Cooperazione & Relazioni internazionali

Link 2007: inclusione sociale al cuore degli investimenti Ue in Africa

Su iniziativa di Link 2007, si è tenuto questa settimana alla Farnesina un seminario dedicato al nuovo Piano per gli investimenti europei in Africa e nei Paesi del Vicinato presentato in settembre dalla Commissione Ue. Presenti il Vice Ministro degli Esteri, Mario Giro, funzionari europei, diplomatici italiani, AICS e DGCS, rappresentanti del settore privato, della società civile e delle diaspore. Nel suo commento, Nino Sergi, policy advisor di Link 2007, ricorda la necessità di porre al cuore degli investimenti europei la lotta contro la povertà e l'inclusione sociale.

di Nino Sergi

La crescita dell’Africa sta rallentando, parallelamente al rallentamento dell’economia globale ed in particolare di paesi emergenti come la Cina. Dal + 7,6% del 2007 è passata al 4% nel 2009, per risalire intorno al 5% negli anni successivi e ridursi al 3,4% nel 2015, sempre superiore ai tassi di crescita occidentali. La previsione del 2016 scende al 3% ma autorevoli analisti continuano a ritenere il continente africano la seconda area mondiale a più rapida crescita senza vedere alcun segnale di declino ciclico.

I dati sulla crescita africana non significano però automaticamente sviluppo. Che grandi investitori abbiano performance di successo tali da accelerare la crescita del Pil ha poco a che fare con la realtà di decine di milioni di persone che continuano a vivere in modo precario e estrema povertà. E’ evidente in molti paesi africani, a partire da quelle grandi città che hanno vissuto trasformazioni sbalorditive ma che hanno lasciato le periferie in uno stato di estremo degrado, aggravato dai flussi di migrazione interna.

Anche per questo le Ong di Link 2007 hanno valutato in modo sostanzialmente positivo – nonostante la denuncia di carenze e ambiguità nelle motivazioni e nell’analisi del nesso migrazioni/sviluppo – il piano europeo di investimenti in Africa e nel Mediterraneo all’esame delle istituzioni comunitarie. Per discuterne, hanno promosso un incontro alla Farnesina il 19 ottobre coinvolgendo istituzioni pubbliche, mondo imprenditoriale e del credito, soggetti della cooperazione allo sviluppo. Il presidente di Link 2007 Paolo Dieci ne ha esplicitato le motivazioni: valutare come tradurre praticamente il piano europeo e raccogliere suggerimenti migliorativi da raccomandare alle istituzioni europee prima del Consiglio di dicembre che lo adotterà.

Che grandi investitori abbiano performance di successo tali da accelerare la crescita del Pil ha poco a che fare con la realtà di decine di milioni di persone che continuano a vivere in modo precario e estrema povertà.

Il direttore generale per la cooperazione allo sviluppo, Pietro Sebastiani, aprendo i lavori ha messo in evidenza come il piano europeo razionalizzi ed utilizzi al meglio le risorse disponibili, pianificandole in modo tale da contribuire ad affrontare le nuove sfide della povertà e delle migrazioni. Anche la direttrice dell’Agenzia, Laura Frigenti, ne ha sottolineato le positività e la coerenza con la legge 125/2014 che valorizza i soggetti profit a fianco di quelli non profit e istituzionali e che indica come prioritaria l’azione di sistema, specie di fronte a sfide di tale ampiezza.

Il piano è stato quindi presentato da Roberto Ridolfi, direttore per la crescita sostenibile e lo sviluppo presso la DG DEVCO della Commissione europea. Esso si riferirà alle strategie politiche europee di ‘cooperazione allo sviluppo’ e di ‘vicinato’ nel quadro della politica estera espressa dall’Alto Rappresentante e avrà il supporto della Banca europea degli investimenti. E’ prevista la disponibilità 2017-2020 di un Fondo per lo sviluppo sostenibile di € 2,6 miliardi e di garanzie per altri 1,5 miliardi anche al fine di favorire investimenti nelle aree a maggiore rischio e provocare un effetto leva stimato in 44 miliardi di nuovi investimenti.

Bernardo Bini Smaghi, direttore Business Development di Cassa Depositi e Prestiti, istituzione finanziaria per la promozione degli investimenti a cui la legge 125 affida la gestione degli strumenti finanziari per lo sviluppo, ha illustrato il meccanismo dl blending e ha fatto notare l’ampiezza delle rimesse degli immigrati che superano di cinque volte, nel loro insieme, le risorse per la cooperazione allo sviluppo. Potrebbe essere utile aiutare ad indirizzarne parte agli investimenti sostenibili nelle comunità di riferimento.

Foto di copertina: operaio di un'azienda di acciadio a Abidjan, in Costa d'Avorio. Issouf Sanogo/Getty Images

A chiudere l’incontro è stato l’intervento del viceministro Mario Giro per il quale non bastano le politiche securitarie ma occorre dare risposta ai bisogni e alle richieste dei governi partner: non solo con l’aiuto allo sviluppo ma anche con consistenti investimenti. E’ ciò che il presidente Renzi ha proposto all’UE lo scorso aprile con il migration compact dimostrando, di fronte ai ritardi europei, di iniziare ad investire con ‘mini compact’ in alcuni paesi africani prioritari. Questo piano europeo proposto dalla Commissione in settembre riprende la proposta italiana. E’ quindi un passo positivo. Occorre puntare su vere partnership ed affrontare, insieme ai paesi di origine e di transito dei flussi migratori, i problemi aperti, sapendo che i movimenti non potranno essere bloccati, dato anche il cambiamento antropologico delle nuove generazioni africane, ma potranno essere affrontati con interventi plurimi basati su rapporti politici stretti e su accordi che diano risposte ai bisogni.

In ogni programma di investimento, fosse anche per grandi infrastrutture, è convinzione di Link 2007 che si dovrà sempre prestare attenzione alla lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali, allo sviluppo sostenibile e inclusivo, alla stabilità del lavoro dignitoso. Non si tratta infatti di investimenti per favorire prioritariamente l’internazionalizzazione delle imprese europee, ma di investimenti finalizzati allo sviluppo di paesi poveri o con ampie sacche di povertà e con gravi problemi migratori.


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