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Le regole della vita di Janusz Korczak

Come educare? Come amare il bambino? L’urgenza educativa si manifesta costantemente in un’epoca come la nostra in cui le figure tradizionali della politica, della cultura, della religione, sembrano non riuscire più a essere una guida ferma e sicura rispetto alle nuove sfide della società iperconnessa

di Pietro Piro

L’edizione in lingua italiana di un piccolo capolavoro di scrittura pedagogica dell’educatore e medico polacco Janusz Korczak (che la mattina del 5 agosto 1942 fu deportato nel campo di sterminio di Treblinka insieme a tutti i bambini ospiti dell’orfanotrofio ebraico del ghetto di Varsavia) Le regole della vita. Pedagogia per giovani e adulti, Mimesis, Milano 2017, tradotto da Izabela Stanecka e curato da Paolo Perticari, ci permette di ritornare su un tema essenziale: come educare? Come amare il bambino?

L’urgenza educativa si manifesta costantemente in un’epoca come la nostra in cui le figure tradizionali della politica, della cultura, della religione, sembrano non riuscire più a essere una guida ferma e sicura rispetto alle nuove sfide della società iperconnessa.

Per Perticari «l’urgenza, ancora oggi, è la dignità: difendere il bambino nell’attuale congestione democratica da chi lo educa, da chi lo ama; nei tempi troppo accelerati e decriptati delle merci, il diritto di ciascun bambino di forgiare la sua identità in modo personale e indipendente si perde» (p. 11). Il problema, dunque, sembra essere quello di riuscire a mantenere insieme amore e autonomia, educazione e senso di libertà: «bisogna amare il bambino, ma nello stesso tempo vigilare affinché questo amore non si ammorbi, impedendo la libertà e, cosa ancora più difficile per chi ama il bambino, la sua autonomia, la sua disobbedienza» (p. 13). Oggi ci si interroga sulla necessità dei no che aiutano a crescere, di sfide che devono essere proposte costantemente per evitare che lo stile consumistico trasformi il bambino in un pigro consumatore di merci e di vita.

Diverso era lo sfondo culturale in cui si muoveva Korczak. La pedagogia nera (vedi soprattutto: Katharina Rutschky, Pedagogia nera: fonti storiche dell’educazione civile, Mimesis, Milano-Udine 2015) impediva con i suoi metodi violenti e coercitivi di riconoscere i veri bisogni del bambino e Korczak invece, riusciva a porsi – anche grazie a doti di sensibilità personale straordinarie – proprio dalla parte del bambino, dei suoi bisogni, dei suoi desideri, dei suoi sogni.

È grazie a questa sensibilità e comunione di vita e di destino che può scrivere: «I giovani hanno il loro mondo, le loro preoccupazioni, le loro lacrime e le loro gioie, i loro giovani pensieri e la loro giovane poesia. Spesso si nascondono dagli adulti perché si vergognano, perché non si fidano, perché hanno paura di essere derisi. A loro piace ascoltare quando gli adulti discutono, perché sono curiosi, Vogliono conoscere le regole della vita» (p. 18). I giovani hanno bisogno di conoscere le regole della vita ma queste regole per essere trasmesse, devono incarnarsi in un adulto che sia capace di dare valore al mondo dei giovani, che non li riduca ad adulti non ancora sviluppati, che riconosca la specificità di quei bisogni.

Per Korczak «prima d’insegnare o suggerire risposte, bisogna capire, chiedere e indagare in profondità. Non bisogna immediatamente intervenire portando il nostro aiuto» (p. 23) è necessario aiutare a ricordare le fatiche fatte per acquisire le competenze che sembrano scontate per dare valore all’esperienza vissuta (p. 26) e non nascondere mai la verità (p. 33) perché solo la verità costruisce un’identità forte e responsabile (p. 118).

Per Korczak «in ogni uomo c’è un mondo intero» (p. 67) e questo mondo deve essere conosciuto dall’educatore prima di poter intervenire. Senza fiducia e conoscenza reciproca non si può intessere una relazione educativa (p. 104).

Korczak «pensava che tutti i problemi pedagogici potessero essere risolti solo grazie alla partecipazione attiva dei bambini, in quanto soggetti; non credeva fosse possibile imporre loro, dall’alto, un sistema di valori. I valori dovevano maturare all’interno della persona, tramite errori e correzioni» (p. 114) e che «Il bambino è uno straniero, non capisce la lingua, non conosce la direzione delle strade, non conosce le leggi né le tradizioni. Serve una guida che con gentilezza risponda alle sue domande» (p. 117). Servono guide che riconoscano come ha fatto Korczak quattro aspetti pedagogici fondamentali: l’aspetto genetico, l’aspetto ambientale, l’attività spontanea e l’educazione (p. 119).

Leggere oggi Korczak è un esercizio di ragione necessario e bello. Si tratta di un autore che con una sensibilità straordinaria ha saputo guardare al mondo del bambino con rispetto e amore. Qualità indispensabili per ogni persona coinvolta in dinamiche educative perché i giovani hanno bisogno di conoscere le regole della vita e attendono degni testimoni che siano in grado di farlo.


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