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Goro: netta condanna delle associazioni. «Ma il buonismo non basta»

Secondo le prime reazioni del terzo settore, il "respingimento" di una ventina tra donne e bambini rifugiati è una vergogna e un pericoloso sintomo di razzismo e rottura dei legami sociali. Ma senza un intervento globale, anche l'appello ai buoni sentimenti non basterà a frenare altri episodi del genere

di Gabriella Meroni

Sconcerto, condanna, rifiuto ma anche una richiesta di intervento e di assunzione di responsabilità. Sono queste in sintesi le prime reazioni del terzo settore e delle organizzazioni di solidarietà dopo i fatti di Goro, dove la mobilitazione di alcuni cittadini ha impedito l’arrivo di un gruppo di 11 donne e 8 bambini rifugiati che dovevano essere accolti nell’ostello del centro ferrarese. «I “respingimenti” di Goro e Gorino confermano che in una parte consistente della popolazione, il rifiuto dell'altro, tanto più se debole, è ormai un riflesso condizionato, che prescinde da ogni considerazione razionale oltre che etica», osserva don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA). «Siamo all'ordinarietà, alla normalità della xenofobia nel nostro paese. Come presidente del CNCA mi domando come si fa a rifiutare mamme e figli e poi chiedere allo stato, giustamente, un aiuto per le famiglie e i minori, per i quali non esistono tuttora politiche e stanziamenti adeguati. Come prete, mi auguro davvero che – tra coloro che hanno manifestato a Gorino e Goro – non vi siano cristiani: avrebbero smarrito del tutto il senso più profondo del Vangelo».

Sul fronte laico, durissimo il commento dell’Arci, che definisce i fatti di Goro « derive profondamente razziste» e in una nota sostiene che «l’accoglienza è un servizio pubblico, previsto per legge, che non può essere impedita. La decisione prefettizia non è la modalità che come Arci auspichiamo, ma nello stesso tempo non possiamo tollerare reazioni così tremende come quelle che si sono verificate questa notte». «C’è bisogno di uno sforzo da parte di tutti», conclude l’organizzazione, «perché all’accoglienza materiale, imprescindibile per le persone, si accompagni una intensa, decisa e irrinunciabile azione di ripristino della cultura dell’accoglienza. C’è bisogno di dire con forza che a questo spettacolo senza cuore e senza testa, non vogliamo più assistere». E mentre dalla Diocesi di Ferrara Comacchio arriva – per bocca del vicario episcopale monsignor Massimo Manservigi – la volontà di «convocare le realtà della Chiesa locale impegnate nell’ambito caritativo a un tavolo con le istituzioni, per valutare le prossime possibili risposte a questa emergenza umanitaria sempre più pressante», il Gus-Gruppo Umana Solidarietà chiama in causa le responsabilità europee, chiedendo «razionalità e concretezza e zero demagogia». Secondo l’associazione – attiva nell’acoglienza dei rifugiati soprattutto nella regione Marche – «serve a poco parlare di un generico appello all’accoglienza. Serve uno sforzo comune per affrontare una realtà per niente semplice, che chiama alla responsabilità di tutti, in particolare delle istituzioni europee che non possono continuare a demandare ai singoli stati nazionali la gestione di una spinta migratoria. E proprio dall’Europa attendiamo una risposta altissima, che superi le diatribe politiche con un respiro più alto delle singole contese partitiche».


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