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Dossier WWF, territorio italiano sempre più vulnerabile

A 50 anni dall'alluvione di Firenze, un dossier di WWF Italia fa il punto sulla fragilità del nostro territorio: in Italia si consuma suolo alla media di 35 ettari al giorno, nonostante si tratti di un paese ad alto rischio sismico ed idrogeologico

di Redazione

Nonostante l'Italia sia un paese ad alto rischio sismico ed idrogeologico si continua a consumare il suolo a una media di 35 ettari al giorno. Mentre, con sempre maggiore frequenza, siamo costretti a contare danni e morti per terremoti, frane e alluvioni ancora manca una seria pianificazione per la cura e la prevenzione del rischio legato al territorio.

A 50 anni dall'alluvione di Firenze un dossier del WWF Italia fa il punto sulla situazione del dissesto idrogeologico nel Belpaese che si scopre ogni giorno più fragile e avanza proposte urgenti al governo. Da quando a Firenze, dove la mattina del 4 novembre 1966, dopo 24 ore di piogge battenti su un territorio già saturo d'acqua, l'Arno esondò drammaticamente e tutta la Toscana insieme al Veneto e il Friuli Venezia Giulia furono interessate dalle esondazioni, con Piave, Adige, Brenta, Livenza e Tagliamento, purtroppo, la vulnerabilità del nostro territorio è ulteriormente aumentata: lo testimonia il consumo di suolo che ha portato a occupare molte delle aree di esondazione dei fiumi, compromettendone la capacità naturale di mitigazione del rischio idrogeologico.

È il caso della Liguria, dove un quarto del suolo, entro la fascia di 150 metri dagli alvei fluviali, è stato consumato tra il 2012 e il 2015 (ISPRA, 2016 – Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizioni 2016. 248/2016) oppure del Trentino Alto Adige con il 12%, il Piemonte con l'9%, l'Emilia Romagna con l'8,2%, la Lombardia con l'8% o la Toscana con il 7,2% di ulteriore consumo di suolo entro la fascia di 150 metri dei fiumi in questi ultimi 3 anni. Si è irresponsabilmente continuato a costruire in aree pericolose, così in Italia la percentuale di suolo consumato all'interno delle aree a pericolosità idraulica elevata è del 7,3%, mentre è del 10,5% nelle aree a pericolosità media, lasciando oltre 7,7 milioni di italiani a rischio (ISPRA, 2016).

L'Italia sconta anche il ritardo nell'applicazione delle importanti direttive europee "Acque" (2000/60/CE) e "Alluvioni" (2007/60/CE), la confusione istituzionale con troppi soggetti nazionali e non che si occupano a più livelli di difesa del suolo senza una chiara regia a livello di bacino idrografico come, peraltro, previsto dalle normative europee. Inoltre, mancano le risorse per prevenzione e pianificazione, mentre ne spendiamo tanti solo a fronte delle continue emergenze. Per far fronte al dissesto idrogeologico è stato stimato un fabbisogno di 44 miliardi di euro, una cifra decisamente inferiore ai circa 175 di miliardi di euro spesi negli ultimi 50 anni: basta considerare che spendiamo, prevalentemente in emergenze, circa 3,5 miliardi di spesa all'anno. A fronte di una situazione così grave e nonostante i numerosi annunci, l'attuale legge di stabilità prevede nel 2016 per la messa in sicurezza del territorio e per interventi di manutenzione solo 260 milioni di euro.

"E' necessaria una forte integrazione tra la Struttura di Missione ‘Italia Sicura', nata per affrontare l'emergenza idrogeologica, e la Struttura di Missione ‘Piano Casa Italia', che si occuperà della prevenzione in campo sismico e alluvionale, che fanno entrambe capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e tra queste e il gruppo di lavoro promosso dal ministero dell'Ambiente che sta definendo il Piano Nazionale per l'Adattamento ai Cambiamenti Climatici, sia per condividere i dati e le informazioni che porteranno a individuare le aree più vulnerabili, che per individuare le priorità di intervento". Lo dichiara la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi che aggiunge: "Invertire la rotta è possibile ma non c'è più tempo per ulteriori improvvisazioni, dobbiamo far tesoro delle esperienze positive come la riqualificazione del Sangro in Abruzzo, orrendamente canalizzato e cementificato negli anni ‘80 e ora oggetto di un innovativo intervento di rivitalizzazione del suo corso. Oppure l'esempio del Comune di Bologna, dove è stato realizzato un partecipato Piano di adattamento della città, in gran parte incentrato su azioni di risparmio, riutilizzo e miglioramento della qualità delle acque".

È indispensabile raccogliere la sfida dell'Accordo di Parigi e promuovere un piano di adattamento ai cambiamenti climatici: perché il suolo è anche la culla della biodiversità terrestre e depura le acque, le assorbe e trattiene, svolgendo un ruolo fondamentale nella corretta gestione della risorsa idrica e nella prevenzione dei danni delle alluvioni. Ma è anche molto altro: i suoli europei intrappolano una quantità di carbonio immensa, che equivale a oltre 40 volte la CO2 emessa annualmente da trasporti, settore civile, industria. E ci difendono così dai cambiamenti climatici, a patto di non cementificarli e impermeabilizzarli.

In Europa, come sottolinea la campagna People4soil che vuole raccogliere 1 milione di firme per un'iniziativa di legge popolare europea, alla quale il WWF ha aderito il consumo di suolo è legato a crescita disordinata di edifici, cave, infrastrutture: negli anni 2000 il consumo è aumentato al ritmo di 100.000 ettari ogni anno, una superficie equivalente a quella di una città come Roma.


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