alcuni frame del documentario


I due registi vogliono dimostrare che è tutto collegato. Che non è possibile affrontare i problemi separatamente. L’agricoltura occidentale, per esempio, è totalmente dipendente dal petrolio. Cambiare il modello agricolo significa cambiare anche il modello energetico. Ma la transizione energetica costa cara, e quindi bisogna affrontarla in termini economici. Purtroppo, oggi l’economia crea disuguaglianze ed è in larga misura responsabile della distruzione del pianeta, quindi è necessario regolamentarla in modo democratico. Ma perché una democrazia funzioni, bisogna che faccia affidamento su cittadini illuminati ed educati ad essere liberi e responsabili.

«Il film è una testimonianza di quella che potrebbe essere la nostra società di domani», dice nel film Cyril Dion. «Viviamo in un’epoca in cui nessuno si parla più, non ci si incontra, tutti si giudicano. Non c’è più empatia. All’improvviso, il nostro documentario mostra persone che agiscono insieme, che si incontrano per parlare di lamponi o di una improbabile banconota locale. Queste iniziative creano delle piccole comunità ben lontane dal cliché dell’ecologista da solo nella sua grotta. Era importante avere dei personaggi che ci somigliano, in cui ognuno può identificarsi».

Le iniziative raccontate nel film sono certamente promettenti ma potrebbero non bastare ad evitare il famoso crollo previsto in tanti studi. «Il nostro obiettivo non era quello di dare una risposta assoluta alla crisi, ma di raccontare una nuova storia», aggiunge Melanie Laurent. «Contribuire, nel nostro piccolo, a fare emergere una nuova cultura, nuove rappresentazioni del mondo. Dobbiamo cambiare l’immaginario. È sempre stato questo il compito degli artisti (e non solo loro): produrre libri, film, quadri, canzoni che descrivono queste trasformazioni».

Per realizzare il documentario i due registi hanno lanciato una campagna di crowdfunding. «Volevamo raccogliere 200mila euro in due mesi. Li abbiamo ottenuti in due giorni! E nel giro di due mesi avevamo circa 450mila euro. È il record mondiale di raccolta fondi per un documentario. Ma quello che ci ha sorpreso di più è che circa un terzo dei donatori ha chiesto che in cambio della loro donazione fosse piantato un albero».


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