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Sostenibilità sociale e ambientale

Dagli oli al fotovoltaico, come tira il made in Italy del riciclo

La Relazione sullo stato della green economy del 2016 rivela come il modello dei consorzi ponga il nostro Paese all’avanguardia in questo settore

di Sara Bragonzi

La green economy non solo conviene ma quella italiana è un’eccellenza a livello europeo in molti settori, anche se la percezione che il Paese ha del fenomeno è del tutto diversa. Nel consumo di energia da fonti rinnovabili, nel riciclo dei rifiuti speciali, nelle emissioni procapite nei trasporti e nel settore dei prodotti agroalimentari di qualità certificata il nostro Paese è al primo posto tra le
principali economie europee (Germania, Regno
Unito, Francia, Spagna).
Come dettagliatamente documentato nella “Relazione sullo stato della green
economy 2016”, l’Italia è poi
al secondo posto per l’efficienza energetica, nella produttività delle risorse e nell’agricoltura biologica che copre oltre l’11% della superficie agri- cola utilizzata, ben superiore alla media europea.

La raccolta e il riciclaggio dei rifiuti è forse l’attività più nota del vasto mondo della green economy e proprio da qui vengono due best practice che sono un modello a livello europeo. In questo campo, tra i pionieri, c’è il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati. Nel solo 2015 sono state raccolte oltre 166mila tonnellate di olio lubrificante usato, ovvero il 43% del totale immesso al consumo in Italia, un dato vicino a quanto potenzialmente raccoglibile. Il 99% di quanto raccolto è stato avviato al riciclo tramite rigenerazione con la produzione di 100mila tonnellate di basi rigenerate e 42mila tonnellate di prodotti come bitumi e gasoli; solo la restante frazione troppo inquinata è stata smaltita per termodistruzione. La raccolta e la rigenerazione degli oli usati permette un risparmio sulla bolletta petrolifera italiana di circa 50 milioni di euro all’anno. In ben 31 anni di attività la rigenerazione dell’olio lubrificante usato ha consentito, ad oggi, un risparmio economico di 3 miliardi di euro mentre le imprese che vi lavorano alimentano una filiera che produce occupazione nel nostro Paese.

Altro esempio positivo è Consorzio Obbligatorio batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi. Cobat dalla sua nascita nel 1988 e fino alla trasformazione in consorzio volontario del 2008 quando è stato affiancato da altri competitori, ha svolto in Italia un importante ruolo di tutela ambientale garantendo la raccolta e il corretto riciclo del 99% delle batterie esauste prodotte. Oltre a evitare i danni ambientali derivati da un rifiuto altamente pericoloso per l’ambiente il riciclo ha portato a circa 110 milioni risparmiati sulla bilancia commerciale nazionale nell’acquisto di piombo, materia prima utilizzata essenzialmente per produrre nuove batterie, pari a una miniera lunga 20 chilometri. Nel 2015 la raccolta è stata di oltre 126 milioni di kg in tutta Italia, il 53% di quanto immesso al consumo . Alle iniziali batterie al piombo Cobat ha affiancato negli anni il recupero e riciclo nei 27 impianti di trattamento e recupero sparsi su tutto il territorio nazionale anche pile e accumulatori, Raee Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, pneumatici. Inoltre ha costituito la prima filiera per la raccolta e il riciclo dei pannelli fotovoltaici giunti a fine vita che ha portato alla raccolta di circa 56mila kg di moduli nel 2015.


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