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Le comunità educanti oltre il tempo corto dei bandi

Quella delle comunità educanti un'idea su cui si sta puntando molto nella lotta alla dispersione scolastica e alla povertà educativa. Spesso però queste alleanze operative fra scuola, non profit e amministrazioni nascono per un bando e muoiono al termine del progetto. Dalla Calabria, grazie a Crescere al Sud, invece ora parte un movimento per promuovere delle comunità educanti stabili e sistemiche

di Sara De Carli

Un patto regionale per l’innovazione dei processi formativi in Calabria, sotto l’insegna della nascita di una comunità educante stabile, reale, non legata all’occasionalità di bandi. È quanto ha visto la luce questa mattina a Catanzaro nell’ambito dell’incontro “La sfida della comunità educante in Calabria”, cui ha partecipato anche Valeria Fedeli, ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Il Manifesto è stato promosso dalle associazioni aderenti alla rete Crescere al Sud, d’intesa con l’assessorato alla scuola e alle politiche sociali della Regione Calabria, guidato da Federica Roccisano e a una ventina di dirigenti scolastici dei principali istituti: il suo titolo completo è “Manifesto per un patto programmatico inter istituzionale finalizzato alla sperimentazione di forme operative di comunità educanti nei territori calabresi” e ha già raccolto 83 adesioni, fra scuole e soggetti del terzo settore. L’idea è che per contrastare l’insuccesso formativo, la dispersione scolastica e la povertà educativa che si registra sul territorio regionale sia fondamentale una unione sinergica e sistemica fra la scuola – che sicuramente ha un ruolo centrale – e altri contesti educativi territoriali.

Francesco Mollace è portavoce nazionale di Crescere al Sud e spiega così l’iniziativa: «È necessario partire dalle comunità educanti, che sono il frutto di una nuova strategia cooperativa che veda una maggior sinergia tra mondo della scuola, mondo del sociale, sistema formativo ed istituzioni locali e regionali. Noi abbiamo fatto un percorso dal basso di comunità educante, la rete calabrese di Crescere al Sud che quotidianamente lavora con i ragazzi “difficili” ha trovato la disponibilità di alcuni dirigenti scolastici “missionari”, aperti alle collaborazioni fra scuole e Terzo settore, così abbiamo avviato un percorso comune». A maggio e a settembre le prime due tappe del percorso, «alleanze operative, informali, ma proprio per questo piene di energia. Il Manifesto che abbiamo presentato oggi nasce da lì e si prefigge un intervento a carattere sistemico che favorendo prassi strutturali crei una rete efficace di collaborazione fra scuole e organizzazioni di Terzo settore».

Perché questo concetto delle comunità educanti è tanto importante? «La scuola ha un ruolo indispensabile ma non sufficiente per contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa. Le alleanza operative sono elemento di innovazione e si è ormai visto che per l’efficacia di un intervento è fondamentale unire la scuola e l’extrascuola, far entrare gli educatori dentro la scuola, perché loro che lavorano quotidianamente con ragazzi a rischio hanno competenze specifiche: abbiamo dati che dicono che sono più efficaci gli interventi che prevedono strutturalmente collaborazione tra informale e formale. Invece quel che si è visto è che queste reti spesso sono episodiche, legate al fatto che in quel momento nella data scuola c’è un dirigente aperto: basta che cambi il dirigente e si annullano storie anche lunghe di collaborazione», spiega Mollace. «Abbiamo anche riscontrato che se i bandi non prevedono l’obbligatorietà delle partnership, non si fanno. Oppure che appena finisce il progetto, la rete muore. Quindi da un lato diamo atto alla ministra Fedeli che nei bandi PON ha messo un punteggio aggiuntivo sulle comunità educanti, ma non basta ancora. La nostra iniziativa vuole essere la prima rete su larga scala nel Mezzogiorno, elaborata dal basso, sganciata da qualsiasi bando: un contributo culturale, che metta i soggetti che costruirono le politiche pubbliche intorno a una proposta elaborata dal basso, che crea una cornice di intervento diverso».

La richiesta è che «questa nuovo approccio trovi sperimentazioni reali, lo chiederemo a chi decide le politiche pubbliche: ci sono delle buone pratiche nelle esperienze fatte finora, vediamo come possono essere trasformati in meccanismi sistemici», afferma Mollace. «Non so come andrà», conclude, «ma siamo in una fase storica dove sta avvenendo l’inatteso. Se si riesce a cambiare il sistema educativo del Sud, si potrà immaginare un futuro per qeuste regioni. Alleandoci è possibile costruire nell’arco di 5-10 anni un movimento che può davvero fare la differenza, l’obiettivo è fare massa critica per un processo di radicale cambiamento del fare scuola in Calabria».

Foto Crescere al Sud / Facebook


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