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Baretta: «Sull’azzardo, società civile protagonista del vero cambiamento».

«In tre anni, punto a dimezzare i punti gioco. Passeremo dagli attuali 96 mila a circa 40-45mila...». Un'intervista a tutto campo su orari, distanze, slot, tabacchi e quant'altro con il sottosegretario all'economia, con delega ai giochi, Pier Paolo Baretta, che evidenzia «il contributo della società civile nel ridefinire i termini del problema»

di Marco Dotti

«La società civile ha cambiato i termini del problema, ha fatto capire che intervenire sull'offertà è fondamentale, per limitare i danni che colpiscono, prima di tutto, il legame sociale». Così Pier Paolo Baretta, sottosegretario all'economia, con delega ai giochi, racconta che cosa è cambiato, in questi anni, sul tema del contrasto all'azzardo. Una strategia bottom-up, dal basso verso l'alto, promossa dalle reti della società civile che ha immediatamente attirato l'attenzione degli enti locali e con la quale, oggi, anche le istituzioni centrali si trovano a confrontarsi. Ne parliamo in questa intervista esclusiva con il sottosegretario Baretta. Una strategia alla quale è interamente dedicato il numero di marzo di Vita, da sabato 11 in edicola (e acquistabile sul nostro store: qui).

Ridefinire i termini del problema

Nel mese di febbraio lei ha accolto una nostra proposta: pubblicare la bozza/documento di lavoro sulla quale il Governo ha chiesto un accordo con gli enti locali, evitando in tal modo "dietrologie e invitando all'esercizio, difficile magari ma non confinabile in moralismi e tecnicismi, della critica. Può raccontare ai nostri lettori che cosa l'ha spinta a accogliere questo invito? A noi pare una svolta o, comunque, un'innovazione di metodo molto importante…
Ho accolto volentieri la proposta arrivata da Vita e, in particolare, da lei perché, sinceramente, forse per abitudine, davo per scontato che la materia fosse conosciuta. Ma riflettendo ho capito che non è la stessa cosa che si assuma come metodo il fatto che un testo venga reso ufficialmente pubblico e su quel testo si possa, altrettanto pubblicamente, intervenire avviando un dibattito, per discuterlo, correggerlo, criticarlo o quant’altro. La proposta, secondo me, è stata molto importante proprio perché tocca un settore così delicato come quello del gioco, che coinvolge molti interessi economici, ma soprattutto moltissime e davvero cruciali esigenze di carattere sociale. Il metodo qui è sostanza. Credo pertanto possa essere davvero utile che diventi un metodo di lavoro presente e futuro, sopratutto sulle materie socialmente sensibili. Anche perché oramai il mondo dell’associazionismo, del terzo settore e del sociale in genere ha maturato una coscienza critica del problema molto alta.

Per come è andato avanti negli anni scorsi il dibattito, la società civile, il terzo settore e tutte le realtà che sono particolarmente attente alle derive patologiche dell’azzardo e ai suoi risvolti sociali, economici e educativi fanno fatica a farsi l’idea che il Governo sta cambiando linea.
Al contrario, poter discutere apertamente su una piattaforma comune o comunque, come dice lei, a carte scoperte è fondamentale per dare il segno tangibile di questo cambiamento. Ecco perché credo sia davvero arrivato il momento di stabilire una nuova forma di controllo e di stimolo reciproco alla riflessione e all’azione. Le faccio un esempio: proprio sentendomi in accordo con il sentire comune, quando si è verificato il sisma a Amatrice, io mi sono opposto fermamente al fatto che, per finanziare la ricostruzione, si ampliasse l’offerta di gioco. Avremmo fatto lo stesso errore tragico commesso durante il terremoto dell’Abruzzo quando, per finanziare la ricostruzione, abbiamo inondato l’Italia di videolotteries. Dico questo, per far capire che qualcosa è cambiato nella mentalità di Governo e non sono cambiamenti da poco. Se leghiamo questo cambiamento, alla maturità che la società civile ha acquisito sul campo, sul tema del contrasto all’azzardo di massa, possiamo davvero ottenere risultati insperati.

La società civile ha capito da tempo che il bene intaccato dal flusso di denaro movimentato dall’azzardo è in primo luogo il legame sociale.
Le va infatti riconosciuto il merito di aver posto il problema in un’ottica nuova, che tiene conto di una complessità là dove invece molti tentavano di banalizzare la posta in gioco. Sul legame sociale non si scherza.

