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Carcere: un Imam insegnerà agli agenti a riconoscere i potenziali terroristi

Il Ministero della Giustizia ha nominato il religioso marocchino Youssef Sbai docente alla Scuola degli Agenti Penitenziari. È la prima volta che accade. Scopo: consentire agli agenti di riconoscere tra i detenuti atteggiamenti di radicalizzazione, proselitismo e istigazione alla violenza

di Gabriella Meroni

Si chiama Youssef Sbai, ha 56 anni ed è originario del Marocco, anche se vive a Massa da 34 anni. È lui, ex vice presidente nazionale dell'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche in Italia, di cui è stato cofondatore, il primo docente di fede musulmana ad entrare nelle scuole italiane di Polizia Penitenziaria, per iniziativa del ministero della Giustizia.

Il suo compito è preciso: dovrà insegnare i principali elementi dell'islamologia al personale di polizia penitenziaria con l'obiettivo di consentire agli agenti di riconoscere tra i detenuti atteggiamenti di radicalizzazione, proselitismo, istigazione alla violenza e atteggiamenti di odio nei confronti della cultura occidentale. Scopo dell'iniziativa è anche quello di permettere ai detenuti di esercitare liberamente la propria religione in carcere, senza però strumentalizzarla a proprio favore. «I detenuti spesso usano la "scusa" della preghiera per sottrarsi ai loro compiti o doveri» spiega ad esempio Sbai. «Per questo insegnerò alle guardie i reali diritti di un fedele e alcuni segnali, o campanelli d'allarme per la radicalizzazione e la cultura dell'odio occidentale». Musulmano sunnita, nella vita Sbai è imprenditore del settore lapideo e Imam della comunità islamica del territorio massese.


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