Solidarietà & Volontariato

Nicoletti: il mio film per dire alle famiglie “uscite allo scoperto”

Oggi in Senato il giornalista presenta l'anteprima del film "Tommy e gli altri", che racconta l'esperienza di tante famiglie con un figlio autistico. Uno sguardo inedito su tanti "fantasmi", perché dopo i 18 anni per loro non c'è più alcun supporto

di Sara De Carli

Questa mattina in Senato Gianluca Nicoletti presenta “Tommy e gli altri”, il «film sugli autistici “fantasma”» che ha realizzato girando per l’Italia. Per l’occasione suo figlio Tommaso – Tommy – indosserà per la prima volta giacca e cravatta e le prove d’abito che ha fatto nei giorni scorsi lo hanno già in qualche modo trasformato: «come si è messo l’abito blu è diventato un’ altra persona, come se avesse capito che a lui si richiede compostezza e osservanza del cerimoniale. Mi pento di non averlo mai vestito prima da “uomo”, chissà perché continuavo a pensare che fosse un eterno ragazzino…», ha scritto Nicoletti. Insieme a Tommy ci saranno alcuni dei ragazzi e delle famiglie che si sono raccontate nel film, fra cui Achille: «Achille che i compagni di classe hanno sempre preso in giro e mai invitato a una delle loro feste. Achille che vuole fare lo scienziato, non infilare le perline. I suoi compagni che mentre lui sarà con noi sono tutti in gita scolastica a Praga, gita a cui lui naturalmente non è stato permesso di partecipare», racconta il giornalista.

Dopo questa anteprima, il film sarà trasmesso il 1° aprile alle 21:15 su Sky Arte e alle 23.15 su Sky Cinema Cult. Il giorno successivo, 2 aprile, andrà in replica alle 19.35 sugli stessi canali Sky e alle 23 in chiaro su TV8, al tasto 8 del telecomando: insomma, tutti potranno vederlo, anche chi non ha l’abbonamento alla pay tv.

Nicoletti, cosa è riuscito a fare? “Tommy e gli altri” è il primo film che…
Intanto che è stato prodotto senza chiedere soldi pubblici, ne sono molto orgoglioso e grato a chi ha contribuito. È un film nato solo dalla volontà delle famiglie, che si raccontano in cose che non vengono mai raccontate. E mi lusinga molto che Sky Arte abbia chiesto il film: lo dico da sempre, i nostri figli sono opere d’arte. Non sarà relegato nel pietismo del 2 aprile, della festa del santo patrono: no, Sky Arte e Sky Cinema… insomma, oggi tocco il cielo con un dito.

Cosa si augura accadrà dopo il film?
Vedremo, ovviamente spero succeda qualcosa concerto. Io ho molta fiducia nelle iniziative delle famiglie che si rimboccano le maniche. Devo dire però che anche a livello istituzionale, il fatto che ci saranno anche il Presidente Grasso e la ministra Boschi mi fa sperare… Il Dipartimento per le Pari Opportunità ha aperto a dicembre un Gruppo di lavoro tecnico sulla disabilità, di cui faccio parte, mi pare una prima volta ed è bello perché non è che nelle pari opportunità ci siano categorie di “prima scelta” a cui rivolgere prioritariamente l’attenzione: ci siamo già riuniti, sembra che non sia come spesso accade un luogo di parole, che ci sia la volontà di fare un progetto sperimentale concreto per i ragazzi adulti, che li aiuti ad entrare nel mondo lavoro. Questo passaggio dei 18 anni, dopo la scuola, è un ricominciare da zero: credo molto in questa iniziativa.

L’idea del film è nata all’indomani dell’iniziativa “I nostri figli sono opere d’arte”, ora lei lo ridice, però ha anche detto che l’autistico è «una persona che al massimo può dedicare agli altri uno sguardo stralunato». Un altro papà però ha criticato aspramente questa frase, che dal suo punto di vista dà «un messaggio discriminatorio nei confronti di migliaia di persone autistiche», perché ci sono «tanti ragazzi e adulti autistici fantastici, belli, reali che ci regalano un sacco di cose realissime e intelligentissime».
Intanto dire sguardo stralunato non ha nulla di discriminatorio, offensivo, negativo. Lo sguardo stralunato è lo sguardo atipico che crea arte. Le critiche ci stanno, ma al film , non a una frase. Io penso giornalisticamente di aver fatto un lavoro onesto, rappresentando nel film tutto lo spettro dell’autismo. Perché l’autismo non è un monolite, ci sono quelli molto intelligenti e quelli come mio figlio che non parlano: è chiaro che se io richiamo l’attenzione sui più deboli gli altri si sentono di doversi distinguere, ma io non posso seppellire gli autistici come mio figlio, che pure esistono. Forse dovremmo darci due nomi diversi.

Lei in passato ha invitato le famiglie a mettersi insieme, ad essere proattive, ad creare start up: dopo questo giro d’Italia, pensa possa succedere?
Il film serve proprio a questo, perché le famiglie più motivate trovino la forza di non stare chiuse in casa, di uscire allo scoperto, far sentirle loro voce. Le istituzioni non chiedono di meglio che avere famiglie nascoste, in silenzio, che non pongono il problema, invece il problema va posto e il problema più grande oggi è “che succede finita la scuola? e poi?”. Ci sono progetti, idee, ma le cose belle vanno avanti bene da sole. Io devo far vedere quello che non va bene, mettere il dito sulla criticità. Ho girato l’Italia e ho visto una situazione generale desolante, non c’è comunicazione, non c’è consapevolezza dei diritti, c’è un lavoro culturale immenso da fare.


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