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Sono oltre 26 milioni i minori a rischio esclusione sociale in Ue

Secondo il Rapporto di Save the Children “Sconfiggere la povertà educativa. Fino all’ultimo bambino” un adolescente su 5 in Europa vive in povertà educativa (20%). Un numero che sarebbe il settimo Paese più popoloso dell’Unione.

di Redazione

Il Rapporto di Save the ChildrenSconfiggere la povertà educativa. Fino all’ultimo bambino” diffuso oggi, mette a fuoco i dati sui minori a rischio di povertà o di esclusione sociale in Europa sottolineando uno degli aspetti più devastanti della povertà infantile: la povertà educativa.

I dati del Rapporto di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuoverne i diritti, sottolineano come i minori corrano un rischio molto più alto di cadere in povertà rispetto agli adulti. Nei paesi dell’Unione Europea presi in esame, compresi Islanda e Norvegia, il 28% dei minori è a rischio povertà o esclusione sociale contro il 24% degli adulti, nel complesso più di 26 milioni di minori. Una cifra che darebbe vita al settimo Paese più popoloso nell’Unione Europea. Tra di essi, il 21% è a rischio povertà nonostante abbia beneficiato di trasferimenti sociali. Bambini che vivono in famiglie con un reddito al di sotto del 60% del reddito medio nazionale, mentre il 10% vive in famiglie con una intensità di lavoro molto bassa ed il 10% vive in famiglie gravemente deprivate. In Italia la percentuale di minori a rischio povertà o esclusione sociale balza al 32% (AROPE) tra le più alte in Europa, in aumento dopo la crisi, contro il 14% dell’Islanda, il 12% della Norvegia, il 20% della Repubblica Ceca e il 23% dell’Austria. I Paesi con la più alta percentuale sono Ungheria (41%), Bulgaria (45%) e Romania (51%). La Grecia registra un 37%.

Alla radice della povertà e dell’esclusione sociale dei minori c’è la disuguaglianza. Il10% delle famiglie più ricche in Europa attualmente guadagna il 31% del reddito totale e possiede più del 50% della ricchezza totale, e il divario tra ricchi e poveri sta aumentando in molti paesi.

Dal Rapporto emerge come nessun paese in Europa sia esente dalla povertà infantile. I bambini che vivono in famiglie monoparentali, famiglie numerose o famiglie in cui gli adulti hanno poco lavoro o non ne hanno affatto, quelli con i genitori che hanno un basso livello di istruzione o figli di genitori immigrati hanno maggiori probabilità di crescere in condizioni di povertà o di trovarsi in situazioni di marginalità. Anche quei bambini i cui genitori hanno un lavoro, spesso non sono esenti dalla povertà. In Lussemburgo, Bulgaria, Spagna e Svezia, per esempio, un quinto o più dei bambini con genitori che lavorano è a rischio povertà. In Romania, la percentuale sale quasi al 50%.

«Il Rapporto rivela come la deprivazione dei bambini che vivono in famiglie dove i genitori soffrono una condizione di povertà educativa e socioeconomica, sia strettamente connessa alle possibilità ed opportunità che questi bambini avranno in futuro. Difficoltà nella formazione di base, non avere un luogo adatto dove poter studiare, non poter frequentare teatri, cinema o eventi culturali, non essere in grado di accedere ad attività sportive, sono solo alcune delle conseguenze che questi minori soffrono quotidianamente e che limitano il pieno sviluppo delle proprie potenzialità. Un circolo vizioso nel quale la povertà materiale porta alla povertà educativa e viceversa», afferma Raffaela Milano, Direttore dei programmi Italia-Europa di Save the Children.

Nel nostro Paese il 13% dei bambini è a rischio di grave povertà e il 17% vive in condizioni di povertà persistente. I maggiori rischi di povertà sono stati osservati tra i bambini che vivono in famiglie con i genitori che lavorano meno del 20% del loro potenziale rispetto a quelli con genitori che lavorano tra il 55% e l'85% del loro tempo. Il 79,9% conto il 13,1% con una differenza di ben 67 punti (%). Allarmante anche la quota di abbandono scolastico che riguarda il 15% dei minori, i migranti ne sono particolarmente colpiti (37%). Inoltre, in Italia, la copertura di spesa per la cura dei bambini rimane ancora troppo bassa (23%), contro una media in Europa del 28%.

Le disuguaglianze tra i bambini sono fortemente influenzate oltre che dallo status socio-economico dei genitori, soprattutto dal loro livello di istruzione. I bambini i cui genitori hanno conseguito livelli di istruzione più bassi, hanno una probabilità sostanzialmente maggiore di essere a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto ai bambini i cui genitori hanno conseguito livelli di istruzione medio-alti. La differenza media nel rischio di povertà tra i bambini con genitori con un livello di istruzione basso ed i bambini con genitori con livello di istruzione medio-alto è del 46% in Italia, meglio di Germania (59%) e Belgio (55%) e contro una media europea del 53%.