Clicca qui per leggere la "Proposta del Governo alla Conferenza unificata del 2 febbraio 2017".

Una partita difficile

Lei ha giocato – mi passi il termine – molte partite cruciali per il Paese: Popolari, Mps… Temi molto difficili, spinosi. Quali specificità – critiche e magari anche positive – ha trovato nel dossier dell'azzardo legale?
Se penso al dossier banche, è chiaro che gli interessi in gioco sono, probabilmente, ancora più rilevanti dal punto di vista economico-finanziario, ma il pubblico, la gente comune in quel caso rischia di essere spettatore. Mentre nel caso del gioco, vuoi perché il fatturato e la spesa è veramente enorme (95miliardi), vuoi perché tocca nel vivo il legame sociale la gente è davvero protagonista di questo dossier. La responsabilità, nel trovare soluzioni, è ancora più alta e ancora più difficile. Inoltre, mentre su altri temi le competenze dello Stato e degli enti locali sono più regolatorie che altro, nel caso del gioco l’ente locale è in prima persona coinvolto – perché l’impatto sulla vita, la salute e la sicurezza dei cittadini è notevole – e lo Stato ha una responsabilità perché è il gestore delle concessioni…

Facciamo un passo indietro, riavvolgiamo il nastro: da dove si è partiti, che cosa è stato fatto in questi anni di confronto e talvolta di scontro con gli enti locali e le regioni?
Siamo partiti due anni fa, sulla base di un’indicazione del Parlamento che, giustamente, pose all’attenzione del Governo l’esigenza di riorganizzare il settore dei giochi. Si era creata una situazione anomala: mossi dalla giusta esigenza di combattere l’illegale, alla fine si era davvero esagerato con la diffusione del gioco legale. Bisognava ritrovare un equilibrio, non facile evidentemente.

Per quale ragione non lo ritiene facile?
Bisogna essere sinceri e ricordare che se, da un lato, questo settore porta nelle casse dello Stato entrate fiscali di 9 miliardi di euro, dall’altro proprio negli ultimi due anni è cresciuta una sensibilità sociale che ha posto il tema del gioco in un’ottica ben diversa da quella del passato. Proprio la presenza di questa nuova visione del problema, ha fatto sì che non potessimo più considerare il gioco pubblico solo e unicamente dal punto di vista delle entrate fiscali.

Nel frattempo sono passati due anni, dalla delega fiscale che aveva conferito mandato al Governo per intervenire…
Due anni nei quali gli enti locali hanno in qualche modo provveduto a iniziative di controllo molto differenziate tra i vari territori, con diverse tendenze. Dalla tendenza soft, alla tendenza no slot molto più rigorosa. Dato questo contesto, l’idea che mi sono fatto è che il contributo primo che potevamo dare era ridurre l’offerta di gioco.

Alla società civile va riconosciuto il merito di aver posto il problema in un’ottica nuova, che tiene conto di una complessità là dove invece molti tentavano di banalizzare la posta in gioco. Sul legame sociale non si scherza.

Pier Paolo Baretta

Distanze, orari, punti gioco: a che punto siamo?

Molte retoriche di “contrasto” insistevano sulla domanda – “responsabilizzare” i giocatori, fare prevenzione senza tra l’altro mai misurarne l’efficacia, etc. – mentre sappiamo che in queste forme di mercato (rigged markets), il controllo drastico dell’offerta è determinante…
Ci siamo infatti mossi partendo proprio da questa considerazione e dall’idea che il punto più critico dell’intero sistema fossero le slot machine, anche perché sono le più diffuse sul territorio italiano, quasi quattrocentomila. Strada facendo, però, ci siamo accorti che bisognava non solo ridurre il numero delle macchinette presenti nei vari locali o punti di gioco, ma anche regolamentare quegli stessi punti di gioco…

Quanti sono, attualmente, questi punti gioco?
Sono 96mila quelli abilitati a tenere delle slot. Francamente, è un numero esorbitante.

