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Sud Sudan: migliaia di persone aspettano assistenza umanitaria

Migliaia di persone hanno camminato per giorni per sfuggire alle violenze del conflitto in Sud Sudan, e adesso hanno un disperato bisogno di acqua, cibo, ripari e assistenza medica, lo racconta Medici senza Frontiere

di Redazione

Sono circa 30mila le persone fuggite dai combattimenti nell’area di Wau Shilluk, in Sud Sudan e adesso hanno bisogno urgente di assistenza umanitaria. Medici Senza Frontiere, che fino a poco fa gestiva un ospedale in città poi evacuato a causa dei combattimenti e che ha avviato una risposta d’emergenza nei dintorni delle città di Kodok e Aburoch, dove si è radunata la popolazione sfollata, ha denunciato le condizioni disperate delle persone in fuga: “La maggior parte di loro ha lasciato dietro di sé tutti i propri averi. Hanno camminato per giorni per sfuggire alle violenze e ora hanno un disperato bisogno di acqua, cibo, ripari e assistenza medica.” Ha dichiarato Abdalla Hussein Abdalla, vice capo missione MSF in Sud Sudan.

Per settimane hanno ricevuto una media di circa due litri di acqua potabile a persona. Anche se negli ultimi giorni ci sono stati dei lievi miglioramenti, la quantità fornita resta comunque inferiore rispetto allo standard che sarebbe necessario per restare in salute in un contesto di emergenza. Tra le famiglie visitate da MSF, più del 90% non dispone di beni essenziali come teli di plastica per proteggersi dal sole o dal freddo durante la notte, taniche per raccogliere l’acqua potabile o pentole per cucinare.

MSF ha risposto all’urgente bisogno di cure mediche della popolazione sfollata aprendo un ospedale da campo con servizi ambulatoriali, degenza e pronto soccorso ad Aburoch, dove si sono stabilite più di 15mila persone. Due cliniche mobili stanno operando anche a sud di Kodok, dove parte dei profughi ha trovato riparo. Nelle ultime due settimane, MSF ha svolto circa 300 consultazioni al giorno, un numero di 6 volte maggiore rispetto a prima dell’evacuazione dell’ospedale di Wau Shilluk.

“I nostri medici vedono molti casi di infezioni respiratorie e diarrea acuta, in parte dovuti alle terribili condizioni di vita. Bambini, donne incinte e anziani sono particolarmente vulnerabili in queste situazioni,” ha raccontato Abdalla “Se non si costruiscono subito più latrine e non viene migliorato l’accesso all’acqua, crescerà il rischio di malattie trasmissibili tra la popolazione.”

Per la maggior parte delle persone che arriva da Wau Shilluk non è la prima volta. In molti vivevano nella città di Malakal ma sono stati costretti a fuggire a causa dei combattimenti. Alcuni hanno parenti nel Campo per la Protezione dei Civili di Malakal, creato dalla Missione delle Nazioni Unite per il Sud Sudan (UNMISS), ma non possono informarli sulla loro situazione attuale.

MSF è preoccupata per la scarsa assistenza umanitaria fornita e ribadisce il proprio appello a tutte le parti in conflitto perché garantiscano la sicurezza dei civili. “In molti non sanno dove stabilirsi perché temono che violenze future possano costringerli nuovamente alla fuga. È cruciale che vengano risparmiati da ogni altra violenza e che ricevano assistenza nei luoghi in cui hanno deciso di stabilirsi.”

MSF è riuscita a visitare Wau Shilluk a fine febbraio e di nuovo a inizio marzo, quando ha fornito assistenza a 47 persone all’interno o nei pressi della città, in particolare anziani e disabili che non erano riusciti a fuggire. Trentotto di loro sono stati portati al Campo per la Protezione dei Civili di Malakal su loro stessa richiesta. Gli altri civili rimasti in città hanno chiaramente bisogno di assistenza e protezione.

Durante l’ultima visita a Wau Shilluk, MSF è potuta rientrare nel proprio ospedale ed esaminare le condizioni della struttura. “Wau Shilluk è stato razziato di tutti i farmaci, inclusi quelli salva-vita, e delle forniture essenziali. Abbiamo lanciato un appello alle parti in conflitto perché rispettino lo status di protezione delle strutture mediche. Purtroppo, il nostro ospedale è in condizioni disastrose. Non ci sono più farmaci per la cura della tubercolosi, dell’HIV/AIDS e del kala azar” spiega Abdalla. “Se le strutture mediche non possono operare in sicurezza, l’intera comunità ne soffrirà.”

Foto: MSF


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