Cooperazione & Relazioni internazionali

Effetto sharing: numeri in crescita per chi sceglie di condividere

Si allargano i mercati dell’economia collaborativa: in particolare verso servizi alle imprese e alle persone, cultura, welfare e trasporti. I dati presentati a Sharitaly 2016 lo confermano: crescono le piattaforme di sharing economy e di crowfunding. Ne parliamo nell'ultimo bookazine di Vita, presentato nel corso dell'evento: la sharing economy sarà sociale o non sarà

di Redazione

Si è appena conclusa la quarta edizione di Sharitaly, dal 2013 evento leader in Italia sull’economia della collaborazione, alla quale anche Vita ha partecipato. I dati di questo settore giovane, ma già maturo parlano chiaro: anche nel 2016 c'è crescita della sharing economy in Italia, con un numero sempre più ampio di mercati in grado di coglierne e attivarne il forte potenziale di innovazione.

Proprio per questo, Vita ha deciso di vederci chiaro. Non tutto quello che si definisce sharing economy, infatti, è tale. Così, nel numero 11 del bookazine, abbiamo dato spazio e voce ai maggiori esperti sul tema, da Ivana Pais a Luca De Biase, da Flaviano Zandonai – che insiste sul nesso welfare/economia della condivisione – al fumetto di Alessandra De Cristoforo su BlaBlaCar, Aldo Bonomi, che ci spiega come e perché servono un nuovo protagonismo dei corpi intermedi e una sussidiarietà orizzontale. La sharing economy, insomma, o è sociale o non è. Troppa confusione è stata e viene fatta tra economia della convisione, economia circolare e forme di business che, in qualche modo, si mascherano dietro gli elementi relazionali di rigenerazione del legame sociale che la sharing vorrebbe mettere in moto. Ecco perché, sciolto il nodo di che cosa è e cosa non è sharing, è importante capire quale ruolo può svolgere per e nel sociale. Un ruolo importante, a nostro avviso, come potrete scoprire leggendo l'articolato

I numeri di un fenomeno importante

Dalla casa ai trasporti, dal turismo al welfare, fino alla finanza, alla mobilità, alla cultura, al lavoro, alla scienza: emerge in maniera chiara come la sharing economy stia facendo il suo ingresso in un numero sempre più ampio di settori. Nel 2016, le piattaforme italiane di sharing economy (comprese quelle internazionali con sede in Italia) siano arrivate a 138 e 68 quelle di crowdfunding, per un totale di 206. Numeri che, rispetto alle 187 complessive del 2015, delineano un incremento pari all’10%. Il maggior incremento dell’economia collaborativa italiana sono in particolare i trasporti, che rappresentano il 18% delle piattaforme analizzate, i servizi alle persone (16,6%), servizi alle imprese (8,7%), la cultura (9,4%), mentre rimane sostanzialmente invariato turismo (12%).

«L’economia collaborativa non è un settore o un modello di business, è un approccio che mette in discussione i rapporti consolidati tra economia e società», osserva Ivana Pais dell’Università Cattolica di Milano. In questo momento, le piattaforme italiane «sono ancora immature ma mostrano una forte attenzione alla dimensione relazionale. E le nostre ricerche hanno permesso di indagare le specificità dei casi di successo, dove l’utilizzo delle piattaforme rafforza il capitale sociale degli utenti».

Nonostante l’incremento dell’offerta, la domanda ha ancora molti margini di crescita. Nel 2015 il 20% delle piattaforme sharing raggiungeva più di 30mila utenti, ora sono il 31%. Nel 2015 solo il 35% delle piattaforme di crowdfunding raggiungeva più di 1.000 finanziatori/donatori, adesso l’82%. Mediamente, gli utenti utilizzano le piattaforme sharing per l’83% via internet e per il 17% via app; le piattaforme crowd per l’91% via internet e per il 9% via app.


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