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Arrivederci Milena, e grazie di tutto. Ma che confusione l’ultimo Report sui migranti!

Milena Gabanelli saluta e lascia la trasmissione che ha contribuito a portare al successo. Ma l'ultima puntata lascia molti dubbi. Eccone alcuni

di Marco Ehlardo

Mi mancherà la Gabbanelli, e tanto. Per 20 anni è stata alla guida di uno dei migliori, se non l’unico, esempio di giornalismo investigativo nella TV italiana. Col passare degli anni, poi, ci ha dato uno specchio preciso dell’evoluzione del Paese. Da un lato, ad ogni puntata, inchieste impietose su inefficienze e malaffari italiani; dall’altro, una progressiva indifferenza dei cittadini. Dopo ogni puntata, infatti, ti aspettavi che il giorno dopo ci fosse qualche sollevazione popolare, o almeno titoli a caratteri cubitali sui giornali. E invece niente di tutto questo.

Confido che la redazione di Report prosegua questo lavoro fondamentale, e che la Gabbanelli trovi altre forme per continuare la sua preziosa opera di informazione. Peccato, però, che proprio nell’ultima puntata ci sia stato uno scivolone così grande sulla questione dell’immigrazione e della gestione dell’accoglienza. Il servizio iniziale della puntata è partito da una proposta, elaborata dalla stessa redazione di Report, di modificare il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo in Italia. La proposta si può riassumere brevemente così:

1. utilizzare le numerose caserme dismesse presenti sul territorio italiano per creare grandi strutture di prima accoglienza (con numeri, a quanto sentito, superiori alle 500 unità) gestite direttamente dallo Stato, senza compartecipazione del terzo settore;

2. in tali strutture, in attesa della definizione dell’esito della richiesta di asilo, svolgere attività quali corsi di italiano e sulle normative italiane ed europee, e percorsi di formazione professionale, tramite l’assunzione di personale dedicato;

3. al termine del percorso, in caso di esito positivo della domanda di protezione internazionale, inviare i migranti in strutture di seconda accoglienza a carico dei Comuni.

In linea di massima è una proposta che mi trova in parte concorde (sulla gestione statale della prima accoglienza, ad esempio); più dubbioso sulle dimensioni di questi centri di accoglienza, perché è davvero difficile operare in maniera efficace quando si gestiscono numeri così elevati. Ma non è questo il problema; quello che mi ha lasciato più perplesso è stato il taglio che è stato dato al servizio e le numerose imprecisioni in esso contenuto.

Innanzitutto il servizio è stato così confuso e contraddittorio che la ratio della proposta, come riportata sopra, è stata più o meno chiara solo a chi ha una certa conoscenza del tema. Temo, anzi sono sicuro, che per la gran parte degli altri è stata molto meno chiara; e questo mi sorprende, data la grande attenzione di Report per la chiarezza degli argomenti e la fruibilità degli stessi per chiunque. Poi è stato grave, a mio avviso, insistere sul concetto che la gestione dell’accoglienza da parte del terzo settore sia, sostanzialmente, solo un business.

Frasi tipo “invece che dare 30 euro al giorno alle cooperative” me le aspetto da ben altre trasmissioni. Che possa essere un business per alcuni, che in parte lo sia stato e che in parte continui ad esserlo è vero. Chi scrive lo diceva già in tempi non sospetti, ricevendo per questo solo critiche e frasi di scherno. Ma da qui a fare di tutta un’erba un fascio ce ne passa. In questo modo si getta benzina sul fuoco, e si dà una copertura a quelle posizioni per cui l’accoglienza è, di per se, solo un business, un mondo para-criminale, senza alcuna distinzione.

Sono d’accordo che sarebbe preferibile se la prima accoglienza fosse di gestione statale, perché l’attuale cosiddetta “emergenza” porta, a volte in maniera quasi inevitabile, ad affidare questa accoglienza a soggetti che non ne hanno sufficienti requisiti. Ma una cosa è farne una questione di efficacia ed efficienza, un’altra farne una questione di legalità. O, meglio, di diffusa illegalità. Ho trovato poi di cattivo gusto inframezzare continuamente il servizio con immagini di migranti che dormono per strada, o che occupano strutture abbandonate in assenza di altre soluzioni, per mettere in evidenza come questo sia causa delle crescenti proteste e forme di intolleranza a cui assistiamo in varie parti d’Italia. Il messaggio che ne è uscito è che la colpa sia di chi non ha alcuna forma di accoglienza e si deve arrangiare di conseguenza, piuttosto che di chi sarebbe chiamato a dare soluzioni e non lo fa.

Quando poi, a chiusura di questo cerchio, la redazione è andata da alcuni Sindaci ad illustrare la proposta e raccoglierne le “adesioni”, si è raggiunto l’apice. Si è fatto passare il concetto che ai Comuni non debbano arrivare migranti “sconosciuti” (in che senso?), semianalfabeti e magari pure possibili futuri clandestini. Che debbano invece arrivare migranti in qualche modo ripuliti (da cosa, poi?) e quindi più facilmente “trattabili”. Francamente mi ha fatto rabbrividire. Non mi ha sorpreso, infatti, che pure i Sindaci più estremisti, ad esempio quelli della Lega, abbiano accolto questa proposta con entusiasmo.

Nessun accenno al fatto che, se in Italia la gestione dell’accoglienza è ancora in una fase così emergenziale, è proprio a causa del fatto che la grande maggioranza dei Comuni, finora, si rifiuta di farsene carico. E che non si può pensare di risolvere questo problema dicendo ai Comuni che gli si invierebbero solo i migranti “buoni”. Lo si risolve, semmai, rendendo obbligatoria l’accoglienza da parte dei Comuni, con quote legate alla popolazione. Esattamente il concetto opposto. Ci sono poi state altre imprecisioni piuttosto marchiane; ad esempio il riferimento, nella proposta, al costo di fantomatici giudici addetti alla valutazione delle domande di asilo, che attualmente non esistono (i giudici valutano i ricorsi successivi ai rigetti) e che non mi risulta siano previsti in futuro da qualche riforma.

Ed altre imprecisioni sulle quali, per brevità, non mi soffermo. In definitiva ho visto una gestione del tema piuttosto populista; proprio quel populismo che, da sempre, Report è molto attenta ad evitare. Peccato, davvero. Mi è restata, alla fine, una curiosità. Considerando che, naturalmente, la redazione di Report non può essere costituita da esperti del tema migrazioni, si saranno certamente affidati a consulenti e ad analisi esterne, e sarebbe stato molto interessante sapere quali e di chi. Giusto per evitarle come la peste in futuro.


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