Economia & Impresa sociale 

Le 6 innovazioni che servono alla cooperazione sociale

L'intervento del presidente di Federsolidarietà: «Abbiamo l'occasione storica di dimostrare che le cooperative sociali hanno la capacità di conciliare la risposta al mutare delle esigenze e, allo stesso tempo, sostenere la risposta degli Stati sempre più in affanno sul piano delle risorse e del consenso sulle capacità di spesa per il welfare»

di Giuseppe Guerini

Le cooperative sociali di servizio, che operano nei paesi occidentali oggi hanno due grandi sfide da affrontare: il tema della non autosufficienza e quello dell'accoglienza e inclusione delle persone migranti. L'invecchiamento della popolazione, la forte crescita delle persone non autosufficienti e il disequilibrio demografico, accompagnati dalle trasformazioni del lavoro, ci pongo davanti alla enorme esigenza di soddisfare i nuovi e crescenti bisogni riuscendo a trovare forme e modi per garantire un sistema socio sanitario economicamente sostenibile.

Questa sfida è anche una grande opportunità per le cooperative per fare innovazione e sopratutto innovazione sociale. In un certo senso abbiamo la possibilità di dimostrare che le cooperative sociali hanno la capacità di conciliare la risposta al mutare delle esigenze e, allo stesso tempo, sostenere la risposta degli Stati sempre più in affanno sul piano delle risorse e del consenso sulle capacità di spesa per il welfare.

Occorre chiamarsi fuori dalla logica in cui i governi locali e le amministrazioni municipali, identificano bisogno e poi affidano alle cooperative le gestioni in una mera logica di erogazione di prestazioni standardizzate

Di fronte a queste sfide le cooperative devono agire su almeno sei livelli di innovazione:

  • Condividere con i beneficiari dei servizi, sempre maggiori responsabilità e aumentando i livelli di partecipazione e condivisione in cooperative che devono essere sempre più capaci di aggregare diversi portatori di interesse.
  • Promuovere collaborazioni con organizzazioni espressione delle comunità locali: volontari, associazioni , fondazioni e imprese;
  • Innovare le forme di regolazione e di gestione dei contratti con le pubbliche amministrazioni e in particolare con le autorità locali.
  • Ricercare fonti e risorse finanziarie differenziate per i servizi, spingendo molto sul metodo cooperativo e con una forte rivalutazione del modello mutualistico.
  • Lavorare molto sull' integrazione tra servizi sanitari e forme di assistenza sociale.
  • Introdurre nelle cooperative che fanno servizi di welfare le nuove tecnologie, perché non c'é solo solo l'industria 4.0 ma serve promuovere anche un welfare 4.0.


Attraverso queste innovazioni possiamo essere più capaci e credibili nel proporre l'uscita della logica in cui i governi locali e le amministrazioni municipali, identificano bisogno e poi affidano alle cooperative le gestioni in una mera logica di erogazione di prestazioni standardizzate. Occorre invece agire con lo strumento cooperativo per raggiungere una prospettiva in cui tra governi locali e cooperative si sviluppi una logica di programmazione comunitaria .

Questo non significa agire al di fuori delle regole o superare le "gare a evidenza pubblica" , ma attivare nuove procedure capaci di valorizzare la dimensione relazionale e mutualista che è insita in ogni relazione di cura e quindi in ogni servizio di welfare. La dimensione relazionale del lavoro di cura tuttavia non è un indicatore che si può misurare con la logica della concorrenza, anche perché la concorrenza non è necessariamente sinonimo di trasparenza e imparzialità.

Queste forme di regolazione delle relazioni pubblico privato, là dove sono state attuate, hanno permesso di realizzare servizi che da processi di cura standardizzati sono evoluti verso forme più personalizzate sperimentando interventi come i "custodi sociali" e gli infermieri di comunità.

articolo tratta da: italiacooperativa.it

In foto: la cooperativa sociale agricola Biplano


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