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Cooperazione & Relazioni internazionali

L’Ungheria non è un Paese per profughi

Dopo l’approvazione del provvedimento che prevede la reclusione dei migranti, in container circondati da filo spinati, l’Unhcr ha chiesto la sospensione temporanea dei trasferimenti di richiedenti asilo verso l’Ungheria

di Ottavia Spaggiari

Che l’Ungheria non fosse un Paese sicuro per i migranti si sapeva da tempo. A dare sostegno alle preoccupazioni della società civile, arriva anche la dichiarazione dell’Unhcr, che ha chiesto una sospensione temporanea di tutti i trasferimenti di richiedenti asilo verso l’Ungheria, provenienti da altri Stati europei ai sensi del Regolamento di Dublino, lo strumento utilizzato dall'Unione Europea per la determinazione dello Stato europeo competente nella valutazione della domanda di asilo.

A peggiorare una situazione in cui il rispetto dei diritti civili rischia di essere violato quotidianamente, la decisione dello scorso marzo, presa dal parlamento ungherese che, con 138 voti a favore, 6 contro e 22 astenuti, ha approvato un provvedimento secondo cui tutti i migranti, compresi i minori non accompagnati, saranno costretti a vivere all’interno di container di metallo, in campi circondati da filo spinato, fino al risultato della propria richiesta di asilo. Unica possibilità per chi vuole allontanarsi: il ritorno in Serbia o Croazia, i due principali Paesi di ingresso.

“La situazione dei richiedenti asilo in Ungheria era già motivo di grande preoccupazione per l'Unhcr ed ora, con l’entrata in vigore della nuova legge che prevede la detenzione obbligatoria dei richiedenti asilo, è solo peggiorata,” ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Dato il peggioramento della situazione dei richiedenti asilo in Ungheria, chiedo agli Stati di sospendere qualsiasi trasferimento di richiedenti asilo verso il Paese, fino a quando pratiche e politiche delle autorità ungheresi non saranno in linea con il diritto europeo e internazionale”.

L'Unhcr ha espresso preoccupazione alle autorità e all'Unione Europea per la situazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo che arrivano in Ungheria, sottolineando che barriere fisiche e politiche restrittive hanno portato ad un sostanziale diniego dell’accesso al territorio e all’asilo.

Nel 2015 ad arrivare nel Paese, secondo i dati del governo, sono stati 391mila migranti in transito, di cui 177mila hanno presentato richiesta d’asilo ma solo 5mila sono rimasti nel Paese fino al completamento della procedura.

Secondo l’Unhcr dal 7 aprile, sono state 110 le persone costrette a vivere dietro il filo spinato, tra cui quattro bambini non accompagnati e alcuni bambini con le loro famiglie. “Pur riconoscendo i recenti sforzi da parte delle autorità nell’affrontare la violenza della polizia, rimaniamo molto preoccupati ricevendo notizie sconvolgenti riguardanti gravi episodi di maltrattamenti e violenza contro quanti attraversano il confine ungherese, perpetrati anche da agenti dello Stato”. Ha affermato Grandi, aggiungendo: “Queste pratiche inaccettabili devono cessare ed esorto le autorità ungheresi affinché continuino ad indagare qualsiasi denuncia di abuso e violenza”.

In un comunicato l’Unhcr ha fatto sapere di aver già presentato all’Unione Europea e agli Stati Membri una serie di proposte volte a migliorare la distribuzione delle richieste di asilo tra gli Stati Membri. L'Alto Commissario ha anche richiesto all’Unione Europea l’adozione di un sistema di asilo semplificato che permetterebbe di identificare, registrare e gestire gli arrivi in maniera più rapida ed efficiente.

Foto: ANDREJ ISAKOVIC/AFP/Getty Images


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