Cooperazione & Relazioni internazionali

Iraq, Save the children: Aprire subito corridoi umanitai a Mosul per evitare una strage

L'offensiva promossa in queste ore contro Isis da parte - per obiettivi diversi - di esercito iracheno, turchi, curdi e iraniani mette a rischio la vita di almeno un milione di persone, la metà bambini. Il responsabile dell'ong nella zona di guerra: "Non si perda tempo, altrimenti la popolazione rimarrà intrappolata nel fuoco incrociato". Nel frattempo l'esercito chiede alle famiglie di barricarsi in casa esponendo bandiere bianche

di Redazione

Iraq, si combatte alla periferia di Mosul: mentre le forze irachene e della coalizione alleata circondano la città per prenderne il controllo, la vita di oltre mezzo milione di bambini è appesa a un filo. “Se non verranno aperte vie sicure per sfuggire ai combattimenti in corso, molte famiglie non avranno altra scelta che restare, con il rischio di rimanere vittime del fuoco incrociato o dei combattimenti, intrappolati in luoghi privi di accesso agli aiuti umanitari, al cibo e alle cure mediche. Coloro che tenteranno la fuga dovranno attraversare una città infestata da ordigni esplosivi, cecchini e mine antiuomo. Se non si agisce subito per assicurare a queste persone una via di fuga sicura, assisteremo a un bagno di sangue di civili su vasta scala”, spiega Aram Shakaram, Vicedirettore di Save the Children in Iraq.

I comandi militari hanno chiesto alle famiglie vulnerabili e ai bambini di rimanere nelle loro abitazioni esponendo delle bandiere bianche. Nel migliore dei casi, si tratta di una richiesta irrealistica nell’ambito di un brutale conflitto urbano. Nel peggiore, si crea il rischio che gli edifici civili vengano trasformati in postazioni militari e che le famiglie siano utilizzate come scudi umani: una situazione totalmente inaccettabile. Le famiglie assediate a Mosul affermano di non potersi permettere cibo, acqua e medicinali di base e di aver predisposto dei rifugi nelle loro case nel caso che queste vengano bombardate. Molti di loro affermano di avere troppa paura per lasciare la città se le strade non verranno rese sicure.

Save the Children chiede che vengano immediatamente creati e mantenuti passaggi sicuri e bonificati dagli ordigni per lasciare la città. “Sono state spese somme esorbitanti per le pianificazioni militari, le apparecchiature e gli armamenti, ma la priorità devono essere gli investimenti che garantiscano la sicurezza dei bambini,” prosegue Shakaram. Anche coloro che riescono a fuggire, si trovano ad affrontare una situazione di grande incertezza. Attualmente i campi che sono stati allestiti possono ospitare solamente 60mila persone circa: una percentuale esigua rispetto al numero di coloro, si stima che siano fino a un milione, che potrebbero lasciare Mosul. L’appello d’emergenza lanciato dalle Nazioni Unite ha ricevuto finora solo la metà dei fondi richiesti, ma i campi potrebbero essere invasi dagli sfollati entro pochi giorni.

“Per tutti i bambini senza un domani, vittime di conflitti, povertà ed esclusione, Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e promuoverne i diritti, ha lanciato oggi la campagna globale “Fino all’ultimo bambino”, per salvarli e dare loro un futuro migliore. Perché ancora oggi troppi bambini nel mondo, come quelli iracheni, rischiano la vita in situazioni di guerra, privati dei loro diritti fondamentali e della possibilità di costruirsi un futuro”, dichiara Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

I team di Save the Children assistono già alla fuga di molte persone che intraprendono il pericoloso viaggio per cercare di lasciare la città prima che cominci l’offensiva. Migliaia di famiglie sono fuggite dall’area di Hawija e almeno 5mila persone hanno abbandonato i villaggi attorno a Mosul e attraversato la frontiera con la Siria nord-occidentale nella scorsa settimana, dove si trovano ora in condizioni disperate. L’Organizzazione sta distribuendo acqua, cibo secco, sapone e altri beni d’emergenza alle famiglie sfollate.


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