La povertà educativa riguarda un adolescente su cinque in Europa: i dati PISA mostrano che il 22% dei 15enni in Europa ha scarsi risultati in matematica e il 20% in lettura. Questi studenti non sono necessariamente incapaci di eseguire operazioni matematiche o di comprendere i testi che leggono, ma le competenze limitate che hanno sviluppato non consentono loro di affrontare scenari di vita reale. In Italia il 25% dei bambini non raggiunge le competenze minime in matematica, contro una media europea del 22%, il 20% in lettura (stessa percentuale per la media in Europa).

Nel nostro Paese, così come in tutta Europa, un altro importante fattore predittivo delle disuguaglianze educative è il fatto che i genitori del bambino siano migranti o nati nel paese di riferimento. Secondo i dati OCSE, i quindicenni migranti di prima generazione in tutta Europa hanno in media il 25% di probabilità in più di non raggiungere il livello minimo di competenze in matematica rispetto ai ragazzi nati nei paesi di riferimento, con la maggior parte dei paesi che registra una differenza di più di 20 punti percentuale che arriva addirittura a 40 in Finlandia.

«Man mano che crescono, i bambini dovranno affrontare grandi sfide per diventare membri attivi della società e trovare un lavoro stabile e remunerativo e spesso, il loro contesto di appartenenza pregiudica il loro percorso di vita. Le storie che affiorano dal rapporto parlano di bambini che vanno a scuola senza aver mangiato, che assistono impotenti all’impossibilità da parte dei genitori di pagare l’affitto o la spesa, che passano l’inverno in case o scuole fredde, che non hanno abbastanza soldi per comprare un libro e soprattutto, che non sognano o sperano in futuro migliore», prosegue Raffaela Milano.

«I risultati sulla percentuale di rischio di povertà per i bambini in relazione alla bassa intensità di lavoro dei genitori mettono in luce la debolezza della spesa pubblica, sia in termini di capacità finanziaria che di elaborazione di misure e servizi efficaci nel garantire un adeguato supporto al reddito per genitori che non hanno lavoro o che sono in condizioni lavorative precarie. I trasferimenti sociali giocano un ruolo fondamentale nel combattere la povertà minorile; essi dovrebbero non solo essere rilevanti in termini finanziari, ma dovrebbero anche essere elaborati per raggiungere le famiglie ed i bambini, e soprattutto coloro che hanno più bisogno», continua Raffaela Milano.

I trasferimenti sociali hanno un ruolo fondamentale nella lotta alla povertà infantile. Gli investimenti per famiglie e bambini, soprattutto quelli con maggior necessità, sono essenziali per garantire sistemi di welfare che riducano il rischio di povertà materiale. Oltre che consistenti, gli investimenti per famiglie e bambini dovrebbero essere efficaci, ossia garantire alle famiglie in difficoltà una concreta possibilità di migliorare la propria condizione. Tuttavia, secondo il Rapporto di Save the Children, in Romania, Grecia, Bulgaria, Italia, Portogallo, Malta e Spagna, la percentuale di bambini a rischio di povertà diminuisce meno del 10% come risultato dei trasferimenti sociali, ben al di sotto della media UE (21%). L’Italia, che sconta la mancanza di un piano strategico nazionale di contrasto alla povertà minorile, riesce ad abbattere solo dell’8% il rischio di povertà tra i bambini grazie ai trasferimenti sociali, risultando nettamente meno efficace di Belgio, Germania e Finlandia, che si attestano sopra il 15%.

Save the Children sottolinea come per sradicare la povertà materiale, l'esclusione sociale e la povertà educativa, i Paesi europei e le istituzioni dell'UE dovrebbero affrontare la disuguaglianza delle opportunità durante l'infanzia, eliminando le barriere che impediscono ai bambini lo sviluppo delle proprie competenze e capacità. È urgente adottare ed implementare la Child Guarantee a livello europeo, una misura che permetterebbe il coordinamento, la pianificazione, il monitoraggio e la valutazione di impatto sugli investimenti europei di contrasto alla povertà minorile e di tutela dell'infanzia.

I Paesi europei dovrebbero fornire servizi di cura alla prima infanzia, garantendo un'educazione di alta qualità gratuita e fruibile per tutti i bambini. Dovrebbero aumentare il sostegno ai bambini e alle famiglie a rischio di povertà attraverso interventi di protezione sociale, monitorandone l'impatto sul benessere dei bambini. I servizi universali nel campo dell'istruzione e della salute dovrebbero essere disponibili per tutti i bambini, con interventi mirati verso quelli più a rischio.