Cooperazione & Relazioni internazionali

L’accoglienza della Chiesa

In occasione della presentazione del Rapporto annuale 2017 del Centro Astalli, “Un anno in favore dei richiedenti asilo e rifugiati” pubblichiamo parte dell’intervento del Segretario generale CEI Nunzio Galantino. Tutti i numeri dell'accoglienza

di Nunzio Galantino

Le migrazioni sono un ‘segno dei tempi’ – come più volte hanno ripetuto papa Benedetto e papa Francesco – ma anche una ‘sfida pastorale’, che interpella le nostre comunità e una ‘sfida sociale’ per le nostre città. C’è ancora chi, alla serietà di questa sfida. Pensa di sottrarsi o chiudendo gli occhi o falsificandone la reale portata.

Basta ‘leggere’ serenamente e realisticamente i numeri, i volti e le storie dei migranti in Italia per comprendere come le città e le comunità cristiane siano chiamati a raccogliere questa sfida e a ripensare luoghi, strutture e percorsi per un cammino di incontro e di scambio. Premessa fondamentale per costruire senza conflittualità e contrapposizioni sociali il nostro futuro insieme.

La serie infinita e ormai insopportabile di attentati che si stanno drammaticamente consumando ovunque non contribuiscono certo a leggere il fenomeno migratorio in maniera corretta. Anzi, questi eventi drammatici diventano esca appetibile per chi non ha alcun interesse di offrire un contributo perché questo fenomeno complesso e inarrestabile rappresenti una chance.

Immigrazione: … oltre i numeri, volti, storie e responsabilità


L’Italia, nel contesto europeo, mentre vede rallentare drasticamente la migrazione economica – fattore di sviluppo e di crescita fondamentale nel nostro Paese – con il ritorno di una emigrazione giovanile che ha superato le 100.000 persone, ha visto ancora nel 2015 e nel 2016, un flusso considerevole di migranti forzati arrivare in particolare sulle coste e nei porti della Sicilia, ma anche della Calabria, della Puglia e della Campania, in Sardegna, superiore nel 2016 del 18% rispetto al 2015. Infatti, nel 2014 sono arrivate 170.100 persone, mentre nel 2015 153.842 persone, nel 2016, fino al 31 dicembre, 181.000 persone.

Nel 2015 si è assistito a un cambiamento di rotta, soprattutto per le persone in partenza dal Medio Oriente, dal Corno d’Africa e dall’Asia, che si sono dirette verso la Turchia e sono sbarcate in Grecia: oltre 850.000 persone. A fronte di una persona sbarcata in Italia ne sono sbarcate cinque in Grecia.

Nel 2016 è cambiata ancora la prospettiva, con l’Italia che ritorna ad avere un ruolo centrale negli arrivi pari a quello della Grecia (181.000 a fronte di 180.000 in Grecia), per la chiusura delle frontiere in diversi paesi europei e in seguito all’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia.

Il cammino di chi fugge s’incrocia con il cammino di chi ha fame e ha sete, rispettivamente 840 milioni e 1 miliardo di persone. Le violenze, la paura e la ‘rabbia dei popoli’ – come ammoniva già Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio, quasi 50 anni fa – accompagnano il cammino delle persone oggi, di cui un piccolo tassello, un segno è il popolo di chi ha attraversato (nel 2015,154.000 persone) o attraversa in questi mesi (55.000 persone) il Mediterraneo e raggiunge le nostre coste italiane ed europee.

Leggendo nella situazione internazionale non possiamo non riconoscere la nostra responsabilità: di chi ha violato la terra di altri, di chi ha sfruttato persone e terre, di chi ha impoverito, di chi ha venduto armi (con una crescita di vendite in Italia che ha superato il 200% rispetto al 2014) e ha lucrato sulla guerra. Uno sviluppo iniquo, che ha diviso il mondo e ha indebolito la solidarietà è la causa di questi nuovi cammini, di questi nuovi sbarchi, di queste nuove morti.

Non siamo esenti da responsabilità!. Questo movimento di persone generato da noi, dalla nostra indifferenza, dalla mancata solidarietà, dallo sfruttamento, dalle guerre ‘giuste’ e dalle guerre dimenticate, tranne che dagli armatori, accompagnato da cambiamenti climatici, toccando l’Italia e l’Europa ha messo alla prova il diritto d’asilo. Il diritto d’asilo è stato di fatto negato da respingimenti più o meno mascherati, talora condannati, di cui anche l’Italia è stata colpevole nel 2011 e l’Europa rischia di essere colpevole nel 2016.

