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La Corte Ue: “Stati non obbligati a concedere visti umanitari”

Il 18 ottobre 2016 l’ufficio per gli stranieri belga ha respinto la domanda di asilo di una famiglia siriana. Secondo la Corte «consentire a cittadini di Paesi terzi di presentare domande di visto finalizzate ad ottenere il beneficio di una protezione internazionale nello Stato membro di loro scelta lederebbe l'impianto generale del sistema istituito dall'Unione per determinare lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale»

di Anna Spena

Il 18 ottobre 2016 l’ufficio per gli stranieri belga ha respinto la domanda di asilo di una famiglia siriana. In particolare la vicenda riguarda una coppia e i loro tre figli piccoli, che il 12 ottobre 2016 avevano presentato domande di visti umanitari all'ambasciata del Belgio a Beirut, per ottenere visti con validità territoriale limitata, sulla base del codice dei visti dell'Ue, per lasciare Aleppo e presentare una domanda d'asilo in Belgio. Uno di questi aveva spiegato di essere stato sequestrato da un gruppo armato, percosso e torturato, e di essere stato liberato su pagamento di riscatto.

Nella richiesta si insisteva in particolare sul degrado della sicurezza, segnalando inoltre che appartenendo alla confessione cristiana ortodossa, rischiavano di essere oggetto di persecuzione.

La motivazione del rifiuto è stata che con la richiesta di un visto con validità territoriale limitata per presentare una domanda d'asilo in Belgio, la famiglia siriana avrebbe potuto esprimere la volontà restare in Belgio per un periodo superiore a 90 giorni. Partì un ricorso e quello stesso giudice che aveva negato la richiesta d’asilo si è rivolto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Così la corte ha sentenziato:

«Gli Stati membri non sono tenuti, in forza del diritto dell'Unione, a concedere un visto umanitario" ai profughi che "intendono recarsi nel loro territorio con l'intenzione di chiedere asilo, ma restano liberi di farlo sulla base del rispettivo diritto nazionale. Il diritto Ue stabilisce solo le procedure e i requisiti per il rilascio dei visti di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri della durata massima di 90 giorni».

La sentenza, che questa volta è definitiva, è destinata a fare giurisprudenza e va nella direzione decisamente opposta al parere – non vincolante – emesso dall'Avvocato generale della Corte Ue di Lussemburgo del 7 febbraio, Paolo Mengozzi, secondo il quale invece i Paesi erano obbligati.

In particolare, secondo la Corte Ue, «consentire a cittadini di Paesi terzi di presentare domande di visto finalizzate ad ottenere il beneficio di una protezione internazionale nello Stato membro di loro scelta lederebbe l'impianto generale del sistema istituito dall'Unione per determinare lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale».


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