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Cooperazione & Relazioni internazionali

Aiuti allo sviluppo: efficienti, sì o no?

Si sono riuniti a Nairobi tutti gli attori della cooperazione internazionale per un aggiornamento politico sull’efficacia degli aiuti. Luca De Fraia, vice Segretario di ActionAid Italia, ci racconta il dietro le quinte di un incontro di altissimo livello durante il quale sono emersi la scarsa fiducia tra donatori e paesi beneficiari, l’importanza della società civile e il ruolo importante che il settore privato è destinato a coprire.

di Luca De Fraia

Si è appena concluso a Nairobi, in Kenya, il secondo high level meeting (28 novembre – 1 dicembre) del partenariato globale per l’efficacia della cooperazione allo sviluppo (la GPEDC), che riunisce tutti gli attori della cooperazione, dai governi ai parlamenti, dalla società civile alle autorità locali e al settore privato. I tempi dove cooperazione voleva dire solo aiuti e progetti sono ormai un ricordo. A Nairobi si è preso in considerazione un orizzonte tanto ampio da comprendere tutte le politiche e gli strumenti finanziari che possono avere un impatto nella realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030. Gli aiuti tradizionali sono solo una parte di questo insieme: una variabile importante per carità, specie per i Paesi più poveri con minor accesso ai mercati finanziari, il cui destino rimane però sotto osservazione.

Il secondo vertice della GPEDC ha discusso lo stato di implementazione dei quattro principi per una cooperazione efficace: l’ownership dei processi di sviluppo da parte dei Paesi partner (l’allineamento delle priorità dei Paesi donatori a quelle dei Partner), la trasparenza e la mutual acconuntabilty, il focus sui risultati (l’impatto e non tanto il focus sugli input) e l’inclusività dei partenariati di sviluppo. Un confronto serrato e a viso aperto che ha preso le mosse dai risultati raccolti nel secondo rapporto di monitoraggio dove vengono analizzati i dati sullo stato di avanzamento dell’implementazione di dieci indicatori, che coprono un ampio insieme di aspetti, dagli spazi per la società civile e per il settore privato, dall’uso dei sistemi paese all’applicazione di meccanismi di trasparenza.

Gli aiuti tradizionali sono solo una parte di questo insieme: una variabile importante per carità, specie per i Paesi più poveri con minor accesso ai mercati finanziari, il cui destino rimane però sotto osservazione.

Scarsa fiducia reciproca tra donatori e paesi beneficiari

Le informazioni sullo stato di avanzamento dell’agenda dell’efficacia sono arrivate principalmente dai Paesi partner (81, a basso e medio reddito) in un percorso di diversi mesi coordinato dall’UNDP e aperto agli attori della cooperazione a livello locale. L’elaborazione è stata affidata al Comitaton di aiuto allo sviluppo (DAC) dell’OCSE DAC, in uno sforzo congiunto delle due organizzazioni che curano il segretariato del partneriato globale. I risultati parlano di un lento progresso nella piena applicazione dei principi dell’efficacia specie per la parte che tocca un aspetto centrale nei partenariati per lo sviluppo, ovvero la fiducia fra i diversi attori. Non è un caso che i donatori facciano ancora fatica ad affidarsi ai sistemi di pianificazione e valutazione dei Paesi partner, preferendo, ad esempio, ricorrere a modalità più tradizionali, fra queste i progetti.

La società civile, un attore insostituibile

A testimonianza delle diverse visioni che si sono confrontate in questi giorni, la discussione sul documento conclusivo – la dichiarazione di Nairobi – si è protratta fino alle battute conclusive della conferenza. Uno degli aspetti più condivisi è stata la piena riaffermazione del ruolo dei soggetti della società civile come attori indipendenti di sviluppo, che svolgono una pluralità di ruoli e, fra questi, anche la funzione di rendere i governi più trasparenti e accountable. Si è fatto fatica a fare entrare della dichiarazione il riconoscimento della riduzione dello spazio per le società civile e quindi l’impegno a contrastare questa tendenza.

Un altro aspetto importante delle conclusioni di Nairobi è il richiamo al coinvolgimento del settore privato per mettere in moto competenze e risorse per raggiungere gli ambiziosi obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Un approccio che prende anche la forma dell’impiego della finanza per lo sviluppo, e quindi degli aiuti, come leva per incentivare la presenza del settore privato. Anche in questo caso le organizzazioni della società civile hanno svolto un ruolo importante per dare dei precisi indirizzi a queste strategie nella salvaguardia della finalità dello sviluppo e della necessità di indirizzare le risorse migliori, gli aiuti, verso quei Paesi e comunità che hanno meno capacità di attirare il settore privato.

La dichiarazione di Nairobi è uno strumento di lavoro che potremo applicare nelle discussioni a noi più vicine come nel caso dello sviluppo del ruolo del settore privato nel sistema della cooperazione italiana. Nell’immediato, diventa un riferimento inevitabile nella discussione appena avviata sul nuovo Consenso Europeo per lo sviluppo, nelle quali si potrà fare tesoro della ricchezza di principi e impegni della dichiarazioni di Nairobi e, in particolare, dei due importanti conclusioni: gli obiettivi di sviluppo sostenibile potranno essere realizzati a livello globale solamente attraverso dei partenariati fondati sui principi dell’efficacia; tutte le forme di cooperazione devo seguire l’agenda dell’efficacia.

Uno degli aspetti più condivisi è stata la piena riaffermazione del ruolo dei soggetti della società civile come attori indipendenti di sviluppo.

L’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo sotto la luce dei riflettori

La conferenza di Nairobi è stata anche l’occasione per una discussione sul nuovo sistema della cooperazione italiana promossa dalla nostra Agenzia. La presentazione dei tratti salienti della nuova normativa è stata curata dal Dott. Mario Beccia, che ha messo in luce soprattutto le novità in merito agli strumenti di partecipazione e inclusione. Fra gli interlocutori Paola Simonetti, del network sindacale sulla cooperazione basato a Bruxelles, e Toni Tujan, una delle figure più note della società civile in tema di efficacia. Nella discussione hanno partecipato anche i rappresentanti del settore privato internazionale e dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO). E’ stata l’occasione per verificare la grande attenzione verso la nuova legislazione italiana e per lanciare l’impegno ad avviare una discussione globale su come migliorare i sistemi di cooperazione per facilitare la partecipazione di tutti gli attori nei processi decisionali.


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