Gli arrivi in Italia


In Italia, nel 2015 Lampedusa è tornato ad essere il primo porto di sbarco ( con 168 sbarchi e 21.160 persone), seguito da Augusta (con 146 sbarchi e 22.391 persone), Pozzallo (con 104 sbarchi e 16.811 perone), Reggio Calabria (con 90 sbarchi e 16.931 persone), Catania (con 64 sbarchi e 9.464 persone), Palermo (con 61 sbarchi e 11.456 persone), Trapani (con 55 sbarchi e 8.136 persone), Taranto (con 45 sbarchi e 9.160 persone). Sbarchi sono avvenuti anchea Crotone, Cagliari, Salerno,Corigliano Calabro e a Vibo Valentia. Il ritornodegli sbarchi a Lampedusa è anche l’effetto dell’implementazione del sistema hotspot che vede nell’isola il centro più avanzato nel Mediterraneo.

La partenza delle persone che si sono messe in viaggio nel Mediterraneo è avvenuta in particolare dalle coste della Libia (oltre l’85%), l’8% sono partite dall’Egitto e poche migliaia dalla Turchia, dalla Grecia e dalla Tunisia.Crescono però anche i passaggi alle frontiere terrestri del Nord-Est, a causa della rotta balcanica.

Il cambiamento di rotta delle persone in fuga ha naturalmente portato con sé il cambiamento delle prime nazionalità delle persone sbarcate, con il protagonismo del Corno d’Africa e dell’Africa Sub-sahariana. Le nazionalità delle persone sbarcatenel 2015 sono in particolare: Eritrea (38.612, con un aumento del 10% rispetto allo scorso anno); Nigeria (21.886, con un aumento del 110% rispetto allo scorso anno); Somalia (12.176, più che raddoppiati rispetto allo scorso anno), Sudan (8.909, triplicati rispetto allo scorso anno) Gambia (8.123, poco meno il numero dello scorso anno), Siria (7.444, 6 volte meno il numero dello scorso anno che la vedeva al primo posto tra le nazionalità delle persone sbarcate). Rimangono simili i numeri delle persone provenienti dalSenegal e dal Bangladesh (poco più di 5.000) Calano, invece, le persone provenienti dal Mali (5.752, quasi dimezzati rispetto al 2014), dall’Egitto (2.594 rispetto ai 4.095 del 2014), dalla Palestina (1.650 rispetto ai 6.017 dello scorso anno). Complessivamente sono 65 le nazionalità delle persone sbarcate in Italia nel 2015.Le persone sbarcate sono state in prevalenza uomini (circa 115.000), a seguire le donne (oltre 20.000, con una crescita del 15% rispetto allo scorso anno) ). I minori sono statioltre 26.000 nel 2014, di cui 13.096 minori parte di un nucleo familiare e oltre 13.000 minori non accompagnati, tra cui oltre 5.000minori non accompagnati resisi irreperibili. Nel 2015 i minori sono stati oltre 12.000, di cui circa 4.100 non accompagnati.

Nel 2016 il primo porto di sbarco è diventato Augusta, seguito da Pozzallo, Lampedusa, Reggio Calabria e con le partenze in maggioranza (oltre l’80%) sempre dalla Libia e in successione dall’Egitto. Le nazionalità delle persone sbarcate nel 2016 sono in particolare: Nigeria, Eritrea, Gambia, Costa d’Avorio, Somalia, Guinea, Senegal, Sudan, Mali, Egitto ,a cui seguono altre 60 nazioni. 2689 persone sono state rintracciate ai confiniterrestri, provenienti soprattutto dal Pakistan, Afganistan, Marocco, Algeria , Nigeria, Bangladesh, Iraq. Le persone sbarcate sono al 95% uomini e il 5% donne. I minori non accompagnati sbarcati nel 2016 sono stati quasi 26.000. Complessivamente sono 85 le nazionalità degli sbarcati nel 2016.

Le strutture di accoglienza


Rispetto agli oltre 500.000 sbarcati tra il 2014 e il 2016 attualmente sono accolti in Italia, nelle diverse strutture, al 1 giugno 2016, circa123.000 persone. Nella rete di primissima accoglienza (CDA, CARA, Hot spot) sono presenti 14.500 persone (con una crescita rispetto allo scorso anno). Nelle strutture temporanee di accoglienza sul territorio nazionale (CAS) sono oggi ospitate 135.000 persone, con una crescita rispetto allo scorso anno. Negli Sprar, strutture di seconda accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale e dei rifugiati, sonoaccolte circa 23.000 persone, un numero di poco superiore a quello scorso anno. In generale, l’accoglienza rimane ancora in una situazione di forte precarietà, sia nei porti di arrivo che in molti dei centri di prima accoglienza realizzati, con una forte diversificazione delle modalità di accoglienza nelle diverse regioni.

La maggioranza dei circa 17.500 minori non accompagnati accolti nelle strutture hanno un’età compresa tra i 16 e i 17 anni (83,00%) e provengono dall’Egitto, dall’Albania, dal Gambia, dall’Eritrea , dalla Nigeria, dalla Somalia, dal Senegal ,dal Bangladesh. Il 10% hanno 15 anni, il 7% fra i 7 e i 14 anni, 27 bambini non accompagnati hanno un’età compresa tra o e 6 anni. Purtroppo l’accoglienza dei 17.500 minori non accompagnati rimasti in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi avviene ancora in strutture di accoglienza straordinarie al Sud e solo poco più del 10% in strutture familiari e case famiglia. Metà dei minori sono accolti in due regioni: oltre 7000 in

Sicilia, oltre 1000 in Calabria, e poi 913 nel Lazio, 872 in Lombardia, 850 in Puglia , mentre in Piemonte ne sono accolti 353 e 284 in Veneto (quasi 20 volte in meno che in Sicilia).