A che conclusioni è giunto il Governo?
La prima: abolire da subito la presenza di slot machine in alcuni punti pubblici come le spiagge, gli alberghi e altri punti che ho chiamato “generalisti secondari”…


E quanti punti gioco conta di ridurre così?
… Immediatamente, appena entrerà in vigore il provvedimento prevedo 8mila punti in meno.

Molto si è dibattuto se toglierle da bar e tabacchi e alla fine…
Alla fine si è pensato di fare in modo che le slot machine siano presenti solo in punti molto qualificati, soggetti a robusti controlli, quindi prevalentemente le sale e quei pochi – penso – bar e tabaccherie che possano dotarsi di spazi adeguati e di locali separati rispetto all’area di libero accesso.

Che cosa pensa di ottenere con questo intervento?
In tre anni, punto a dimezzare i punti gioco. Passeremo dagli attuali 96 mila a circa 40-45mila…

Gli enti locali come hanno preso questa proposta?
Positivamente. Resta però il nodo di come si possa conciliare questa proposta con la collocazione fisica di questi luoghi e, di conseguenza, il tema delle distanze da altri luoghi definiti sensibili.

Sugli orari non ci sono contrasti?
No, su quello siamo tutti favorevoli a introdurre limitazioni orarie, prevedendo delle fasce orarie di interruzione del gioco durante la giornata, all’interno di un’apertura minima di 8 ore, indipendentemente dagli orari stabiliti per l’apertura delle sale e degli esercizi. Auspichiamo, inoltre, un’omogeneità nazionale nelle fasce orarie di apertura e chiusura, in modo da favorire un controllo anche da remoto dei casi di abuso.

Qual è la sua posizione sulle distanze?
Penso che non sia un tema che va scartato o trattato con sufficienza, bisogna però capire che nel momento in cui si dimezza il numero dei punti gioco il problema si relativizza oggettivamente. Anche qui, va trovato un equilibrio per evitare un effetto-eccesso che, magari, proprio usando le distanze porti a creare nelle periferie urbane dei veri e propri “quartieri a luce rossa del gioco”, cosa che trovo assolutamente sbagliata.

Si tratta dunque di operare una redistribuzione territoriale…
Esattamente, una redistribuzione che tenga conto delle esigenze di programmazione del territorio da parte degli enti locali, ma anche della necessità di non creare ghetti suburbani. Questo è il punto su cui stiamo cercando un’intesa con gli enti locali, attraverso una serie di aggiustamenti alla bozza.

Le norme regionali e gli interventi comunali sulle distanze possono anche essere un limite a un progetto di razionalizzazione, ma in questi anni sono state uno strumento importante di gestione del territorio…
Possono essere un limite alla razionalizzazione, ma sono anche un state proprio quello che lei dice. Anche, aggiungerei, un simbolo di un legittimo e pure giusto orgoglio da parte degli enti locali e di una gestione equilibrata del territorio. Io penso, però, che sia davvero possibile trovare un punto d’intesa, per esempio individuando quali sono le priorità e i luoghi davvero critici e sensibili – scuole e luoghi di culto – e capendo che le distanze non sono tutte uguali. I grandi centri storici, i paesi, i territori italiani hanno delle specificità e dobbiamo tenerne conto. Per questo propongo un atteggiamento molto pragmatico che segni però, finalmente, un vero passo in avanti e una svolta.

A chi obietta che si sta mettendo mano solo a una parte del problema, che cosa risponde?
Che questo è solo il primo passo e credo che vada vissuto come tale. Esiste il problema della pubblicità e, anche lì, un primo passo l’abbiamo fatto introducendo dei divieti, ma dovremmo andare – mia opinione – verso il divieto totale della pubblicità come per i tabacchi. Serve però un percorso per arrivarci. Esiste il problema del gioco online, ma anche lì ci arriveremo. Cominciamo dunque a portare a casa un primo risultato che dimostri l’inversione concreta di tendenza, in un aspetto specifico del problema che sono le slot e diamoci tutti – Governo, enti locali, terzo settore, società civile– una serie di appuntamenti e di obiettivi, ma con la necessaria gradualità che permetta di portarli a casa tutti quanti, altrimenti rischiamo di non ottenere nulla anche stavolta. Questo è un primo passo, ma stabiliamo subito altre scadenze e cominciamo a capire quali saranno i prossimi passi da fare. Soprattutto, cominciamo a muoverci. Tutti assieme.


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