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Se lo condividi il pane spezzato è più buono dell’aragosta

Caritas Ambrosiana lancia per il quarto anno l'invito a condividere il pasto nel periodo delle feste con chi è in difficoltà. Una proposta che si fa pressante soprattutto in considerazione degli ultimi dati del Rapporto sulla povertà

di Antonietta Nembri

È l’immagine di un pane spezzato, da condividere quella scelta dalla Caritas Ambrosiana per lanciare la sua ultima provocazione: “Il pane spezzato è più buono dell’aragosta” con cui lancia la quarta edizione dell’iniziativa di condivisione per le feste di Natale.

Caritas Ambrosiana si rivolge ai milanesi e a quanti abitano nella diocesi perché aprano le porte di casa per condividere pranzi e cene, più o meno ricche e raffinate per chi si trova in difficoltà in questi giorni di festa.

In una nota si precisa che «sono graditi inviti a tavola per Natale, Capodanno e l’Epifania, ma sono ben accetti anche per i giorni che coprono l’intero periodo». Insomma i fedeli ambrosiani e non solo loro sono sollecitati ad aggiungere un posto a tavola per chi è in difficoltà.

I cittadini che intendono partecipare a “Il pane spezzato” devono dare la propria disponibilità, inviando una mail al Servizio Accoglienza Milanese (Sam) entro mercoledì 21 dicembre: sam@caritasambrosiana.it.

Saranno poi gli operatori di Caritas Ambrosiana a girare l’offerta alle persone che usufruiscono dei servizi di assistenza e a comunicare il nome dell’invitato a chi avrà aderito all’iniziativa.

L’ultimo Rapporto Povertà di Caritas Ambrosiana ha messo in luce proprio l’aumento della grave emarginazione. In un solo anno, tra il 2014 e il 2015, è cresciuto del 21,3% il numero dei senza tetto che si sono rivolti al Sam. Un dato che colpisce anche perché l’incremento riguarda gli italiani, essendo dedicato a loro questo servizio specifico, e che trova conferma nell’aumento complessivo dei nostri connazionali che ormai rappresentano il 40% degli utenti dei centri di ascolto parrocchiali.

In quell'occasione il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti sottolineava il fatto che «La crisi è stata un terremoto sociale: ha aperto una faglia dentro la quale sono finiti quelli che avevamo definito equilibristi, persone che stavano sospese sulla soglia delle povertà. Oggi sono proprio loro, in genere italiani ultracinquantenni, a fare più fatica a risalire dal baratro in cui sono caduti. Costoro sono anche le persone che hanno maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro e per questo vanno aiutate a recuperare il reddito, come si sta iniziando a fare coi nuovi provvedimenti del Governo, che valuteremo con attenzione. Subito dopo vengono i giovani che hanno lavori tanto precari e intermittenti che non riescono a sostenere i costi degli affitti, tantomeno accendere un mutuo, specie nelle aree urbane. Per loro andrebbe fatta innanzitutto una politica della casa all’altezza della situazione».

L’impoverimento è confermato anche a livello nazionale dall’Istat secondo cui proprio nel 2015 è stato registrato il picco più alto degli ultimi 10 anni di povertà assoluta con 4,5 milioni di individui (1 milione e 582mila famiglie) che non riescono ad accedere al paniere di beni e servizi essenziali.

In apertura foto di Mike Kenneally/Unpslash


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