Il 6% delle persone si sono rese irreperibili. Rispetto al 2014, nel 2015 si sono invertiti i numeri: erano il 60% coloro che avevano ricevuto un permesso di protezione internazionale e il 37% i denegati. Uguale è il trend nel 2016. Rispetto alla data del 1 giugno 2015 le domande d’asilo presentate nel 2016 sono raddoppiate, da 26.788 a 43.485. Nel 2015, alla stessa data, le domande di protezione internazionale rifiutate furono 10.214 ( il 48%), mentre nel 2016 sono state 25.527 (il 61%).

L'accoglienza nelle strutture ecclesiali

Dal settembre ad oggi, sulla base del Vademecum dei Vescovi italiani, abbiamo assistito a un grande movimento solidale che, però, in diversi casi fatica a trasformarsi in accoglienze nuove. Si è trattato per lo più di passaggida strutture di prima accoglienza alle parrocchie, per oltre 4500 persone. Le risorse per l’accoglienza vengono per ¾ dallo Stato (circa 150 milioni di euro per l’accoglienza di circa 18.000 persone nei CAS e negli SPRAR), mentreper un quarto dalle libere offerte dei fedeli (50 milioni di euro). In particolare, in alcune diocesi si riscontrano difficoltà da parte delle parrocchie ad attivare esperienze di accoglienza ed integrazione sul territorio. Per questo motivo la Caritas e la Migrantes stanno seguendo le diocesi al fine di orientare meglio e sostenere questo slancio solidale.

Al 1 giugno 2016, il numero totale degli accolti nelle quattro tipologie di strutture-realtà è di 23.201. Di queste, 14.358 (62%) sono ospitate nelle 714 strutture ecclesiali di prima accoglienza, 3.914 (17%) nelle 257 strutture impegnate nella seconda accoglienza, 4.596 (20%) in 473 parrocchie e 333 (2%) nelle 159 famiglie resesi disponili a rispondere all’appello di Papa Francesco dello scorso settembre.

L’analisi della presenza degli accolti nelle 4 aree geografiche (nord, centro, sud ed isole) ha permesso di calcolare la percentuale degli accolti nelle quattro tipologie di realtà/strutture, per cui i CAS del nord accolgono il 36% delle persone, quelli del centro l’11%, quelli del sud 13%, e quelli delle isole il 2%.

Le strutture di seconda accoglienza accolgono a nord l’7% delle persone, al centro il3%, al sud il 4% e nelle isole il 3%.

Le parrocchie accolgono a nord l’11% dei beneficiari, al centro l’1%, al sud il 2% e nelle isole il 5%.

Il dato sulle famiglie presenta la percentuale dell’1% al nord, mentre al centro, sud e isole dello 0% sebbene ci sia una presenza numerica tanto di famiglie quanto di accolti .

Le 5 regioni italiane dove le diocesi ospitano, indistintamente nei CAS, SPRAR, parrocchie e famiglie, il maggior numero di persone sono:

• Lombardia con 5.711 accolti

• Triveneto con 2.748 accolti

• Piemonte-Val d’Aosta con 2.147 accolti

• Sicilia con 2.118 accolti

• Calabria con 1.772 accolti

Relativamente ai CAS, le 5 regioni italiane col maggior numero di accolti sono:

• Lombardia con 3.405

• Triveneto con 1.672

• Piemonte-Val d’Aosta con 1.659

• Calabria con 1.304

• Toscana con 1.243

Relativamente alle strutture di seconda accoglienza, le 5 regioni italiane col maggior numero di accolti sono:

• Triveneto con 614 accolti

• Lombardia con 559 accolti

• Sicilia con 557accolti

• Campania con 385 accolti

• Calabria con 381 accolti

Relativamente alle parrocchie, le regioni italiane col maggior numero di accolti sono:

• Lombardia con 1.739

• Sicilia con 1.196

• Triveneto con 423

• Piemonte Val d’Aosta con 339

• Campania con 166

Infine, in riferimento alle famiglie, le 5 regioni italiane col maggior numero di accolti sono:

• Sicilia con 79 accolti

• Liguria con 53 accolti

• Piemonte-Val d’Aosta con 47 accolti

• Triveneto con 39 accolti

• Campania con 32 accolti

Considerato che le diocesi che hanno risposto compilando la scheda di monitoraggio sono 199 (nonostante ce ne siano 29 che non compiono accoglienza o non dispongano di strutture per metterla in atto) si può presumere che le accoglienze attive siano pari o superiori a 1/5 dell’intero sistema di accoglienza in Italia.


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