Economia & Impresa sociale 

Valutazione d’impatto: i 7 principi dello Sroi

La tendenza alla riduzione della complessità del processo di valutazione in un’unica dimensione, quella monetaria è uno snodo da affrontare. Spesso si confonde la misurazione con un metodo di analisi costi-benefici, oppure si riduce il metodo al solo indice monetario, o ancora si confonde il significato di valore monetario con quello di valore economico-finanziario

di Filippo Montesi

Il tema dell’impatto sociale ha trovato definitivamente una sua collocazione nel linguaggio e nel pensiero non solo delle organizzazioni del Terzo Settore, ma anche, e sempre di più, delle organizzazioni for-profit in Italia. Si tratta sicuramente di un passo fondamentale per contribuire a sviluppare una società più capace di generare valore.

Lavorando a questo scopo, organizzazioni di diversa natura stanno sviluppando o dotandosi, lodevolmente, di strumenti per trasformare le proprie intenzioni in azioni generatrici d’impatto sociale. Uno degli strumenti più importanti, come sosteniamo e preconizziamo ad Human Foundation, è senz’altro la valutazione d’impatto sociale.

Collaborando con molte organizzazioni di diversa dimensione, finalità, natura giuridica e ubicazione geografica, ci appare sempre più evidente che il fermento culturale e l’operosità nell’applicazione o nello sviluppo di strumenti di valutazione sia tanto poderoso quanto prorompente. Questa vitalità, affinché non sia dannosa, occorre che sia imbrigliata dalle redini di etica, consapevolezza e conoscenza.

Nel nostro lavoro ad Human Foundation utilizziamo varie metodologie e tecniche di valutazione. Osserviamo che la combinazione di metodi qualitativi e quantitativi sta prendendo maggiore importanza, così come è dimostrato dal crescente interesse e utilizzo della metodologia SROI (Social Return on Investment). A questa diffusione corrisponde, tuttavia, un rischio che l’intera comunità di organizzazioni, che perseguono finalità sociali, deve sventare. Si tratta del rischio di un riduzionismo dei metodi e dei processi di valutazione. Lo SROI, per la sua complessità, ne è forse la vittima più illustre.

Per riduzionismo intendo la tendenza alla riduzione della complessità del processo di valutazione in un’unica dimensione, quella monetaria. Per esempio, spesso si confonde lo SROI con un metodo di analisi costi-benefici, oppure si riduce il metodo al solo indice monetario, o ancora si confonde il significato di valore monetario con quello di valore economico-finanziario.

È bene quindi ricordare i principi che stanno alla base dello SROI:

  1. Coinvolgere gli stakeholder: ciò avviene in più fasi della valutazione, a partire dalla definizione del campo di analisi fino alla restituzione agli stakeholder. È buona prassi diffidare di quelle analisi esclusivamente condotte nei cubicoli degli uffici.
  2. Comprendere ciò che cambia: ovvero non limitarsi a rendicontare le attività e i servizi realizzati, bensì interrogarsi sugli effetti, sia positivi che negativi, del nostro intervento. Lo SROI quindi richiede un’analisi degli effetti di breve, medio e lungo periodo, sia qualitativamente che quantitativamente. I bilanci sociali delle nostre organizzazioni possono migliorare molto in questo senso.
  3. Valutare ciò che conta: rappresenta un cambiamento culturale radicale, che prevede una stima del valore di cambiamenti sociali spesso intangibili. Questo principio non si traduce solamente nella stima di un risparmio ottenuto grazie a un intervento, bensì implica l’attribuzione di un valore monetario attraverso proxy finanziarie a quei cambiamenti che non sono transati sui mercati, e che quindi sono spesso sottovalutati. Appiattire tutto al risparmio generato non rende grazia alla capacità generativa di tante organizzazioni che contribuiscono al benessere dei più vulnerabili, per esempio malati oncologici terminali oppure persone pluriminorate psico-sensoriali. In questi casi le attività non ridurranno necessariamente costi, ma genereranno valore sociale, che può essere stimato e approssimato in termini monetari.
  4. Includere solo ciò che è materiale: perché le conclusioni di una valutazione siano utili a prendere decisioni coerenti con i propri obiettivi, il processo di analisi deve prendere in considerazione quell’evidenza che dimostri cambiamenti sia rilevanti sia significativi per gli stakeholder a cui le nostre organizzazioni si rivolgono.
  5. Non sovrastimare: le nostre organizzazioni, quando declamano i risultati delle proprie attività, devono essere consapevoli che stanno creando aspettative presso i loro portatori d’interessi. La disattenzione rispetto a queste aspettative può risultare in effetti molto negativi. Pensiamo a quelle famiglie che cercano sollievo e supporto da un servizio.
  6. Essere trasparenti: tutte le decisioni di analisi devono essere esplicitate e devono fare riferimento alle fonti. Se è vero che lo SROI, come tutte le metodologie, ha alcuni punti di debolezza, sta proprio nella trasparenza la credibilità dei risultati.
  7. Verificare i risultati: è fondamentale mettere in condizione chiunque sia interessato a verificare l’effettivo raggiungimento dei risultati dichiarati. Tale possibilità rende maggiormente credibile l’analisi realizzata, riconducendo la soggettività intrinseca a qualsiasi processo di valutazione a un metodo chiaro ed esplicito.
  8. *l'autore è Programme Officer di Human Foundation


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