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Cooperazione & Relazioni internazionali

Immigrati, i 96 miliardi di valore aggiunto

È il dato emerso da una ricerca Idos sull’imprenditoria dei nuovi arrivati in Italia. La crescita tra 2011 e 2015 è stata del 21%. Dominano le ditte individuali, ma è in forte aumento lo sviluppo transanazionale

di Redazione

Sono più di 550mila le aziende a guida immigrata in Italia alla fine del 2015, il 9,1% del totale, e producono 96 miliardi di euro di valore aggiunto, il 6,7% della ricchezza complessiva. È quanto emerge dal terzo Rapporto Immigrazione e Imprenditoria curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS realizzato in collaborazione con la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, che tramite il Patronato Epasa assiste numerosi cittadini immigrati, e con MoneyGram.

Se nell’ultimo quinquennio (2011-2015) il numero delle imprese registrate in Italia ha fatto rilevare un calo complessivo dello 0,9%, nello stesso periodo le imprese a guida immigrata sono cresciute di oltre il 21% (+97mila), Le imprese immigrate, invece, hanno fatto segnare andamenti positivi per tutte le forme giuridiche, con incrementi particolarmente sostenuti delle stesse società di capitale (+44,2% e +10,8% solo nell’ultimo anno): un promettente segnale di consolidamento delle struttura di impresa nazionale, favorito – a riprova di tutta l’importanza dell’indirizzo normativo – dall’introduzione della cd. “società a responsabilità limitata semplificata”.

Resta fermo, in ogni caso, il netto protagonismo delle ditte individuali: un tratto caratteristico del tessuto imprenditoriale italiano, che si accentua nel caso delle attività guidate da immigrati, tra le quali arrivano a coprire 8 casi su 10. Sono ancora relativamente poche, d’altra parte, le esperienze che si caratterizzano fin da subito per una preponderante vocazione innovativa e ad alto valore tecnologico. A fine 2015, su 5.143 start-up iscritte nell’apposita sezione del Registro delle imprese, sono solo 112 quelle con una compagine societaria a prevalenza immigrata, il 2,1% del totale, e 629 quelle con almeno un componente immigrato (12,2%).

Una carica innovativa invece emerge dalle storie imprenditoriali messe in risalto dal MoneyGram Award. Storie che evidenziano le ampie possibilità di sviluppo che possono discendere anche da esperienze inizialmente poco strutturate e che sottolineano, in particolare, il successo delle iniziative che puntano su un approccio transnazionale: attività che vanno dall’importazione dei prodotti dei Paesi di origine (generi alimentari, produzioni artigianali specifiche, cosmetici…), al commercio di corpi illuminanti per la nautica progettati in Italia e prodotti soprattutto in Cina, fino alla progettazione, realizzazione e commercializzazione di componenti per la refrigerazione e la climatizzazione destinati a trovare sbocco nei Paesi africani grazie all’utilizzo dell’energia solare (esperienza, quest’ultima, premiata nell’edizione 2016). Più in generale, ci dicono i pochi dati disponibili, circa un sesto delle imprese immigrate intrattiene rapporti con l’estero (16%, secondo il Cnel, 2011).


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