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Sanità & Ricerca

Emofilia, quasi 5mila casi, +3% in Italia

In aumento il numero degli emofilici italiani. In occasione della XIII Giornata mondiale presentati da Omar i numeri del Registro nazionale delle Coagulopatie Congenite 2015 dell'Istituto Superiore di Sanità. I millennials vivono meglio: superato il rischio di contrarre infezioni guadagnano una vita sempre più attiva, senza limitazioni dovute alla malattia, anche grazie alle nuove terapie

di Redazione

È arrivata in occasione dell’incontro “Emofilia: generazioni a confronto”, organizzato per la XIII Giornata mondiale emofilia a Roma, la nuova fotografia degli emofilici italiani. Sono stati diffusi, infatti in anteprima i dati del Registro nazionale delle Coagulopatie Congenite 2015 dell’Istituto Superiore di Sanità, diffusi da Omar (Osservatorio Malattie Rare)

Sono circa 5mila (4.879) i pazienti colpiti da emofilia, di questi 4mila di tipo A e quasi mille (859) di tipo B. Il dato registra, rispetto all’anno precedente un incremento di oltre 150 persone. L'emofilia B si verifica in circa 1 maschio su 25.000 nuovi nati, mentre per le femmine la condizione è ancora meno frequente. La Federazione Mondiale Emofilia (World Federation of Haemophilia) stima che attualmente, a livello globale, siano circa 28mila gli individui con diagnosi di emofilia B.

Il Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite nasce con l’avvio nel 2005 di una collaborazione tra il Reparto di Metodologie Trasfusionali del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare dell’Iss e l’associazione italiana dei Centri Emofilia (Aice), responsabile della piattaforma online che permette il flusso delle informazioni, con la partecipazione attiva della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo). Il Registro è finalizzato alla diffusione dei dati epidemiologici sulla prevalenza delle diverse coagulopatie in Italia, sulle complicanze delle terapie e sui fabbisogni di farmaci necessari al trattamento.


«L’emofilia è una malattia rara dovuta ad un difetto nella coagulazione del sangue. Nello specifico, l’emofilia è causata dalla mancanza dei fattori VIII (emofilia A) o IX (emofilia B) della coagulazione e nel 75% dei casi è familiare» ha dichiarato Angelo Claudio Molinari, direttore Centro Regionale di riferimento per le malattie emorragiche del Irccs Giannina Gaslini di Genova. «La carenza dei fattori VIII o IX porta come conseguenza che anche il minimo trauma con danno vascolare non sia seguito dalla normale formazione di un coagulo efficace e dia luogo a una emorragia. I sintomi della emofilia A e B sono molto simili, e solo con i dosaggi dei fattori VIII e IX il medico può differenziarle questi due tipi di emofilia. Questa differenza è però importante ai fini della terapia, perché determinerà quale dei due fattori bisognerà somministrare alla persona affetta» 


L'emofilia è anche nota come Royal Disease (malattia regale) per aver colpito, nei secoli, diversi membri delle case reali europee. La Regina Vittoria che regnò dal 1837 al 1901, per esempio, era una portatrice sana di emofilia B, attraverso le figlie, Alice e Beatrice, a loro volta portatrici sane, la malattia arrivò alle famiglie reali di Russia, Prussia e Spagna. In particolare Alexandra, figlia di Alice, andò in moglie a Nicola II, Zar di Russia della dinastia dei Romanov, e dal loro matrimonio nacque Alexei, affetto da emofilia B.

Fino agli anni 70, essere emofilico significava vivere con limiti e barriere che andavano dalla difficoltà a svolgere le più comuni attività quotidiane alle difficoltà di inserimento nel lavoro, a scuola e nella vita sociale. Con gli anni le terapie sono migliorate, ma lo scandalo del sangue infetto e dei suoi derivati in circolazione negli anni ’80 coinvolse anche gli emofilici, con alta percentuale di morbilità e mortalità, contribuendo successivamente a creare un sentimento di diffidenza e paura della comunità emofilica verso i nuovi approcci farmacologici. Oggi, grazie alla profilassi e alle nuove terapie, le nuove generazioni ‘i millennials’, affetti da emofilia riescono ad affrontare con più serenità la malattia e la qualità della loro vita è completamente diversa da quella dei loro padri, dei loro zii e dei loro nonni: possono praticare sport, viaggiare e vivere una vita senza rischi.


«In seguito all’assoluta sicurezza dei metodi di produzione dei prodotti ricombinanti che si utilizzano nella terapia dell’emofilia (Fattore VIII e Fattore IX) il rischio di contrarre infezioni ematogene nei pazienti emofilici è praticamente nullo, e anche i prodotti plasmaderivati hanno un alto grado di sicurezza virale», ha dichiarato Adele Giampaolo, Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare Reparto di Medicina Trasfusionale Istituto Superiore di Sanità. «L’ultima infezione da HIV in un paziente emofilico è avvenuta 30 anni fa. Anche l’aspettativa di vita è diventata paragonabile a quella della popolazione generale. Al momento, l’evento avverso più importante della terapia sostitutiva è rappresentato dall’insorgenza di anticorpi contro il Fattore VIII e Fattore IX somministrati, che colpisce in particolar modo i pazienti più piccoli».


I nuovi farmaci – fa sapere una nota diffusa da Omar – approvati da poche settimane mantengono più a lungo i livelli di fattore della coagulazione necessari ad evitare emorragie: ciò permette di ridurre il numero delle infusioni endovenose, passando dalle due-tre settimanali fino a una ogni cinque giorni nell’emofilia A e fino a una ogni 10 giorni o anche più nella B. Questo significa evitare, rispetto al passato, oltre 100 iniezioni all’anno.

In apertura foto di Tim Marshall / Unsplash


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