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Bistecca addio: il 50% delle famiglie povere rinuncia alla carne

Uno studio del Censis certifica il ritorno all'Italia spaccata in due anche a tavola: nell’ultimo anno, hanno ridotto il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito, un dato che sale al 52% per la carne bovina, contro il 32% di quelle benestanti. Crollano anche i consumi di frutta e verdura da parte delle famiglie meno abbienti. Mentre l'obesità vola

di Gabriella Meroni

Sempre meno italiani mangiano carne e pesce, ma anche frutta e verdura. Sono 16,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne, secondo una indagine del Censis, mentre 10,6 milioni hanno diminuito il consumo di pesce, 3,6 milioni la frutta e 3,5 milioni la verdura. Un effetto della crisi, che fa pensare a un ritorno alla tavola «per ceto sociale»: nell’ultimo anno, infatti, hanno ridotto il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito (un dato che sale al 52% per la carne bovina) contro il 32% di quelle benestanti. Per il pesce, il 35,8% delle meno abbienti e il 12,6% delle più ricche. Per la verdura, riducono il consumo il 15,9% delle famiglie a basso reddito e il 4,4% delle più abbienti. Per la frutta, il 16,3% delle meno abbienti e solo il 2,6% delle più ricche. Dunque se nell’Italia del ceto medio – nota il Censis – vinceva la dieta equilibrata dal punto di vista nutrizionale disponibile per tutti, nell’Italia delle disuguaglianze il buon cibo lo acquista solo chi può permetterselo.

In generale, è la spesa alimentare delle famiglie meno abbienti a essere andata in picchiata negli ultimi anni: nel periodo 2007-2015 è diminuita in media del 12,2% in termini reali, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%. Nello stesso periodo, la spesa per la carne è scesa del 16,1%; quanto alla carne bovina, in Europa solo i greci (-24%) hanno tagliato di più degli italiani (-23%). Queste riduzioni intaccano consumi di carne che in Italia erano già inferiori agli altri Paesi europei. Infatti, gli italiani si collocano al terz’ultimo posto in Europa per consumo «apparente» (cioè al lordo delle parti non edibili) delle diverse tipologie di carne (pollo, suino, bovino, ovino) con 79 kg pro-capite annui, distanti da danesi (109,8 kg), portoghesi (101 kg), spagnoli (99,5 kg) e anche francesi (85,8 kg) e tedeschi (86 kg).

La riduzione del consumo di alimenti come carne, pesce, frutta e verdura – è la conclusione dello studio – «minaccia l’equilibrio nutrizionale della dieta delle famiglie italiane, a lungo considerata nel mondo un modello a cui ispirarsi perché fondamento del mangiare equilibrato. E aumenta così il rischio di patologie». I tassi di obesità sono più alti nelle regioni con redditi inferiori e con una spesa alimentare in picchiata. Nel Sud, dove il reddito è inferiore del 24,2% rispetto al valore medio nazionale e la spesa alimentare è diminuita del 16,6% nel periodo 2007-2015, gli obesi e le persone in sovrappeso sono il 49,3% della popolazione, molto più che al Nord (42,1%) e al Centro (45%), dove i redditi medi sono più alti e la spesa alimentare ha registrato nella crisi una riduzione minore.


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