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Economia & Impresa sociale 

Valutazione dell’impatto sociale: la sfida è sul breve periodo

«Con una valutazione di impatto sociale ed economica applicata alle attività a breve, da subito si nota se la direzione scelta è corretta o meno e quali sono le probabilità di successo delle attività poste in essere “ab origine”». L'intervento del professore della Bocconi Giorgio Fiorentini

di Giorgio Fiorentini

Ormai in tutti i convegni o incontri sulla Riforma del Terzo settore si tratta del tema della valutazione dell’impatto sociale (art . 7 punto 3 L.106/2016) e si sottolinea la sua funzionalità strategica ed operativa con la seguente definizione: “Per valutazione dell'impatto sociale si intende la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all'obiettivo individuato”. Vorrei sottolineare i tre archi temporali della valutazione (breve, medio, lungo periodo) e focalizzare l’attenzione sul breve periodo. La premessa è che sia quasi pleonastico affermare che la valutazione è sia qualitativa, sia quantitativa (approccio olistico) anche se il concetto di quantità permette di soddisfare l’esigenza di avere dei proxi espressi in metrica (”numeri”) che offrono un sistema di riferimento ed un linguaggio universale e comprensibile a tutti. Riporto la frase di J.W.Goethe che scriveva: “Dicono che i numeri governano il mondo. Non so, ma di certo ci dicono se sia governato bene o governato male”.

La valenza quantitativa permette di strutturare un minimo comun denominatore (per es. monetizzazione) utile per il controllo e il monitoraggio, significativo per attivare il confronto fra vari enti, percepibile in forma diretta e semplice per il ricercatore e l’osservatore. Ciò permette di confrontare le quantità non tanto e non solo per vigilare, monitorare e controllare, ma anche per offrire una base informativa omogenea ed utile a dinamizzare in modo imprenditoriale gli enti del Terzo Settore e le imprese sociali. Il concetto di “dinamizzare”, in termini economico-aziendali, vuol dire attivare il sistema di imprenditorialità sociale che sottende ogni organizzazione del terzo settore ed ogni impresa sociale, indispensabile per sviluppare un “effetto leva” e un moltiplicatore delle risorse( umane, economico-finanziarie, patrimoniali) a disposizione . Una valutazione di impatto, per esempio in fase di business plan per un progetto sociale, è base funzionale per una gestione delle attività in modo efficiente, efficace, continuativo e con economicità.

La valutazione sociale ed economica è quindi la componente indispensabile della “filiera di valutazione” che sarà sempre più una parte del quadro di riferimento della finanza sociale. Infatti i finanziamenti pubblici o privati (fondazioni di origine bancaria, fondazioni d’impresa ,social venture capitalist, venture philantropist, donatori individuali o corporate ecc.) alle non profit ed alle imprese sociali si struttureranno in una filiera ove il finanziatore chiederà, ”ex ante”, quale sarà l’impatto sociale delle attività poste in essere dall’impresa sociale nonché, a consuntivo, e in logica di rendicontazione ed “ex post”, quali sono i risultati in chiave di impatto sociale ed economico sviluppato. Non si potrà prescindere dall’adozione di modelli di valutazione.

Nella cultura del Terzo settore e delle organizzazioni sociali, la considerazione dominante è che il breve periodo sia un arco temporale che attiene all’indispensabile attività tattica e di base, ma non ha una proiezione di spessore strategico. Per questo motivo l’attività “a breve” spesso non è oggetto di valutazione di impatto sociale

Nella declaratoria che sottolinea l’esigenza di valutare gli effetti “sul breve,medio e lungo periodo” la considerazione quasi scontata è il riferimento al medio e lungo periodo che è un “mantra” quasi banalizzato e di maniera. Per definzione la valutazione è di medio e lungo periodo,ma nel pensiero comune e diffuso, non altrettanto è quello al breve periodo.

Infatti, nella cultura del Terzo settore e delle organizzazioni sociali, la considerazione dominante è che il breve periodo sia un arco temporale che attiene all’indispensabile attività tattica e di base, ma non ha una proiezione di spessore strategico. Per questo motivo l’attività “a breve” spesso non è oggetto di valutazione di impatto sociale, ma solo di semplice impatto conseguente ai processi di produzione ed è delineato in termini descrittivi e statici(le quantità sono fine a se stesse). Invece si dovranno adottare strumenti di programmazione orientati al sociale. Essi permetteranno di passare dalla strategia al risultato e fissare gli obiettivi specifici; a differenza della pianificazione strategica, la programmazione operativa sociale si declinerà nel breve periodo (trimestre, semestre, anno) in logica di efficienza e del rapporto -quantità di output sociale/quantità di input sociale. Con questa Riforma si sottolinea che è necessario sviluppare un modello di valutazione di impatto sociale, anche a breve, che permette di monitorare e controllare i processi in chiave dinamica e offre l’opportunità,da subito, di comprendere se gli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento hanno un “prius” di processo utile e funzionale al raggiungimento degli obiettivi a medio e lungo periodo.

Questo approccio evita il concetto, quasi fatalista, dello “sperare” che si raggiunga l’obiettivo individuato, spesso motivato dal fatto che integrando risorse sociali e valoriali non si possono tracciare processi ancorati a “valutazioni quantitative di sviluppo” e con una aleatoria sostenibilità economica prospettica. Evita anche di trovarsi alla fine del progetto con risultati nulli considerando che stiamo trattando di progetti operativi e non di progetti di ricerca.Per questi ultimi si faranno sperimentazioni “ad hoc” senza vincoli di risultato positivo. Con una valutazione di impatto sociale ed economica applicata alle attività a breve, da subito si nota se la direzione scelta è corretta o meno e quali sono le probabilità di successo delle attività poste in essere “ab origine”. In questo modo renderemo più efficaci gli investimenti sociali.


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