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Ma sono davvero utili le giornate di sensibilizzazione sulla disabilità?

«Continuiamo a fare giornate, ma la vita delle persone con disabilità non è cambiata. Il problema oggi è sensibilizzare la politica e chi deve dare attuazione alle norme, è lì che l'inclusione si perde»: questa la provocazione di Roberto Speziale, presidente di Anffas, alla vigilia della X Giornata Nazionale della Disabilità Intellettiva. «Sono ottimista, l’aver dato dignità e voce alle persone con disabilità smuoverà quelle montagne che fino ad oggi noi genitori e associazioni siamo riusciti soltanto a scalfire»

di Sara De Carli

Sabato 25 marzo si celebra la X Giornata Nazionale della Disabilità Intellettiva e/o Relazionale. Per l’occasione Anffas celebra il suo Open Day, aprendo le porte delle oltre 250 strutture associative e delle mille strutture in cui Anffas da quasi sessant’anni si prende cura di oltre 30mila persone con disabilità e dei loro familiari. Tante le proposte per il 25 marzo, dalle visite guidate, ai convegni, dagli spettacoli ai laboratori per bambini, tutto per diffondere lo spirito e la cultura dell’inclusione sociale. Il tema di questa edizione è infatti “Vieni a scoprire la gioia di essere cittadini pienamente inclusi”. Con Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas Onlus, facciamo il punto su questa piena inlcusione.

Presidente, sabato sarà la X giornata nazionale della disabilità intellettiva, cosa è cambiato in questi dieci anni?
Credo si capisca raccontando come è cambiata la programmazione di questa stessa giornata. Inizialmente l’abbiamo pensata con una finalità di sensibilizzazione: andavamo in piazza famiglie e volontari perché volevamo far conoscere una disabilità negletta e sconosciuta ai più, così che almeno per un giorno all’anno si accendesse l’attenzione. Negli anni però le modalità della giornata sono cambiate, perché con la Convenzione Onu – che è di dieci anni fa, proprio come questa manifestazione – si è passati dal modello di integrazione a quello di inclusione, e pian piano questa logica ha iniziato a declinarsi nelle attività concrete. Così abbiamo pensato che fosse importante che non fossimo noi ad andare sui territori a fare un’opera divulgativa ma che fossero le nostre associazioni ad aprirsi al territorio per far vivere al territorio i luoghi vissuti quotidianamente dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie. Anche questa svolta inizialmente ha coinvolto ancora le famiglie: da un paio d’anni invece e direi anzi che l’edizione di quest’anno in particolare, i protagonisti sono le persone con disabilità. Sono loro i protagonisti della loro giornata, sono loro che ospitano i visitatori nei servizi, sono loro che raccontano in prima persona i loro diritti e come di deve fare a costruire modelli più inclusivi. La nostra giornata quindi si è evoluta con con l’evoluzione della cultura, che anno dopo anno si è profondamente modificata.

Dopo la Convenzione Onu abbiamo pensato che fosse importante che non fossimo noi ad andare sui territori a fare un’opera divulgativa ma che fossero le nostre associazioni ad aprirsi al territorio per far vivere al territorio i luoghi vissuti quotidianamente dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie

Roberto Speziale

Sabato quindi sarà compiutamente raggiunto l’obiettivo di avere come protagonisti le persone con disabilità. Lo stesso si può dire per la società?
No. Fra ciò che noi rappresentiamo e la realtà quotidiana il gap purtroppo rimane ed è assolutamente ampio. Nessuna della macro questioni che riguardano le persone con disabilità – salute, inclusione scolastica, inclusione lavorativa e sociale – hanno visto significativi miglioramenti in questi dieci anni, che sono anche lo ripeto dieci anni di Convenzione Onu, dovremmo già essere in un contesto radicalmente diverso dal passato, evoluto, che garantisca diritti. Non è così: sul lavoro sappiamo che l’ingresso per le persone con disabilità intellettive, in particolare per le donne, è del tutto negato, l’inclusione sociale è un auspicio, al meglio un orizzonte di lavoro ma non siamo ancora in società inclusiva. La scuola… basta leggere i giornali, il ragazzino con autismo rifiutato, gli episodi di bullismo… Infine le persone continuano a vivere segregate. Sa una cosa?

Fra ciò che noi rappresentiamo e la realtà quotidiana il gap purtroppo rimane ed è assolutamente ampio. Nessuna della macro questioni che riguardano le persone con disabilità – salute, inclusione scolastica, inclusione lavorativa e sociale – hanno visto significativi miglioramenti in questi dieci anni

Prego…
Io comincio a chiedermi anche se siano sufficienti e utili queste giornate. Il 21 c’è stata la giornata sulla sindrome di Down , il 25 questa sulle disabilità intellettive, il 2 aprile quella dell’autismo… Continuiamo a fare giornate, anche parcellizzati e con il limite che ognuno rivendicare la propria particolarità, ma la vita delle persone con disabilità non è cambiata. Continuiamo a sensibilizzare l’opinione pubblica, ma in realtà l’opinione pubblica italiana è molto sensibilizzata, il problema vero oggi è sensibilizzare chi ci governa, la politica, chi deve dare attuazione alle norme perché è nelle politiche complessive e nella loro attuazione che il percorso dell’inclusione si perde.

Quindi che dire? Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?
Mezzo pieno, bisogna essere ottimisti. Noi di Anffas siamo convinti che l’aver dato dignità e voce alle persone con disabilità smuoverà quelle montagne che fino ad oggi, nonostante l’enorme lavoro fatto, noi genitori e associazioni siamo riusciti soltanto a scalfire. Anffas sta facendo di questo un suo elemento strategico. Noi sabato mettiamo al centro non la disabilità intellettiva ma le persone con disabilità, è la giornata delle persone con disabilità intellettive e relazionali, non la giornata delle disabilità intellettive: il messaggio di cambiamento deve essere questo, passare da qualcosa “per” a qualcosa “di”. Speriamo che i nuovi ambasciatori abbiano più successo di noi. Noi genitori continueremo sempre a lavorare per una società inclusiva ma lo facciamo dando più dignità, forza, autorevolezza e autodeterminazione ai nostri figli.

Noi sabato mettiamo al centro non la disabilità intellettiva ma le persone con disabilità, è la giornata delle persone con disabilità intellettive e relazionali, non la giornata delle disabilità intellettive: il messaggio di cambiamento deve essere questo, passare da qualcosa “per” a qualcosa “di”. Gli auto-rappresentanti, i nuovi ambasciatori delle persone con disabilità, avranno più successo di noi.

Quanti sono oggi gli autorappresentanti in Anffas?
Sono attivi 11 gruppi e ogni gruppo conta una decina di persone, direi 150 persone. Ma si stanno formando una ventina di nuovi gruppi, con persone in formazione. La speranza è che questo movimento di auto-rappresentanti non rimanga solo di Anffas, noi abbiamo promosso e testato e creato un modello, ma vogliamo che non sia una cosa interna, speriamo che diventi di tutti a prescindere dall’associazione di appartenenza, la piattaforma è aperta e generalista.


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