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Cop22, caro Trump sul clima non si torna indietro

Si chiude la ventiduesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite. Il bilancio di Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia di WWF Italia inviata dall’associazione a Marrakech.

di Lorenzo Maria Alvaro

Papa Francesco ha definito la ventiduesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 22) una «tappa fondamentale» del percorso per salvare la «casa comune» e ha esortato i leader mondiali a costruire «una risposta collettiva responsabile in un momento delicato, entrando in maniera più concreta nell’elaborazione delle regole, dei meccanismi istituzionali e degli elementi necessari per una sua corretta ed efficace attuazione». Papa Francesco ha insistito sul fatto che le strategie di sviluppo che dovrebbero essere promosse in base all’Accordo «incoraggiano alla solidarietà nei confronti delle popolazioni più vulnerabili e fanno leva sui forti legami esistenti tra la lotta al cambiamento climatico e quella alla povertà».

Una presa di posizione che si spiega con gli obbiettivi di questo summit: limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e istituire un fondo annuale da 100 miliardi di dollari da destinare ai Paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti energetiche meno inquinanti. Per fare un bilancio di Cop22 abbiamo chiesto a Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia di WWF Italia inviata dall’associazione a Marrakech.


I temi più scottanti erano la limitazione del riscaldamento globale e il fondo annuale per i Paesi più poveri. Com’è andata?
Sulla questione della temperatura, che in realtà non era in discussione, la scadenza importante è per il 2018. Qui si sono poste le basi perché il dialogo facilitativo che porterà a decidere come ottenere quel risultato sia fruttuoso. Si è lavorato molto raccogliendo anche tutte gli interventi della società civile. Non possiamo naturalmente prevedere cosa succederà ma ci sono buone premesse perché questa non sia solo una passerella ma abbia una ricaduta reale nelle scelte future.

E per quello che riguarda il fondo invece?
Si sta ancora valutando il documento finale. Ma l’aria è abbastanza rilassata. Possiamo dire che si farà in modo che ci siano impegni finanziari anche prima del 2020. Segnali positivi ci sono anche collegamento tra il fondo e l’accordo per Parigi, che è un modo significativo di ancorare le azioni di mitigazioni ai fondi a disposizione dei Paesi più vulnerabili per evitare che siano vittime predestinate del cambiamento climatico.

Il bilancio è positivo dunque?
Credo che da questa Cop sia venuto un segnale politico molto forte. Spero che nel prossimo futuro ci sia una gara positiva su chi farà azioni più cogenti per ridurre le emissioni. Fino ad oggi abbiamo avuto invece dei Paesi che cecavano di rinviare il più possibile. L’accordo di Parigi ha segnato una svolta che esce rafforzata da Marrakech. Come tutte le creature giovani però, questo sviluppo, va protetto e difeso da chi vuole fermarlo.

Si riferisce a Trump?
No, a chi ha interessi nei combustibili fossili. Stiamo vivendo una transizione, che deve essere giusta e deve preservare le fasce più povere da ricadute. Una transizione però inevitabile che se non viene accelerata potrebbe essere troppo lenta rispetto agli obbiettivi ambientali.

Dunque il fenomeno Trump non si è sentito?
Invece si è sentita molto. Il proclama di Marrakech un segnale politico molto forte: tutti i Paesi giudicano l’attenzione sul clima un’azione inarrestabile.


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