Politica & Istituzioni

Sapelli: «Brexit? Una cosa positiva»

Lo storico ed economista italiano non ha dubbi: «Siamo di fronte ad una scelta presa dal nazionalismo dei poveri e dei declassati, altro che populismo. Ora bisogna mettersi intorno a un tavolo per decidere il futuro»

di Lorenzo Maria Alvaro

Nella notte Londra ha dato uno scossone all’Unione Europea. A sorpresa il referendum sulla Brexit vede imporsi il Leave con il 51,9% al Remain che si ferma al 48,1%. Il Regno Unito da oggi non è più Unione Europea. Un risultato che ha visto un’affluenza altissima: ha votato il 72,2% dei cittadini. David Cameron in mattinata ha annunciato che entro ottobre si dimetterà per garantire alla Gran Bretagna una nuova guida che negozi l’uscita dall’Unione. Su tutti i giornali europei i toni sono allarmistici, con toni da tragedia. Di diverso avviso invece lo storico ed economista italiano Giulio Sapelli.


Come ha accolto la notizia della Brexit?
È una cosa positiva a mio avviso. Ma non si deve parlare di populismo. Qui non c’è nessuno populismo. È la vittoria del nazionalismo dei poveri e dei declassati. Devo dire che la matrice della Brexit sono state le parole sprezzanti di Schauble che, alla vigilia del voto, ha detto, parlando di mercato, “chi è fuori è fuori” in spregio a tutti i trattati internazionali che dicono che dal punto di vista commerciale con l’Uk non cambierà nulla. Parole, per altro, riprese anche da Juncker.

È sorpreso dal risultato?
No, a mio avviso era inevitabile. Questa vittoria del Leave è stato dettato dalla spinta della disuguaglianza.

Quali saranno le conseguanze?
Molto semplici: svalutazione della sterlina, volatilità degli asset inglesi, speculazione su questi asset. La banca centrale inglese comunicherà un aumento dei tassi già questa mattina. Non può fare diversamente per evitare l’inflazione. Niente di stravolgente o catastrofico. Niente che non si riequilibri con un po’ di tempo.

E per l’Italia cosa cambia?

Anche per noi non cambia niente. I nostri rapporti con la Gran Bretagna valgono appena il 3%. C’è solo una eventualità che bisogna scongiurare…

Quale?
Bisogna fare di tutto perché l’Inghilterra, intesa come mercato, non si allontani troppo dell’Europa per guardare l’Asia. Sarebbe un fatto divisivo per l’Occidente.

Qual è il dato politico di questo referendum?
Che senza una Magna Charta l’Europa non va da nessuna parte.

È cominciato il tam tam mediatico sull’inabissamento delle borse. I toni sono drammatici. È sicuro che non cambi proprio nulla?
Le borse perdono certamente. Piazza Affari perde il 14%. Sono momenti di panico. Ma il panico passa e la borsa si risolleva. Ricordiamoci che i motivi che determinano la recessione nella zona Euro sono altri. In primo luogo la politica economica tedesca.

C’è il rischio che la recessioni aumenti?
Avremo un fenomeno diverso da prima. Quello che è capitato fino ad ora con la finanziarizzazione è l’eccesso di liquidità. Con la Brexit invece avremo scarsezza di liquidità perché tutti investiranno in beni rifugio e asset sicuri. Per assurdo l’UK troverà nuovo slancio, perché non sarà imbrigliata nell’eccesso di burocrazia europea.

Molti nomi del giornalismo italiano imputano le difficoltà europee alla mancanza di leader. È d’accordo?
Certamente non ci sono leader europei. La Merkel non lo è. È un commissario di strada della Germania est, sia come stile che come abbigliamento. Hollande non ne parliamo. Renzi non mi pare all’altezza anche se rimane l’unico che dice cose giuste.

Un’altra critica che si muove alla scelta inglese è che è stata presa dai pensionati, mentre i giovani votavano per rimanere. Una scelta vecchia insomma. È così?
I pensionati sono la maggioranza della popolazione dei paesi e ricordano l’Inghilterra che fu. I giovani sognano invece un Europa che non c’è. E poi, si fidi, pochi anni e anche questi giovani si sarebbero ricreduti.

Ora l’Unione che fa?
A questo punto bisogna mettersi intorno a un tavolo e capire se vale la pensa mantenere l’Euro e se non sia intelligente avere un sistema all’americana, con liberà di bilancio per gli Stati.

Immaginare un Europa mediterranea, che rinunci anche alla Germania, è utopia?
La Germania non si può lasciare da sola perché la storia ci insegna che finisce per fare la guerra. E ricordiamoci che esporta 4 miliardi di euro in armi l’anno. Ricordiamoci della storia. I tedeschi è sempre meglio se sono circondati. Teniamoli nella gabbia di ferro europea.


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