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Pay by result per il reinserimento dei detenuti

Giovanna Melandri e Massimo Lapucci hanno presentato il risultato dello studio sui PbR al ministro della Giustizia Orlando che ha osservato che occorre passare «da un carcere di tipo fordista, che per casi diversi prevede trattamenti uguali, ad un carcere che invece individualizzi il trattamento e offra opportunità concrete di reinserimento».

di Redazione

Sono stati presentati da Giovanna Melandri e Massimo Lapucci, alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando i risultati dello studio di fattibilità “L'applicazione di strumenti pay by result per l'innovazione dei programmi di reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute” (In allegato il testo integrale dello studio). A realizzarlo Human Foundation e Fondazione Sviluppo e Crescita Crt, con l’apporto del Politecnico di Milano, dell’Università di Perugia e di Kpmg, con il supporto del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e la fattiva collaborazione della direzione dell’Istituto Lorusso e Cutugno di Torino.

La crescente limitatezza di risorse pubbliche per investimenti finalizzati alla sperimentazione di servizi di welfare innovativi è stato lo spunto di partenza di questo lavoro. Per sopperire alla scarsezza di risorse per l’innovazione sociale, il settore privato, collaborando con la pubblica amministrazione, può offrire un prezioso contributo ai processi di applicazione di nuove politiche per l’inclusione. Nella ricerca in particolare viene illustrata questa nuova modalità di collaborazione pubblico-privato nel settore delle politiche per il reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute

Il gruppo di lavoro, coordinato da Human Foundation, ha articolato una riflessione sulla coerenza e sulla fattibilità di un’iniziativa Pay by Result (PbR), finalizzata alla sperimentazione di un programma innovativo che favorisca il reinserimento dei detenuti. Alla base di questi strumenti, vi è l’idea di promuovere la sperimentazione di progetti altamente innovativi, orientati a generare benefici misurabili a vantaggio di una determinata popolazione target, ai quali possa essere associato un preciso valore finanziario, approssimato in termini di risparmi futuri rispetto agli attuali livelli di spesa per l’erogazione dei servizi: se la persona detenuta, al termine del percorso trattamentale e detentivo, non farà ritorno nel circuito carcerario, la Pubblica Amministrazione vedrà benefici in termini di risparmi rispetto a costi diretti. Pensiamo, ad esempio, all’eventuale minor numero di pasti da erogare, così come alla riduzione delle spese legate a garantire le misure di sicurezza nell’istituto. Vi sono, poi, benefici indiretti: la comunità godrà di un abbassamento del tasso di criminalità, sino ad arrivare ad un maggiore gettito fiscale laddove il detenuto venga impiegato stabilmente.

Solo nel caso in cui questi risultati siano effettivamente raggiunti e verificati da una terza parte indipendente, allora la PA ripagherà gli investitori privati che, di fatto, hanno anticipato il finanziamento per testare l’efficacia del progetto, riducendo per lo Stato il rischio d’investimento e l’inefficace dispendio dei contributi fiscali dei cittadini. Il ministro Andrea Orlando ritiene infatti che: «sia necessario passare da un carcere di tipo fordista, che per casi diversi prevede trattamenti uguali, ad un carcere che invece individualizzi il trattamento e offra opportunità concrete di reinserimento. Solo un sistema che assicuri il reinserimento sociale può infatti garantire la sicurezza pubblica. Auspico pertanto che a questo studio faccia seguito la sperimentazione pilota, da cui partire per rinnovare l’intero sistema penitenziario del nostro Paese. Il modello virtuoso presentato oggi può inoltre contaminare positivamente altri ambiti del welfare pubblico».

Si dice «convinta che questa sia la strada giusta per poter sperimentare servizi sociali fondamentali e innovativi, realizzando nuovi modelli applicabili in tutto il Terzo settore» anche la presidente di Human Foundation Giovanna Melandri che aggiunge: «A Human Foundation da tempo studiamo e proponiamo l'utilizzo di modelli finanziari che collegano l'investimento ai risultati sociali ottenuti (pay for result), grazie ai quali è possibile la collaborazione tra pubblico e privato secondo criteri di trasparenza e una maggiore efficienza dell’offerta ai cittadini. Sarebbe davvero un grande fatto se si cominciasse a sperimentare questo Sib (Social impact bond) per le politiche di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti».

«L’impact investing, anche grazie ad innovativi strumenti finanziari come i Social Impact Bond, è in grado di coniugare risparmi di spesa pubblica, tangibili risultati sociali e realistiche prospettive di ritorno dei capitali investiti nel tempo» ha sottolineato il segretario generale della Fondazione Sviluppo e Crescita Crt e vicepresidente di Social Impact Agenda per l’Italia Massimo Lapucci. «La Fondazione Sviluppo e Crescita – Crt è pioniera nello stimolare e proporre in Italia questo nuovo approccio all’investimento e le politiche di reinserimento sociale dei detenuti costituiscono un campo di sperimentazione ottimale nel contesto giuridico e del welfare italiano. Siamo particolarmente soddisfatti – specie nell'anno del decennale della Fondazione Sviluppo e Crescita Crt- di poter mettere per la prima volta al servizio del Paese e a beneficio della collettività un nuovo strumento per il sociale che auspichiamo possa essere presto replicato anche in altri ambiti di applicazione».

In apertura foto di Susana Fernandez/Unsplash