Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Venzone modello per la ricostruzione

Intervista al sindaco del comune friulano. Quarant'anni fa due violenti terremoti (6 maggio e 15 settembre) rasero al suolo tutto il centro storico. Venzone è stata ricostruita come era ed è anche sede di un'alta scuola antisismica internazionale. Fabio Di Bernardo spiega perché questa esperienza può essere utile nella ricostruzione dei paesi rasi al suolo dalle sequenze sismiche degli ultimi tre mesi

di Antonietta Nembri

Lo definiscono “Modello Friuli” ed è quello a cui si guarda dopo ogni terremoto e dal 1976 – anno dei due sismi che distrusse diversi comuni friulani: fra i più colpiti e divenuti un simbolo Gemona e Venzone – resta l’esempio di una ricostruzione riuscita. Ora che il centro Italia è stato colpito da una serie sismica che oltre a portare vittime (in particolare con il sisma del 24 agosto) ha sbriciolato il patrimonio storico, artistico, culturale e produttivo di comuni come Amatrice, Visso, Ussita, Norcia, Camerino… e molti altri il modello Friuli torna in auge.
Abbiamo chiesto al primo cittadino di Venzone, comune di 2.100 anime, di raccontarci questo “modello”. Fabio Di Bernardo, aveva sei anni quando il 6 maggio 1976 la sua casa venne colpita da una scossa del 6,4 della scala Richter. «Come adesso, all’inizio nessuno voleva andarsene a Lignano (località balneare sulla costa dove vennero destinati i terremotati), poi il secondo terremoto del 15 settembre (6,1 della scala Richter) assestò un colpo psicologico violentissimo. E ci spostammo tutti, non solo nelle ocalità previste», ricorda Di Bernardo. «Per questo dico a tutti andatevene, passate l’inverno lontano e come noi rientrate in primavera quando saranno pronte le casette, allora c’erano le baracche in legno».

A Venzone è stata anche realizzata la scuola antisismica internazionale, Serm Academy (Sismic emergency response management) inaugurata il 7 maggio scorso con la presidente della regione Debora Serracchiani, l’Università di Udine, l’associazione dei Comuni del terremoto e i Vigili del Fuoco «l’obiettivo è insegnare le tecniche dalla prima emergenza alla messa in sicurezza. È una scuola che ha anche una palestra vera e propria, la frazione di Portis Vecchio, è l’unica parte di Venzone che non è stata ricostruita nello stesso posto ma 2 km più a nord per ragioni di sicurezza» spiega.

«Lì ci sono gli edifici rovinati che vengono utilizzati per le esercitazioni, dove vengono testate le nuove tecniche. La prima esercitazione l’abbiamo fatta nel 2014, ce n’era una seconda in programma a settembre, ma dopo il terremoto di agosto è stata rinviata a data da destinarsi» afferma Di Bernardo. Ed è sulle case lesionate di Portis vecchio che Vigili del fuoco e tecnici mettono a punto le tecniche post-terremoto.

Sulla necessità di andarsene dai paesi distrutti non ha dubbi il primo cittadino di Venzone, che aggiunge «per farci sentire un po’ più a casa ci avevano diviso in base ai paesi di provenienza nelle località balneari, così eravamo quasi tutti vicini, non dico che incontravi il tuo vicino di casa, ma un compaesano sì». Ma c’è una ragione per invitare le persone colpite dal sisma a spostarsi: «Da un punto di vista organizzativo è molto meglio per chi lavora sulle macerie, a rimanere devono essere le persone che hanno delle attività economiche, come gli allevatori. Mi ricordo che anche il municipio, il medico erano stati spostati al mare. Mio padre, per esempio andava a lavorare in paese con la corriera e rientrava al mare tutte le sere. Lo ripeto – insiste Di Bernardo – occorre far passare l’inverno».

Venzone, monumento nazionale dal 1965 è un esempio di ricostruzione riuscita, rifatta come era e per quanto possibile con le stesse pietre. «La ricostruzione è partita direttamente dalle macerie che erano state portate fuori dal paese divise per palazzo e per zona e si è riutilizzato quello che si è potuto. Il mio è un borgo medioevale di pietra. Certo si è ricostruito con tecniche antisismiche, sono stati fatti piani particolareggiati, le facciate esterne e parte degli interni sono stati rifatti uguali, mentre le travature sono legno. Anche oggi chi costruisce deve farlo seguendo le regole antisismiche».

Il primo cittadino di Venzone è convinto che probabilmente non esista solo il modello Friuli, ma rivolgendosi ai sindaci del centro Italia dice «venite a vedere e adottate un po’ quello che abbiamo fatto noi, il nostro modello ha funzionato. Non è stato semplice, ci sono state tante discussioni da parte delle forze politiche allora c’erano i favorevoli e i contrari a un certo modo di ricostruire, hanno discusso e dopo le discussioni si è arrivati a una soluzione».
Il Duomo di Venzone come altre chiese era crollato, l’allora arcivescovo di Udine, monsignor Alfredo Battisti in quei giorni disse: «Prima ricostruiamo le fabbriche, poi le case e infine le chiese». «È diventata storica quella frase» continua Di Bernardo. «Ma è giusto, bisogna rifare il tessuto economico per tenere la gente in territori come i nostri, partire dalle fabbriche è stata la scelta vincente per rinascere».

Forte dell’esperienza vissuta il sindaco osserva infine che le casette dovrebbero essere realizzate «vicino ai centri abitati, non fuori come è stato fatto all’Aquila, la voglia di rinascere diventa sempre più forte soprattutto quando vedi in diretta le gru che lavorano».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA