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Politica & Istituzioni

Il governo va a casa: che fine fa la riforma del terzo settore?

I decreti legislativi di attuazione della complessa e tanto attesa riforma sono ancora in gran parte da scrivere e approvare. Per farlo c'è tempo fino a maggio 2017. Ma cosa accadrà con il prossimo governo? Nessuno lo sa. A rischio un pezzo importante del percorso di riforme per il Paese

di Gabriella Meroni

Ieri sera, nel suo discorso di commiato, il presidente del Consiglio dimissionario Matteo Renzi ha citato anche la riforma del terzo settore (insieme alle normative su dopo di noi, autismo, spreco alimentare), come buon esempio di una legislazione al servizio del paese. Ma ora che il suo governo è al capolinea, che fine farà quella legge tanto attesa? E i decreti legislativi di attuazione di cui si ha assoluto bisogno per completare il percorso tracciato fin qui? Se lo è chiesto tra gli altri l'esperto di non profit Carlo Mazzini, che nel suo blog mette in fila alcuni fatti.

Primo. L’unico decreto legislativo già terminato e in via di approvazione è quello sul servizio civile, mentre ne restano altri, anche decisivi, ancora da mettere a punto e votare: impresa sociale, 5 per mille, fisco del non profit, codice unico. E se per la stesura del decreto sull’impresa sociale i giochi sono quasi fatti, per gli altri si era in attesa. Il termine ultimo per l’approvazione dei decreti (che deve avvenire 45 giorni prima della scadenza di un anno dalla pubblicazione, avvenuta a fine giugno 2016, della legge a cui si riferiscono) non è né lontano né vicino: metà maggio 2017. Nel caso in cui non si vada ad elezioni e quindi si insedi un nuovo governo, quest’ultimo potrebbe ovviamente riprendere in mano il bandolo della matassa e portare a compimento la missione. Ma è chiaro che nessuno di noi ha la palla di vetro e quindi fare previsioni – a urne ancora calde, dimissioni appena date e incarico non ancora conferito – è quantomeno azzardato. Soprattutto nel caso che, dalle urne o per altre vie previste dalla Costituzione, emerga un governo non di centrosinistra. A oggi, quello sul futuro di questa riforma così importante (non solo per il terzo settore ma anche per il paese) è uno degli interrogativi più inquietanti emersi dal risultato del referendum.


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