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Codice Appalti&Non profit: caro Cantone, ecco cosa non funziona

In queste settimane si sta discutendo sulle modifiche da apportare al Nuovo Codice dei Contratti e sulle mdalità di intervento e vigilanza dell'Autorità Anticorruzione. Un convegno promosso dal Forum del Terzo settore di Monza ha messo sul tavolo le istanze della cooperazione e del privato sociale e dalle pubbliche amministrazione territoriali

di Redazione

Sono questi i giorni decisivi per il cosiddetto Correttivo Codice Appalti , il provvedimento che metterà mano al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Il nuovo testo, come ha chiarito il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio «non inficiano la struttura del nuovo Codice degli appalti, del quale sono mantenute le linee essenziali e gli elementi più innovativi, come la valorizzazione della progettazione, la qualificazione e la riduzione delle stazioni appaltanti, il contrasto alla corruzione e la semplificazione degli adempimenti (testimoniata anche dalla drastica riduzione del numero delle norme rispetto al precedente Codice)». Il correttivo, continua Del Rio, «ammette che il primo anno di attuazione del nuovo Codice è stato caratterizzato da una serie di difficoltà, ampiamente comprensibili data la complessità della materia e la necessità di una serie di adeguamenti e adempimenti di accompagnamento. Le modifiche proposte dall’atto del Governo in esame mirano appunto a facilitare e completare l’applicazione della nuova disciplina, senza stravolgerne l’impostazione. Precisando che la maggior parte delle correzioni hanno carattere marginale, si sofferma quindi sulle modifiche più sostanziali».

Ammetto che il primo anno di attuazione del nuovo Codice è stato caratterizzato da una serie di difficoltà, ampiamente comprensibili data la complessità della materia e la necessità di una serie di adeguamenti e adempimenti di accompagnamento. Le modifiche proposte dall’atto del Governo in esame mirano appunto a facilitare e completare l’applicazione della nuova disciplina, senza stravolgerne l’impostazione

Graziano Del Rio

Ma cosa non ha funzionato dal punto di vista del non profit e delle amministrazioni pubbliche che collaborano con il privato sociale? Per rispondere a questo interrogativo su iniziativa del portavoce Gabriele Galbiati e del viceportavoce Maurizio Magistrelli, il Forum del Terzo settore di Monza e Brianza in collaborazione con Anci Lombardia e il comune di Monza lo scorso venerdì hanno promosso un partecipato convegno (“Dalla legge 328/2000 al Nuovo Codice dei Contratti”) che si è tenuto all’Urban Center del comune brianzolo. Questi i punti di attenzione, contenuti in un documento preparatorio del Forum, che hanno dato il la al dibattito:

  • Il nuovo codice assume un principio di cautela derivante dalla necessità di isolare fenomeni patologici di corruttela, che però non rappresentano la normalità (perlomeno in un settore che ha per scopi statutari la promozione della dignità della persona e l’intervento in situazioni di marginalità).
  • L’introduzione di un sistema di stretta verifica ex-ante, cui non fa seguito un altrettanto puntuale sistema di controllo (e di eventuale sanzione) ex-post, corre il serio rischio di concentrare la sua attenzione sugli aspetti meramente burocratici, senza poter intervenire laddove i fenomeni di devianza si manifestano soprattutto “in corso d’opera”.
  • Il mondo dei servizi alla persona si caratterizza per la necessità di una spiccata flessibilità – da non associare a pressapochismo – perché il centro dell’intervento ruota intorno alla progettazione sul caso che non è compatibile con il pur condivisibile vincolo della programmazione economico/finanziaria.
  • L’ormai consolidata esperienza della programmazione territoriale condivisa localmente dai soggetti del terzo settore e dagli enti locali territoriali corre il serio rischio di sottostare ad esclusive logiche di mercato che privilegiano la dinamica della concorrenza esasperata.
  • Non è altrettanto possibile prestare il fianco a malsane logiche di “consociativismo” che sovente travalicano le logiche della stessa programmazione partecipata che deve invece essere valorizzata, pur a fronte di risorse sempre più residuali.
  • Non da ultimo è da considerare il potenziale rischio di involuzione nelle dinamiche di investimento, ricerca e sviluppo da parte delle realtà del terzo settore alle quali viene riconosciuta una mera funzione di intermediazione di manodopera, laddove l’assunzione del solo principio di rotazione apre a scenari legati all’estemporaneità delle relazioni tra enti che saranno esclusivamente di tipo committente/fornitore e non più di partnership positiva.

La grande attenzione che il Codice e l’Anac di Cantone, anche giustamente, ha posto sui controlli combinato con la poca chiarezza sulle procedure sta di fatto creando una situazione di immobilismo controproducente per tutti

«La grande attenzione che il Codice e l’Anac di Cantone, anche giustamente, ha posto sui controlli combinato con la poca chiarezza sulle procedure sta di fatto creando una situazione di immobilismo controproducente per tutti», ha sottolineato Roberto Scanagatti, primo cittadino di Monza e presidente di Anci Lombardia. Nel corso del dibattito sono poi emerse alcune criticità molto puntuali. Fra queste «la complessità nella predisposizione delle documentazioni necessarie», ha osservato Loris Camarin, responsabile gare della cooperativa milanese Spazio Aperto, «tanto che oggi se una cooperativa sociale deve fare un investimento lo fa su progettisti ed esperti di gare, piuttosto che sul personale educativo». Ancora Camarin: « In sintesi l’introduzione del criterio di rotazione, l’esclusione delle convenzioni dirette, la linea dettata dall’Anac di perseguire la competitività di mercato, hanno cambiato molto il senso ed il ruolo della cooperazione di inserimento lavorativo, le sinergie con i servizi sociali invianti e soprattutto con gli Enti Locali. Una nuova dimensione di “mercato” si sostituisce al radicamento territoriale, emerge la necessità di operare in un mercato “libero” non facilmente adattabile a soggetti come le coop sociale di tipo B (politiche attive del lavoro) e di tipo A (innovazione di percorsi di welfare)». Come sciogliere la matassa? «Si potrebbe specificare e dare indicazioni alle stazioni appaltanti», ha continuato Camarin, «che nell’atto della programmazione queste attività debbano certamente essere sottoposte alle logiche di mercato ma al tempo stesso ad un mercato “diverso”».


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