Sanità & Ricerca

Avis e i suoi primi 90 anni

Nel 2017 l’Associazione Volontari Italiani Sangue spegnerà le 90 candeline. L’intervista con il presidente Vincenzo Saturni che fa il bilancio di questo lungo tratto di strada e traccia il percorso per il futuro. «Non abbiamo previsto un solo evento ma tante iniziative»

di Lorenzo Maria Alvaro

Fondata a Milano nel 1927 dal dott. Vittorio Formentano, costituitasi ufficialmente nel 1946, riconosciuta nel 1950 con una legge dello Stato Italiano. È Avis – Associazioni Volontari Italiani Sangue, presente su tutto il territorio nazionale con una struttura ben articolata, suddivisa in 3.418 sedi Comunali, 121 sedi Provinciali, 22 sedi Regionali. Nel 2017 si appresta a compiere i suoi primi 90 anni di storia. Ne abbiamo parlato con il presidente nazionale Vincenzo Saturni


Cosa significa raggiungere un traguardo come questo?
Chiaramente pensare di festeggiare un anniversario così importante per noi è significativo. Significa essere passati attraverso intere epoche storiche, dall’immediato dopo guerra ad oggi. Come Avis riteniamo importante non fare celebrazioni fini a sé stesse ma mettere a disposizione questo vissuto di concreta solidarietà e di attenzione sociale all’ammalato a tutti gli interlocutori con cui ci confrontiamo per rinvigorire e rinsaldare tutto quello che abbiamo fatto fino ad oggi.

Concretamente come metterete questi anni di vita associativa a disposizione di tutti?
Stiamo realizzando una serie di ricerche per comunicare a tutti cosa abbiamo realizzato fino ad oggi e quali sono i passaggi significativi della nostra storia così da poter evidenziare cosa potremo dare nel futuro. Una è stata commissionata all’Università di Palermo, su quanto accaduto dal punto di vista sociale in questi 90 anni e come Avis è intervenuta ed è stata in grado di accompagnare questi cambiamenti. Con l’Università dell’Insubria invece il percorso di ricerca è analogo ma rivolta al campo sanitario.

Questo per quello che riguarda il passato. Per il futuro invece?
Abbiamo commissionato al Cnr una ricerca sulla “Donazione di sangue come prassi sociale”, perché vogliamo dare un contributo anche alle future generazioni. Un modo per studiare l’obbiettivo che vorremo centrare per il 2027, anno del nostro centenario

Dunque non ci sarà una sola festa di compleanno ma una serie di eventi e proposte…
Esatto, non abbiamo previsto un solo evento. Nel senso che queste ricerche, cui si aggiunge quella con la Bocconi che valuta l’impatto sociale ed economico della nostra attività, verranno presentate tra febbraio e marzo alla Camera e al Senato. Poi ci sarà l’assemblea nazionale a Milano il 19-20-21 maggio, dove siamo nati. La mattina di apertura faremo un evento celebrativo in città. Nel contempo stiamo anche programmando diverse iniziative di comunicazione: abbiamo prodotto una serie di spot in tutti dialetti italiani per comunicare il fatto che la donazione è di tutti e per tutti, abbiamo lanciato un Manifesto collage con tutti i nomi dei nostri volontari a partire dai primi 17 della nostra storia, quelli che risposero all’appello del nostro fondatore.

Dal punto di vista istituzionale invece ci sono sul tavolo battaglie o obbiettivi?
Da qui al 2027 non immaginiamo stravolgimenti dal punto di vista della disponibilità di sangue. Per noi qui in Italia, con le normative del nostro settore, siamo ampiamente riconosciuti e direttamente coinvolti a livello istituzionale. A livello europeo invece c’è da fare tanta strada. La gratuità della donazione, anche per quello che riguarda il plasma deve ancora essere estesa a tutti i paesi membri. Stessa cosa vale per il riconoscimento delle realtà come la nostra che ancora non accomuna tutti i paesi dell’Unione. Per quanto riguarda la Riforma del Terzo settore e i decreti attuativi ci preme solo ribadire che venga mantenuta la specifica del volontariato come particolarità del nostro settore. C’è però un tema che ci sta a cuore più di altri…

Quale?
L’andamento demografico. Il progressivo invecchiamento della popolazione significherà, negli anni avvenire un sempre maggior numero di bisogni legati al sangue e un contemporaneo minor numero di donatori. Per far fronte a questo fenomeno dovremo coinvolgere di più i giovani e gli stranieri. Questo sarà la strada del nostro impegno per i prossimi 10 anni.


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