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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il Gambia e la favola democratica

Il tenente Yahya Jammeh, al potere da ventidue anni da dittatore ha accettato di partecipare a libere elezioni e ha accettato la sconfitta elettorale. A vincere è stato un imprenditore, il 50enne Adama Barrow

di Marco Marcocci

Una storia che ha dell’inverosimile quella che è accaduta in questi giorni nel piccolo stato del Gambia, il minuscolo paese dell’Africa, circondato dal Senegal, fatta eccezione del punto in cui l’omonimo fiume Gambia sfocia nell’Oceano Atlantico.

Il Gambia è il paese più piccolo dell’Africa, ha una superficie grande come l’Abruzzo, conta 2 milioni di abitanti e l’inizio di questo mese di dicembre sarà ricordato nella storia per un evento di portata eccezionale, considerato che siamo in Africa.

L’avvenimento in questione è il seguente: il padre padrone del Gambia, il tenente Yahya Jammeh, che da ventidue lunghi anni governava il paese in modo a dir poco autoritario, ha perso le elezioni e, nella sorpresa generale, ha accettato il verdetto delle urne.

Una cosa normale se non si fosse in Africa, dove è prassi che i presidenti dei vari stati modifichino a proprio piacimento le carte costituzionali al fine di assicurarsi rinnovi su rinnovi del proprio mandato.

E pensare che anche in questa campagna elettorale, come nelle precedenti, non erano mancati gli arresti e le intimidazioni nei confronti degli oppositori. Lo stesso Jammeh si era mostrato particolarmente spavaldo, tanto da dichiarare che sarebbe stato il presidente del Gambia “per un altro migliaio di anni”.

Le elezioni sono state vinte dall’imprenditore cinquantunenne Adama Barrow, con uno scarto circa 50 mila voti sul presidente uscente, dato fino alla vigilia del voto (avvenuto il primo dicembre) per favorito.

Barrow, del Partito Democratico Unico (PDU), è stato sostenuto da tutti i partiti dell’opposizione e si è aggiudicato la vittoria ottenendo il 45,5% dei voti mentre Jammeh si è fermato al 36,6%.

La vittoria di Barrow ha dell’incredibile anche perchè Jammeh, che in caso di vittoria avrebbe iniziato il suo quinto mandato consecutivo, era considerato dagli osservatori internazionali come una delle persone più potenti del Continente Nero.

Il neo presidente, intervistato da “Jeune Afrique” ha dichiarato che formerà un governo formato da tutti i rappresentanti dei partiti dell’opposizione e che non si sente affatto preoccupato per gli impegni che lo attendono.

Con riguardo ai molti prigionieri politici presenti nelle patrie galere del Gambia, Barrow ha detto di non essere al momento in grado di stabilire quando questi potranno essere liberati ed ha specificato che queste sono persone che “se sont battues pour leur pays : ils voulaient le changement et c’est pour cela qu’ils ont été mis en prison. Il doivent donc participer au changement que nous sommes en train de vivre”.

In Gambia un cambiamento ci deve essere: metà della popolazione vive sotto la soglia della povertà, l’economia del paese è retta dalle rimesse di denaro dei propri emigrati e la situazione economica generale va peggiorando di anno in anno.

Forse in Africa qualcosa sta cambiando e magari la frase pronunciato da Barrow “Je pense que Dieu m’a investi pour sauver la Gambie et initier un changement” si concretizzerà e contribuirà a modificare molte logiche sbagliate presenti in Africa.


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