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Milano, nuovo modello di welfare cercasi

In occasione del 6° Forum delle Politiche Sociali abbiamo misurato lo stato di salute del welfare meneghino. Scoprendo una città che si sta interrogando su come rendere efficienti le sue tante risorse e mettere davvero in rete amministrazione pubblica, profit e non profit. Con gli interventi di Luciano Gualzetti, Aldo Bonomi, Paolo Petracca, Ivan Nissoli e Stefano Granata

di Redazione

Si apre domani a Milano il 6° Forum delle Politiche Sociali. «Un percorso di incontri pubblici per confrontarsi su sfide e opportunità del Welfare di oggi, ma soprattutto di domani», recita il claim dell’iniziativa fortemente voluta dall’assessore al Welfare del capoluogo lombardo, Pierfrancesco Majorino (qui il programma). Un’occasione per fare un check allo stato di saluto del welfare meneghino. Partendo da qualche numero: Milano è prima per distacco fra le grandi città per spesa comunale per il sociale pro capite 239 euro (dato Istat) ed è al secondo posto assoluto nella classifica della qualità della vita e nella sottocategoria “Servizi-Ambiente-Welfare” (Sole 24 Ore). Tutto bene dunque? Fino a un certo punto. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio diocesano sulle povertà della Caritas Ambrosiana parla di una crescita esponenziale degli italiani che si rivolgono ai centri di ascolto delle parrocchie che ormai hanno raggiunto il 40% del totale e di un aumento del 21% dei senza fissa dimora.

Arriviamo alla sesta edizione e vogliamo rafforzare ancora di più il carattere di libertà e curiosità che ci ha accompagnato in questi anni. Non esiste in Italia (e ne andiamo un po' fieri) un'altra occasione simile. Quella nella quale il mondo del sociale incontra se stesso e si confronta con la città. Saranno 8 giornate di lavoro belle e intense. Più di 40 appuntamenti, oltre 250 relatori invitati e centinaia di portatori di una bellissima ossessione: quella della cittadinanza attiva, del riscatto, della giustizia sociale.

«Noi ci siamo e ci saremo, ma la carità non può sostituirsi alla politica», ha fatto notare il numero uno della Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti che ieri è intervenuto all’incontro Città Diseguali-la sfida delle periferie e della loro gestione promosso dai giovani bocconiani di nexPa».

Il sociologo Aldo Bonomi interverrà domani nell’incontro di apertura del Forum (con lui ci sarà fra gli altri anche il direttore di Vita, Riccardo Bonacina). «Il modello su cui è stato costruito il “mito” del welfare ambrosiano, ovvero quello dell’incontro fra un centro città borghese accogliente nei confronti delle plebi che arrivavano dalle periferie della città e del mondo, non esiste più: Milano è diventata una città dei flussi. La sfida è quella di includere i nuovi soggetti che arrivano in un contesto in cui anche la borghesia si sta impoverendo e sta lasciando il centro». Il rischio nel ragionamento di Bonomi è quello di cadere in uno scontro fra poveri. Per evitarlo occorre quindi che la città si doti di strumenti e meccanismi di intervento innovativi.

Del resto Milano rimane una città con risorse importanti (nel budget previsionale del Comune per il 2017 i Fondi sociali ammonteranno a 232 milioni) : pensiamo solo al numero di imprese presenti sul territorio, sia locali sia multinazionali, alla presenza di una piattaforma filantropica come Fondazione Cariplo (1,2 miliardi di euro distribuiti in 25 anni di attività solo nella città di Milano) o a un Terzo settore che conta oltre 21.300 soggetti organizzati in impresa, 61mila addetti e 241mila volontari.

Paolo Petracca, guida delle Acli milanesi e portavoce del Forum del Terzo settore cittadino (anche lui sarà uno degli speaker del convegno di apertura) parla di un sistema Milano che «può contare su basi ancora solide a partire dagli enti ecclesiali come la don Gnocchi e la Sacra Famiglia, la stessa Fondazione Cariplo e realtà private come il Banco del Monte di Lombardia o la Microsoft con cui sia il Terzo settore, sia il pubblico si stanno e sempre più si dovranno confrontare in modo sempre più stretto». Le parole d’ordine sono coprogettazione e corresponsabilità. «C’è molto da fare e le periferie, in ragione anche dei fondi pubblici che vi sono stati destinati, saranno un banco di prova importante: i tavoli di confronto vanno bene, ma non possono bastare, ora è venuto il momento di passare alla pratica», conclude Petracca.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente del Ciessevi (il Centro servizi al volontariato milanese) Ivan Nissoli che parla apertamente della città degli Sforza come un possibile nuovo laboratorio del welfare: «La crisi economica ci impone di sperimentare strade nuove, come quella dell’impresa sociale disegnata dalla Riforma del Terzo settore che in questa città può trovare applicazione in diversi campi». Dal welfare aziendale all’housing sociale passando per le politiche giovanili o l’accoglienza – o meglio l’integrazione – dei migranti.

Il presidente del più importante network di cooperative e imprese sociali italiane (Cgm), il milanesissimo Stefano Granata (nato e cresciuto nella periferie del Giambellino, dove ancora abita) concorda sulla necessità di ripensare a una macchina organizzativa di fornitura del welfare «in cui pubblico e privato remino nella stessa direzione e l’esempio del portale wemi.milano.it è senz’altro meritevole di grande attenzione». Ma al contempo lancia un monito: «Perché la macchina sia davvero efficiente occorre che a partire dagli assessorati e seguendo con i soggetti privati profit e non profit non ci si faccia concorrenza gli uni con gli altri e perché sia così occorre che ci sia massima trasparenza e condivisione sui target e sugli interventi, a partire dalle banche date, oggi non è ancora così».

Nella foto: richiedenti asilo siriani nella stazione metropolitana della Stazione Garibaldi


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