Economia & Impresa sociale 

Svolta per le farmaceutiche: pubblicati i compensi ai medici

Le aziende del farmaco di tutta Europa hanno deciso di mettere online le somme corrisposte ai medici e agli operatori sanitari per partecipare a convegni o svolgere consulenze. Anche se la legge sulla privacy consente loro, se vogliono, di rimanere anonimi e di non dichiarare i compensi, la maggioranza dei medici ha scelto di comparire. Farmindustria: «È un primo passo importante»

di Gabriella Meroni

Operazione trasparenza: missione compiuta. Sono trascorsi due mesi dall’obbligo di pubblicare i compensi e i rimborsi spese che le aziende farmaceutiche corrispondono a medici e organizzazioni sanitarie: lo scorso 30 giugno è scaduto il termine fissato dalla Federazione Europea delle Associazioni e delle Industrie Farmaceutiche (Efpia) per la pubblicazione dei dati prevista dal Codice sulla trasparenza (Disclosure Code): un documento che richiede alle associate di pubblicare i rapporti economici con i professionisti e gli enti sanitari (soprattutto ospedali e università), quali la copertura delle spese per partecipazioni a convegni, gli oneri per i relatori, le consulenze, le collaborazioni. «I rapporti tra aziende farmaceutiche e medici non devono essere taciuti, perché hanno portato notevoli vantaggi per i pazienti», spiega a Vita il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi. Che dettaglia: «Oggi due malati di cancro su tre sono vivi dopo 5 anni, trent’anni fa ne sopravviveva uno; l’Aids da condanna a morte è diventata una malattia cronica; l’epatite C si può curare. Tutto grazie ai nuovi farmaci e al continuo scambio di conoscenze tra industria e mondo scientifico».

Tutto verissimo, dati alla mano. Il codice infatti prescrive la pubblicazione dei contributi – ed è questa la novità – quindi le aziende farmaceutiche sono obbligate a comunicare e pubblicare il totale dei fondi spesi. La legge sulla privacy però consente agli interessanti di negare il consenso alla pubblicazione in chiaro. In altre parole, se un medico non vuole divulgare i propri rapporti economici con un’industria farmaceutica, può rifiutarsi di farlo, e il compenso percepito finisce comunque in tabella solo in forma aggregata. Conoscere il totale dei fondi versati a chi ha dato il consenso alla pubblicazione, poi, è difficile, perché si tratta di un dato facoltativo. Per conoscerlo, bisognerebbe armarsi di calcolatrice e sommare le singole somme una per una. Insomma, non proprio facilissimo.

Qualche esempio per chiarire. Le categorie di compensi ai professionisti sono di quattro tipi: rimborsi delle quote di iscrizione a convegni, spese di viaggio e ospitalità, attività di consulenza e prestazioni professionali, spese accessorie di viaggio e soggiorno relative ad attività di consulenza e prestazioni professionali. Ebbene, andando a spulciare i report sulle spese delle farmaceutiche in queste quattro categorie, scopriamo che nel caso di Bristol Myers Squibb la percentuale dei professionisti che hanno scelto di rimanere anonimi ammonta – rispettivamente nelle quattro categorie – al 43, 42, 62 e 60%. Nel caso di Novartis, le precentuali sono pari al 16,17; 20,22; 27,08 e 34,20 %, se si guarda Roche, siamo al 27,95, 20,9, 45,54, 39,96, per Pfizer Italia 17,71, 8,54, 63,16 e 49,02, mentre per Pfizer Srl 11,13, 24,50, 53,82 e 80,73. E così via, con percentuali che variano dunque – nel caso delle prime dieci aziende per fatturato in Italia – da meno dell1% fino all'80%. Due "perle" tra le aziende considerate sono GlaxoSmithKlinequi meno dell’1% dei medici si è avvalso della normativa sulla privacy, e l’azienda pubblica il totale generale dei fondi erogati (11.037.272 di euro), comprensivi di circa 5 milioni di finanziamenti per ricerca e sviluppo. Un plauso particolare va poi a Bayer che, unica nel nostro campione, ha messo online l’intero ammontare corrisposto ai medici che hanno dato il consenso (3.258.833) e quello erogato a chi invece ha preferito negarlo, il 37% per quanto riguarda i compensi. Ma si tratta, come per Gsk, di un’azione volontaristica, che il Codice Efpa di per sé non prescrive.

Ecco allora che sorge un dubbio. Non sarà che una trasparenza così impastata con le rigide norme italiane sulla privacy ha alcuni limiti che sarebbe bene superare? «Vorrei sottolineare che la media di consensi dei medici alla pubblicazione, calcolata sull’intero settore farmaceutico italiano, è oltre il 70%», ribatte il presidente Scaccabarozzi. «Una quota che neppure io mi aspettavo, anche perché questo è il primo anno di applicazione della norma. Mi auguro che in futuro cresceremo, anzi ne sono convinto», conclude, «perché sta aumentando la consapevolezza della classe medica sull’importanza della trasparenza a tutto campo».


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