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White economy, serve una vera integrazione tra pubblico e privato

Preso atto dei radicali cambiamenti sociali di questi ultimi anni appare evidente quanto la filiera delle attività sia pubbliche che private volte alla cura e all’assistenza della persona, assuma un ruolo centrale. Questo il tema del convegno organizzato da Unipol in partnership con Itinerari Previdenziali, SDA Bocconi e Istituto Bruno Leoni

di Ileana Linari

La white economy può e deve essere una leva per la crescita dell’Italia. Di questo si è ragionato nel convegno organizzato il 29 novembre a Roma da Unipol in partnership con Itinerari Previdenziali, SDA Bocconi e Istituto Bruno Leoni. Attorno allo stesso tavolo diversi soggetti, impegnati a vario titolo nel settore, si sono confrontati sul tema proposto: “Innovazione e crescita. Energie pubbliche e private per nuovi modelli di welfare”.

Preso atto dei radicali cambiamenti sociali di questi ultimi anni, come l’aumentata aspettativa di vita, la diminuzione del tasso di natalità e il conseguente invecchiamento della popolazione, appare evidente quanto il tema della white economy, ovvero la filiera delle attività sia pubbliche che private volte alla cura e all’assistenza della persona, assuma un ruolo centrale. Secondo il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda: «Occorre passare a un sistema differente che veda una collaborazione tra pubblico e privato, che porti a una razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale e punti a evitare gli sprechi. Si tratta di una transizione delicata che conduce a un sistema differente da quello attuale. Per questo – è l’idea proposta dal Ministro durante il suo intervento – serve un piano 4.0 per il welfare, con un orizzonte di medio periodo». Un piano pluriennale di investimenti dunque, da avviare senza tentennamenti convinti che una defiscalizzazione a macchia di leopardo non possa portare a nulla.

«Impiegare più denaro oggi – ha spiegato Calenda – se fatto razionalmente, porterà ad avere un calo dei costi nei prossimi anni. Rispetto a questo approccio ci sono molte resistenze sia interne che esterne, per esempio dalla Commissione europea. Per convincere che questo sia l'atteggiamento giusto bisogna presentarlo come un piano aziendale. Se gli investimenti sono finalizzati a una vera transizione, ha senso anche fare deficit».

Di sana e proficua collaborazione tra pubblico e privato ha parlato anche Carlo Cimbri, Amministratore Delegato Group Ceo e Direttore Generale Gruppo Unipol, che ha voluto sottolineare come lo Stato fino ad oggi non sia stato capace di una programmazione a medio o lungo termine e di conseguenza siano mancate politiche coerenti con l’obiettivo. «La nostra è una sanità ancora eccellente – ha ribadito Cimbri – soprattutto se confrontata con paesi come gli Stati Uniti – ma c’è bisogno di una integrazione con il privato. Una tale integrazione, se ben pianificata, va a tutto vantaggio del cittadino».

Numeri alla mano, il Presidente dell’ Istat, Giorgio Alleva, ha delineato il quadro di cambiamento verso cui si muove l’Italia: se per una donna che nasceva nel 1926 l’aspettativa di vita era di appena 52,1 anni, per una che nasce nel 2016 la stessa aspettativa arriva a 84,7. Certamente una buona notizia per il futuro ma un dato allarmante sul fronte pensionistico. Secondo Salvatore Rossi, Presidente dell’Ivass, abbiamo una sostenibilità maggiore per la spesa pensionistica ma chi lavora oggi non potrà contare sugli stessi livelli del passato per quel che riguarda l’assegno che avrà a disposizione una volta smesso di lavorare. Che fare dunque? La soluzione arriva dalla possibilità di integrare con fondi privati. “I giovani non sono pienamente consapevoli che la previdenza non svolgerà più il ruolo del passato – ha spiegato Rossi – diventa più che mai necessario risparmiare ma spesso non si sa come fare. Per questo le compagnie assicuratrici devono conquistarsi la fiducia dei risparmiatori. Molto possono fare anche le tecnologie: una piattaforma tecnologica può fare meglio di uno sportellista in banca e di un impiegato”.

Infine alcuni esempi concreti di imprenditori che hanno scommesso sull’innovazione per rendere possibili concretamente nuovi modelli di welfare. È il caso, per esempio, di Benedetta Arese Lucini di CEO Oval Money che ha studiato una app rivolta ai più giovani che vorrebbero investire ma hanno meno possibilità economiche: l’applicazione indirizza l’utente, in base alle sue specifiche caratteristiche, su come e dove risparmiare. Sulla sanità digitale ha puntato invece Luca D’Attila, Director VREE Heath, con una startup nata da una casa farmaceutica che usa la tecnologia per la presa in carico del paziente. Fiammetta Fabris, DH di UniSalute, ha illustrato il suo modello di assistenza assicurativa domiciliare e le sue possibilità di risparmio rispetto agli alti costi della ospedalizzazione; Luca Foresti, AD del Centro Medico Santagostino, ha spiegato di quali innovazioni ci sia bisogno e si è soffermato sull’importanza della prevenzione e della presa in carico del paziente. Infine Gian Andrea Pedrazzini, Presidente Inpeco ha mostrato un modello di automazione per l’healthcare dalla medicina al laboratorio.


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