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Politica & Istituzioni

Azzardo. Allarme della Consulta Antiusura: vogliono la resa degli enti locali

Questa mattina si terrà la Conferenza Unificata Stato-Regioni convocata sulla tema dell'azzardo. Il timore della società civile è che si voglia togliere potere a sindaci e regioni. Ecco l'appello di Monsignor D'Urso, presidente della Consulta

di Monsignor Alberto D'Urso

La Consulta Nazionale Antiusura esprime una netta critica alla proposta del Governo alle Regioni e ai Comuni per la regolazione del gioco d'azzardo sul territorio. A questo proposito una bozza di "accordo", inspiegabilmente tenuta "riservata" davanti all'opinione pubblica, presenta passaggi anche inquietanti.

In primo luogo, equivocando sull'espressione "riduzione dell'offerta di gioco", si confonde l'esigenza – ormai drammatica – di un ritorno indietro da un'inflazione spaventosa di azzardo con la ipotizzata mera "sostituzione" degli strumenti tecnologici (slot machine) e la loro concentrazione in cosiddette "sale di tipo A", in pratica si promuoverebbero, su decisione pubblica, degli esercizi commerciali esclusivamente o prevalentemente dedicati al funzionamento di slot machine (insieme a altri "giochi").

Ridurre il numero di apparecchiature, infatti, non equivale a ridimensionare la quantità di gioco d'azzardo: basta attivare maggiori prestazioni con nuovi strumenti (nella bozza circolata si dice "upgrade tecnologico") e i livelli conseguiti con 397.211 slot machine (attive al novembre scorso) si possono anche superare con le 264.674 "contingentabili" a seguito di un accordo in Conferenza Unificata.

Non solo con nuove piattaforme "performanti", ma anche – e soprattutto – con la sottrazione alla potestà regolamentare dei Comuni e a quella legislativa delle Regioni (altro punto chiave della bozza) con un 30 per cento in meno di strumenti si può marciare verso nuovi traguardi di crescita.

Insomma, un rimedio peggiore del male: gli esercizi "di tipo A" potranno offrire azzardo anche accanto a luoghi sensibili e ultrasensibili (scuole, ospedali, uffici postali, oratori, chiese, centri giovanili, giardini pubblici con attrezzature di gioco per bambini ecc. ecc.). E i Comuni, notiamo con sconcerto, non potranno più ostacolare tale deriva, al di là dei danni che venissero arrecati alle comunità locali.

Basta questo "dispositivo" a smascherare il castello dell'evocato "accesso selettivo all'ingresso della sala". Con 18mila locali siffatti e con gli altri che offrono le restanti e numerose tipologie di gioco (scommesse, altri apparecchi da puntata di azzardo, gratta e vinci, 10 e lotto, superenalotto ecc. ecc.) l'offerta di gioco d'azzardo continuerà a gettare la sua rete capillarmente, con invariata aggressività, sfuggendo in larga parte ai controlli.

Ma a peggiorare la situazione, i Comuni non potranno intervenire neppure dinnanzi a gravi effetti sulla salute, sulla socialità, sulle fasce deboli della popolazione.

Infine, un dettaglio solo in apparenza secondario e curioso: il cambiamento di terminologia. In origine furono chiamati (legge Finanziaria 2003) "videogiochi a gettone", poi li si denominò "apparecchi da intrattenimento" (da art. 110 comma 6 del diritto di polizia) e li si commercializzò come "newslot". Nella bozza si ricorre a un acronimo, che tradotto nelle parole di rimando – AWP, in inglese "divertimento con premio", Amusement with price – evocano soavità, ricreazione, e dunque innocuità. Come sempre l'impostura viaggia sulle parole contraffatte. Anche in spregio alla corretta scrittura in italiano comprensibile di leggi e regolamenti.


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