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Colossi americani dell’Hi-Tech: «L’immigrazione è una risorsa»

Google, Amazon, Apple, Microsoft e tante altre aziende della Silicon Valley si scagliano contro Donald Trump e presentano un esposto alla Corte d’Appello: «questo ordine anti-islamico viola le leggi sull’immigrazione e la Costituzione e infligge danni significativi all’economia americana»

di Anna Spena

I giganti della tecnologia americana sfidano Donald Trump in tribunale. Aveva già espresso il loro disappunto sul Muslim Ban promosso dal presidente degli Stati Uniti che vieta l’ingresso negli Usa a persone provenienti da sette Paesi a maggioranza islamica: Siria, Libia, Yemen, Sudan, Somalia, Iran, Iraq.

Il provvedimento per il momento è bloccato dal tribunale federale di Seattle, su richiesta del Minnesota e dello Stato di Washington, mentre la Corte d'Appello ha temporaneamente respinto il ricorso del Governo. Ma adesso la protesta da parte di 97 colossi tecnologici della Silicon Valley, tra cui Apple, Facebook, Google, Microsoft, Netflix, Twitter è diventata ufficiale.

Il documento presentato presso la Corte d’Appello federale per il IX Circuito per il Distretto Occidentale dello Stato di Washington, ha assunto la forma di un “amicus brief”. Vale a dire di un esposto a sostegno di una maggiore informazione dei magistrati, presentati da terzi, che intervengono in un giudizio per esporre pareri su questioni di diritto o di fatto.

Nella memoria infatti si afferma che l’odine anti-islamico: «viola le leggi sull’immigrazione e la Costituzione e infligge danni significativi all’economia, all’innovazione e, di conseguenza, alla crescita americana». I firmatari poi sottolineano come gli immigrati «sono autori delle più importanti scoperte per la Nazione ed aiutano a creare alcune delle società più innovative ed emblematiche del Paese».

«Gli immigrati o i loro figli hanno fondato oltre 200 delle società che fanno parte della classifica Fortune 500, comprese Apple, Kraft, Ford, General Electric, At&t, Google, McDonald's, Boeing e Disney», si legge nel documento, in cui si precisa che tra immigrati e rifugiati ci sono stati scrittori, professori e premi Nobel. Secondo le stime, il 37% della forza lavoro della Silicon Valley è nato fuori dagli Stati Uniti.


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