Cooperazione & Relazioni internazionali

Un futuro incerto attende il campo profughi di Dunkerque

A Grande-Synthe il centro aperto dall'amministrazione comunale con Medici senza frontiere nel marzo del 2016 per rispondere all'emergenza di Calais oggi è sovraffollato, le baracche si sono ammalorate e non mancano violenze. La denuncia su The Guardian e le Monde. Il quotidiano francese ha interpellato il sindaco che spera di ricevere nuovi rifugi pià adatti al clima della zona

di Antonietta Nembri

“Incertezza sul futuro del campo migranti di Grande-Synthe” questo il titolo che l’edizione online di Lemonde.fr dedica alla situazione che si sta vivendo nel grande campo della Linière aperto quasi un anno fa alla periferia di Dunkerque. Oggi si parla di sovraffollamento, dell’obsolescenza delle strutture e delle violenze che lì si perpetrerebbero ai danni delle donne.

I problemi del primo campo umanitario di Francia appaiono in controluce nelle richieste che il sindaco della cittadina alla periferia di Dunkerque, Damien Carême, che ha aperto il campo nel marzo dello scorso anno con Medici senza Frontiere (qui la news ), ha presentato alla locale prefettura il 14 febbraio per far sì che il campo possa entrare serenamente nel suo secondo anno di vita.

Il quotidiano francese segnala anche che alcuni giorni prima il britannico The Guardian aveva denunciato violenze e stupri tra i capannoni di questo luogo che accoglie i migranti in viaggio verso Londra. Una denuncia che le diverse ong presenti sul posto definiscono difficile sia da confermare sia da smentire, anche se ammettono che gli animi sono esacerbati e che la violenza è aumentata.

Attorno al campo molto è cambiato in questo anno: Parigi ha aperto un campo umanitario di transito nel novembre 2016, poche settimane prima la Jungle di Calais (una quarantina di km da Grande-Synte) era stata smantellata e di conseguenza alcune centinaia di migranti si erano diretti verso quest’unico luogo di accoglienza per adulti tollerato nel nord della Francia. «Oggi accogliamo 1.450 persone in un spazio previsto per molti meno, anche perché lo scorso autunno avevo fatto smontare dei capannoni» precisa il sindaco che si è impegnato con lo Stato a distruggere i rifugi in misura delle partenze.

«La sovrappopolazione e le condizioni dei capannoni hanno fatto sì che questo campo che rispettava le norme internazionali al momento della sua costruzione, ora non sia più a norma» dice con rimpianto Amin Trouvé Baghdouche, coordinatore generale di Médecins du mond nella zona del Nord-Pas-de-Calais.

Il sindaco Damien Carême che aveva ottenuto dopo dure lotte i finanziamenti per il funzionamento del campo (4 milioni di euro) si augura che lo Stato realizzi «dei nuovi rifugi, più duraturi; più adatti al clima e alle famiglie», quest’inverno, infatti, ha dovuto affrontare 29 intossicazioni da Co2 dovuti a riscaldamenti difettosi e a mezzi di riscaldamento precari.

La città si augura anche che lo stato ricominci a far uscire dal campo i migranti che chiedono asilo in Francia. «Sono 200 a voler partire per andare in un centro di accoglienza e orientamento ma nessuno è stato evacuato dopo lo smantellamento di Calais» si lamentano in comune. I posti liberi, infatti, vengono prioritariamente riservati a quanti escono dal campo di transito di Parigi.

Da parte sua l’associazione Ginecologia senza frontiere riconosce che alcune donne sono state effettivamente vittime di violenza. «Ma non indaghiamo per sapere se questi stupri hanno avuto luogo in occasione del tentativo di passare in Gran Bretagna quando poi le donne ritornano verso il campo o se queste violenze sono accadute all’interno del campo stesso» osserva Richard Mathis, vice presidente della ong presente al campo dal 2015. Non mancano poi le violenze coniugali al punto che l’ong ha messo a disposizione un appartamento che permette di mettere in sicurezza le vittime.

In apertura foto di Denis Charlette/Afp/Getty Images


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