Economia & Impresa sociale 

Il 40% degli italiani torna a risparmiare

Il tradizionale rapporto curato da Acri e Ipsos, presentato oggi in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio, racconta un miglioramento, seppur timido, per consumi e risparmio. Ma la crisi è ancora una drammatica quotidianità che, complice la Brexit, fa aumentare lo scetticismo sull'Europa

di Monica Straniero

Il 33% degli italiani ritiene che il risparmio sia importante per l’Italia per fornire risorse a società filantropiche, umanitarie e caritatevoli. Per il 16% è addirittura fondamentale. «Il risparmio fa bene alle famiglie e alla società perché richiama la responsabilità sociale del consumatore e la sostenibilità delle sue scelte di consumo nel lungo periodo», commenta il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti.

Il tradizionale rapporto curato da Acri e Ipsos, presentato in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio in programma oggi 27 ottobre, offre l’immagine di un paese dove il tenore di vita sembra leggermente migliorato ma ritornano i timori per le prospettive future.

Dall’indagine emerge che il 40% degli intervistati afferma di essere riuscito a risparmiare negli ultimi dodici mesi superando di gran lunga la quota di chi consuma tutto il proprio reddito. Allo stesso tempo torna ad aumentare, soprattutto al Nord, la quota delle famiglie che spende di più di quanto guadagna, dal 22% del 2015 al 25% attuale.

La volontà degli italiani di risparmiare rimane molto forte, ma rispetto agli anni passati hanno meno ansia se non riescono a mettere via nulla. Se nel 2014 la quota di italiani che non si sentiva tranquillo senza risparmiare era del 46%, oggi è scesa al 37%. La percentuale invece di coloro che preferiscono godersi la vita senza pensare a risparmiare è dell’11%. Non va dimenticato però che oggi più di 3 famiglie su 4, pari al 76%, non sono in grado di far fronte a una spesa imprevista di 1.000 euro con risorse proprie.

Sul fronte degli investimenti i recenti scandali bancari hanno lasciato il segno. Il 67% degli intervistati preferisce infatti mantenere i propri risparmi liquidi. Sembra poi che l'investimento ideale non esista più e il 32% ritiene proprio che proprio non ci sia. Mentre scende dal 35 al 30% la percentuale di italiani che comprano titoli di stato, un calo dovuto probabilmente ai bassi tassi di interesse.

Ma il dato che spicca su tutti gli altri è che i risparmiatori italiani non sono più disposti ad assumere rischi perché ritengono sempre più di non essere sufficientemente tutelati da leggi e controlli. Secondo il vicepresidente dell'ACRI per il comparto Banche, Giuseppe Ghisolfi, presidente della piccola Cassa di Risparmio di Fossano, la regola europea del bail-in ha toccato da vicino il risparmiatore che oggi teme di perdere tutti i suoi risparmi in caso di insolvenza di una banca.

Nel frattempo è tornata la voglia di spendere, anche se rimane un’alta selettività delle spese. Rilevante il fatto che sia coloro che hanno migliorato la propria condizione e sia chi ha dovuto fronteggiare qualche difficoltà, hanno aumentato molto le spese legate all’auto, all’elettronica e alla telefonia.

«Tuttavia il ritorno delle preoccupazioni attanaglia gli italiani», si legge nel rapporto. L’86% degli intervistati pensa infatti che la crisi durerà ancora per anni.

«Il clima di sfiducia che pervade il Paese è una combinazione di elementi economici e sociali», spiega il Presidente di Ipsos e curatore dell’indagine, Ferdinando Pagnoncelli. «Non è un caso che in cima alle maggiori preoccupazioni degli italiani ci sia la disoccupazione o la paura di perdere il lavoro. Senza trascurare il fatto che in Italia il 67% dei giovani tra i 18 e i 34 anni non ha la possibilità di lasciare la casa dei propri genitori per provare a costruirsi un futuro più indipendente e autonomo. Uno può adottare strategie di contenimento degli effetti della crisi, ma se non si riesce a risolvere questo problema, sarà difficile combattere la sfiducia e il pessimismo. In sintesi per gli italiani il Paese migliora ma non riescono a vederne gli effetti».

Il pessimismo prevale anche nei confronti dell’Europa, certamente frutto della Brexit. Per la prima volta la quota di euro scettici diventa la maggioranza, il 54% contro il 46%. Quanto all'Euro, il 68% degli italiani si dichiara insoddisfatto, anche se oltre la metà si ritiene convinto della sua utilità nel lungo periodo. Tuttavia l’idea di Europa sembra sopravvivere. Il 70%degli italiani vorrebbe infatti una costituzione comune.

«Da quanto finora detto si evidenzia una notevole polarizzazione tra chi sta bene e chi è in difficoltà e non vede miglioramento», ha concluso Guzzetti. «Ma continuiamo a sottovalutare alcuni problemi sociali. L'infanzia ha condizioni di povertà assoluta inaccettabili, i giovani non trovano lavoro e gli anziani che dovrebbero vivere in serenità sono sempre più angosciati. Intanto, abbiamo già aperto due bandi per il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, al quale le fondazioni contribuiranno con circa 120 milioni di euro all’anno per tre anni».


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