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Autismo, adesso parlano i genitori

Fondazione Piatti organizza una giornata di studi in cui la comunità scientifica sarà chiamata a rispondere alle domande pervasive che chi vive ogni giorno con l'autismo si pone. Per raccogliere queste domande lancia un questionario online. Perché con l'autismo l'impegno è ancora quello di costruire “il vestito su misura” per ciascun bambino.

di Sara De Carli

È l’ultimo giorno per compilare il questionario online. Un questionario in cui genitori, fratelli, sorelle, parenti di persone con autismo possono mettere nero su bianco “la” domanda che continua a riproporsi nelle loro teste e nei loro cuori. Alla Fondazione Renato Piatti, che ha organizzato la ricerca, le chiamano le «domande pervasive».

La Fondazione – un ente a marchio Anffas che opera a Varese, che si prende cura di circa 400 persone di tutte le età con disabilità intellettive e/o relazioni, tra cui quasi il 30% con disturbi dello spettro autistico – partendo dall’assunto dell’ascolto come elemento centrale della relazione ha organizzato per il prossimo 11 novembre una giornata di studio (iscrizione obbligatoria qui), dal titolo “Autismo, parlano i genitori”, preceduta però da una ricerca online sugli interrogativi prevalenti dei familiari di persone con autismo, che cambiano nel corso della vita, proprio per indagare in modo analitico gli interrogativi che i familiari si trovano ad affrontare a fronte di una patologia qual è l’autismo, che ancora oggi è tra quelle con meno risposte definitive.

Le esperienze e le domande dei genitori, organizzate in quattro aree tematiche – la diagnosi, gli interventi, la ricerca e la qualità della vita – saranno il punto di partenza dei lavori della giornata dell’11 novembre, quando la comunità scientifica, in particolare con Paola Visconti (la diagnosi), Francesco Barale (gli interventi), Maria Luisa Scattoni (la ricerca) e Luigi Croce (la qualità di vita), risponderà alle domande poste dalle famiglie. Un percorso di lavoro condiviso tra famiglie e professionisti, quindi, con l’augurio esplicito «di contribuire a rinforzare il dialogo tra due mondi spesso ancora distanti».

Il dottor Michele Imperiali è direttore generale della Fondazione Piatti: perché c’è bisogno di raccogliere le domande che i genitori si fanno? Non hanno già spazi e luoghi per farle? «Perché le famiglie? Tutti i convegni, anche quelli organizzati dalle tante famiglie che in questi anni si sono riunite in associazioni dedicate specificatamente all’autismo, hanno un unico approccio: si chiama il super esperto che parla di un metodo o fa il punto di come stanno andando le cose dal punto di vista scientifico. La verità è che la comunità scientifica non ha fatto molti progressi, negli ultimi anni: non si è scoperto cosa è l’autismo o cosa lo causa, c’è una definizione clinica ma nessuno sa da cosa sia provocato…», spiega.

«Noi nasciamo in Anffas, siamo innanzitutto un’associazione di famiglie, abbiamo voluto prendere la cosa da questo versante, chiedendo alle famiglie qual è l’aspetto che coinvolge completamente la mente, che le condiziona tutti i giorni nella quotidianità. “Mio figlio potrà guarire? Ma che cos’è l’autismo, non l’ho ancora capito? Perché peggiora?… ”: sono queste le domande pervasive, quasi esistenziali. La ricerca online è un chiedere alle famiglie di aiutarci a scrivere la domanda che li pervade, sapendo da una parte che le domande metteranno in difficoltà gli esperti, che risponderanno se e per come ce la faranno, perché per molte cose oggi non ci sono risposte, dall’altro sapendo che non tutte le famiglie di persone con autismo amano riconoscersi all’interno di organizzazioni che si occupano di disabilità. La cosa più importante non è la Giornata ma il questionario».

Di questionari ne sono arrivati già più di un centinaio, che il Comitato Scientifico della Fondazione Piatti lavorerà per organizzare. L’11 poi il microfono sarà in mano a un papà: «lavoreremo sul fatto che oggi il mondo scientifico ci dice che non c’è “l’autismo” ma “gli autismi” e soprattutto a dare un messaggio ai terapeuti, che a volte hanno approcci e visioni che vengono definite quasi “curative”, attorno a cui il dibattito è molto acceso». L’approccio di Fondazione Piatti invece non sposa nessun metodo: «il messaggio è che la ricerca ha bisogno di tempo, tante generazioni di bambini ancora diventeranno adulti senza una verità definitiva. Ci si muove molto all’interno dell’osservazione sul campo, la nostra missione non è guarire dall’autismo, ma di promuovere l’inclusione. Chi dice che esiste un trattamento riabilitativo più efficace di un altro mente: ci sono diversi approcci che possono aiutare i bambini a migliorare, ma non esiste uno standard che vale per tutti, ogni bambino va agganciato con il suo metodo. Crediamo che la visione clinica sia essenziale», spiega Imperiali.

Per questo l’altro obiettivo del convegno è incidere sulle Linee Guida che devono essere aggiornate (quelle attuali sono state presentate nel 2012 e dovevano essere aggiornate già nel 2015): «le linee guida servono ad escludere gli approcci cialtroni e a includere quelli che possono rientrare nel modo di costruire “il vestito su misura” per ogni bambino», afferma Imperiali, «il nostro non vuole essere un dire il mio metodo è meglio del tuo, ma riportare il fatto che le famiglie hanno queste domande e di conseguenza queste aspettative di risposta, speriamo che nelle linee guida anche il punto di vista delle famiglie possa rientrare».


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